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Sgominata vasta rete del pizzo a Palermo

Arrestate 37 persone: tra le accuse anche quella di aver favorito la latitanza dei boss Giovanni Nicchi e Filippo Annatelli

12 luglio 2011

I Carabinieri del Reparto operativo di Palermo hanno eseguito stamane all'alba 37 fermi, emessi dalla Direzione distrettuale antimaafia, con l'accusa di associazione mafiosa finalizzata alle estorsioni, alle rapine, e al traffico di stupefacenti. I destinatari del provvedimento - tra i quali figurano esponenti di vertice del mandamento di Pagliarelli e della famiglia mafiosa del Borgo Vecchio - sono anche accusati di aver favorito, a vario titolo, la latitanza dei boss Giovanni Nicchi e Filippo Annatelli.
L'operazione scaturisce dall'indagine, denominata in codice "Hybris", che portò alla cattura di Giovanni Nicchi. Gli investigatori sono infatti riusciti a ricostruire la fitta rete logistica e funzionale che al tempo stesso ne garantiva la latitanza "preservandone il ruolo apicale negli assetti operativi del mandamento", oltre agli attuali organigrammi del mandamento mafioso di Pagliarelli che tuttora rappresenta un punto nevralgico negli equilibri di Cosa Nostra. Contestualmente sono stati identificati alcuni appartenenti alla famiglia del Borgo Vecchio, collegata al mandamento di Porta Nuova, che avrebbero gestito un'attività capillare di estorsioni sul territorio.  "In questo scenario, infatti, l'attività investigativa è certamente la più organica condotta nell'ultimo decennio in contrasto agli assetti operativi del mandamento di Pagliarelli - hanno spiegato gli inquirenti - che, tuttora, rappresenta indubbiamente una delle consorterie nevralgiche negli equilibri complessivi di Cosa nostra".
Le indagini, che si sono avvalse di intercettazioni video e audio, hanno accertato l'imposizione del "pizzo" ad oltre 30 imprenditori e commercianti del capoluogo, molti dei quali hanno collaborato con gli investigatori. I proventi delle estorsioni venivano poi reinvestiti nel traffico di cocaina.
I provvedimenti di fermo sono stati eseguiti dai magistrati dela Procura antimafia con carattere di urgenza per interrompere attività estorsive a danno dei commercianti e ddegli imprenditori, e prevenire attentati incendiari o ritorsioni fisiche contro le vittime.

DECISIVA LA COLLABORAZIONE DELLE VITTIME DEL PIZZO - C'erano anche una palestra, un mobilificio, una pasticceria e persino un distributore di benzina tra le vittime del pizzo dei 37 tra boss e gregari arrestati all'alba di oggi. Le zone colpite dalle estorsioni vanno lungo l'asse che conduce da Corso Calatafimi fino al mare.
Alcune delle vittime del pizzo hanno anche deciso di collaborare con gli investigatori, una vera e propria novità per Palermo, denunciando quanto sono stati costretti a subire dai propri estorsori. Ma i magistrati si sono anche avvalsi della collaborazione di alcuni neo collaboratori di giustizia, tra cui Manuel Pasta, Marco Coga, Giuseppe di Maio.
"Dobbiamo campare tutti... I picciriddi hanno a manciari... i carcerati sunnu in galera". I gregari di Cosa nostra si presentavano così alla vittima del pizzo di turno senza passare subito alle minacce di morte. E' il 15 ottobre del 2010 e un uomo si presenta presso un cantiere nella zona di Corso Calatafimi a Palermo. Chiede del responsabile e gli dice: "I bambini devono mangiare e i detenuti sono in carcere". Insomma, una minaccia velata per invitarlo a pagare il pizzo.
A raccontarlo agli investigatori è la stessa vittima, sentita dagli investigatori. Il responsabile del cantiere durante la pausa pranzo effettuata insieme ad altri operai, viene avvicinato all'esterno del condominio da una persona a volto scoperto ("una persona dalla corporatura robusta; altezza cm.170; carnagione scura e barba") la quale domanda chi fosse il responsabile del cantiere. A questo punto l'uomo di Cosa nostra avanza la richiesta parlando dei "bambini che devono mangiare".
Il successivo 25 ottobre lo stesso uomo si è ripresentato presso il cantiere, questa volta indossando un casco e si è rivolto al responsabile del cantiere "domandando notizie". Anche in questa occasione, l'uomo ha ribadito di essere un "semplice operaio ed esortava l'interlocutore a rivolgersi al proprio datore di lavoro". Il successivo 2 novembre 2010, ancora lo stesso estorsore si è presentato nuovamente e in questa occasione, tuttavia, ha effettuato una ulteriore ed esplicita richiesta di denaro per la "messa a posto" riferendo le testuali parole "vi dovete mettere in regola ... il lavoro è grosso e non avete chiesto il permesso... vogliamo 2500 euro, in caso contrario domani non montate la gru; lui già sa dove deve andare e in caso contrario i soldi teli fai dare tu e domani ripassiamo".
Importantissime per la riuscita dell'operazione le intercettazioni. 'Un commerciante vittima del pizzo non vuole pagare ai boss la somma periodica dovuta, e gli estorsori decidono di avere un atteggiamento più pressante nei confronti del "debitore"'. E' quanto emerge da una intercettazione tra due dei 37 arrestati. E' il 27 dicembre del 2010, quando Maurizio Lareddola conversa in auto con Michele Armanno. I due non sanno di essere intercettati. Nel colloquio Armanno chiede a Lareddola se quest'ultimo abbia incassato una somma di 1.500 euro "promessagli in sua presenza" da un uomo. Dalla lettura della conversazione e dal tenore delle espressioni utilizzate, "è verosimile ritenere che la somma sia il prezzo di una estorsione non ancora portata a compimento, per incassare la quale Armanno dispone che Lareddola adotti un atteggiamento più pressante nei confronti del debitore", dicono gli inquirenti.
Ecco uno stralcio dell'intercettazione: "si ma questo questo mi pare che 'non suona'... questo 'non suona', 'non suona' questo, minchia davanti a me te dice che ti da mille e cinque... poi arrivi la, mille e cinque domani, più tardi, minchia vi siete messi assieme tutti e due, a posto siamo", dice Armanno. E Lareddola: "io stamattina salgo e ci vediamo assieme ce ne andiamo, non è che ogni pezzetto posso andare la con lei e scendo e salgo gli sembra che ha il ragazzino, quando capita che siamo assieme capita, ma se abbiamo cose da sbrigare qua sopra, non posso andare, io poi ci ritorno quando lei per dire, poi se ne va e io scendo". Ma Armanno insiste: "non gli devi dare fiato, non gli devi dare fiato". E Lareddola di rimando: "non gliene do fiato".

COPRIVANO IL BOSS NICCHI - Come già detto, i destinatari del provvedimento sono anche accusati di aver favorito, a vario titolo, la latitanza dei boss Giovanni Nicchi, arrestato il 5 dicembre del 2009 (LEGGI). Nel luglio del 2008 l'allora aspirante boss latitante, riuscì a trascorrere quasi due mesi di vacanza insieme con la compagna, Rossana Addotto e il figlio Luigi. La donna e il bambino, seguiti 24 ore su 24, il 20 luglio di tre anni fa fecero perdere le loro tracce da uno stabilimento balneare, a bordo di un gommone, per ricomparire il 5 settembre successivo. E' uno dei retroscena emersi dalla maxioperazione del Reparto operativo dei Carabinieri di Palermo, che all'alba di oggi hanno portato al fermo di 37 di persone.
Come accertato dai carabinieri, nel pomeriggio del 20 luglio del 2008 Rossana Addotto, in compagnia del figlio Luigi, si allontanava, facendo perdere le proprie tracce, dallo stabilimento balneare Hotel La Torre di Mondello. A confermare agli investigatori che Nicchi aveva incontrato la compagna e la figlia, alcune fotografie "chiaramente riferibili all'arco temporale della scomparsa 'estiva' con i ritratti dei familiari alternatisi in compagnia del latitante", trovate a casa di Lucia Martinelli, madre di Gianni Nicchi.
Gli elementi probatori acquisiti, incrociati con le circostanziate risultanze investigative nel frattempo acquisite, hanno consentito ai Carabinieri di ricostruire l'intero periodo trascorso di Rossella Addotto con il compagno. Individuate anche le persone che avevano favorito l'allontanamento della donna e il suo ricongiungimento con il latitante, e cioè Luigi Giardina, fidanzato di Francesca Nicchi, sorella dell'aspirante boss e Paolo Suleman, entrambi fermati all'alba di oggi.
Dalle analisi di tutte le acquisizioni investigative è emerso che Nicchi, la compagna e il piccolo Luigi, dopo aver trascorso circa due settimane a San Vito Lo Capo (Trapani), sono stati trasferiti nei pressi di Amantea, in Calabria, "per consentire al latitante ed ai propri familiari di trascorrere un altro periodo in totale clandestinità prima di fare rientro nuovamente a Palermo", spiegano gli investigatori. L'analisi incrociata dei dati emergenti dalle conversazioni intercettate con i dati ricavati dai tabulati del traffico telefonico delle utenze in uso agli indagati ha consentito ai carabinieri di effettuare una ricostruzione sistematica degli eventi e dei movimenti, in particolare di Paolo Suleman che si è occupato in prima persona dello spostamento in Calabria del latitante e della famiglia. Il ritorno a Palermo della donna è avvenuto il 5 settembre del 2008. Nel Natale dello stesso anno, dalle intercettazioni, è emerso inoltre che Gianni Nicchi avrebbe voluto trascorrere con la compagna e il figlio un periodo a Parigi. Insomma, una latitanza dorata per l'aspirante boss.

Inoltre, sono molte le curiosità attorno al pupillo del 'padrino' Antonino Rotolo, come ad esempio gli sms diretti a lui che scorrevano nel programma condotto da Simona Ventura "Quelli che il calcio".
"Ciao gianni amore mio anche se ti trovi all'Aquila per me sei sempre cui con me ti amo baci Rossana". Sono le 14:42 del 21 marzo 2010, quando Rossella Addotto, compagna di Nicchi, detenuto al carcere duro all'Aquila, invia al suo uomo un sms attraverso la trasmissione Rai. Un modo per contattarlo aggirando i controlli delle forze dell'ordine. E' quanto hanno scoperto i Carabinieri del Reparto operativo di Palermo. Da un colloquio intercettato il 16 marzo 2010 presso il carcere dell'Aquila, dopo l'arresto del latitante Gianni Nicchi, gli investigatori ascoltano l'astro nascente di Cosa nostra mentre parla con la compagna. L'uomo sollecita la compagna ad inviargli dei messaggi sfruttando la trasmissione televisiva. "Ed infatti, nel corso del programma televisivo, in sovrimpressione venivano pubblicati gli sms inviati al numero 48402", scrivono i magistrati nel provvedimento di fermo. Nicchi chiede alla donna "se la domenica segue la trasmissione... quella del pallone...". Poi precisa "...io me lo guardo... che sotto arrivano i cosi... (ndr con la mano mima lo scorrere del testo degli sms che il pubblico può inviare durante la diretta televisiva)". Rossana dice "... vero?", e Nicchi ribatte "...Buonanotte!" (ndr come a volerla invitare a svegliarsi un poco ed inviare anche lei i messaggi con lo stesso sistema). Rivolgendosi al compagno Rossana esclama "Ora che lo so'..." e questi risponde dicendo "Siamo a mare...".
"Attraverso questo semplice strumento i detenuti, ed in special modo quelli ritenuti più pericolosi - scrivono i magistrati - possono continuare ad interloquire con l'esterno sottraendosi ad ogni tipo di censura. E' peraltro evidente che al di la' delle classiche espressioni di saluto, attraverso simili mezzi, può attuarsi un pericolosissimo veicolo comunicativo mediante il quale continuare a tener stretto un legame tra i detenuti ritenuti di grande e potenziale pericolosità, con le compagini criminali operanti sul territorio ed a loro stessi riferibili in tal modo aggirando il rigore del regime carcerario previsto dall' art 41 bis che ha come scopo principale quello di impedire la continuità della catena di comando tra i capi detenuti e le compagini criminali ancora operanti sul territorio".
Per i pm della Dda di Palermo, ''in questo caso, inoltre, il complesso delle attività di intercettazione ha consentito di riscontrare, almeno in parte, l'effettiva attuazione di quanto indicato proprio da Nicchi". Così, il 21 marzo 2010, alle 14.42 dall'utenza telefonica del padre della compagna di Nicchi, Gaetano Addotto, si registra l'invio di un sms indirizzato al numero 48402, cioè il Centro servizi ricezione sms trasmissione televisiva Quelli che il calcio. Alle ore 14.43, veniva registrato un sms di ricevuta dal centro servizi 48402 in risposta all'invio dell'sms precedente: 'Quelli che - Grazie per il tuo Sms. Andrà in TV se interessante.Ti ricordiamo che dal 30/4 il servizio sarà disponibile al 4770771'. Ecco perché gli investigatori non sanno se alla fine l'sms è stato letto da Nicchi in carcere. Il 21 marzo 2010, al progressivo 5511 delle ore 14.47, è stato registrato un ulteriore sms inviato dalla donna utilizzando ancora l'utenza cellulare del padre: 'Ciao papà gianni ti mandiamo un bacione grande tuo figlio luigi e fernanda sei tutti noi'. Alle ore 14.47, dopo pochi secondi, veniva ricevuto al progressivo 5512 un sms di risposta proveniente dal centro servizi della trasmissione televisiva. Inoltre, dalle attività investigative, sono emersi altri casi registrati riguardanti invii di sms al programma televisivo Quelli che il calcio. In particolare, gli sms venivano inviati dall'utenza telefonica in uso a Luigi Giardina, fidanzato della sorella di Nicchi. Infatti, il 20 gennaio 2008, alle ore 15.23, mentre Nicchi era latitante, si registra l'invio di un sms al solito centro servizi 48402: 'Amore ti amo il tuo luigi x sempre. Parrino tvtb forza palermo'

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, ANSA, Lasiciliaweb.it]

- In carcere il giovane e il vecchio boss (Guidasicilia.it, 07/12/09)

 

 

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12 luglio 2011
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