Sì del Senato alla fiducia per la Finaziaria 2007, ma una norma inserita nel maxiemendamento...
Ieri l'aula del Senato ha votato la fiducia al governo abbinata al maxiemendamento che raccoglie tutti gli articoli della Finanziaria 2007. La manovra di bilancio ottiene così il via libera più delicato, quello di Palazzo Madama, dove la maggioranza conta su una maggioranza risicata. Il provvedimento dovrà ora tornare alla Camera per un secondo passaggio, dopo il primo voto favorevole del 20 novembre scorso, per recepire le modifiche apportate durante l'esame al Senato. A favore hanno votato 162 senatori; i NO sono invece stati 157.
Determinante, dunque, il consenso assegnato dai cinque senatori a vita (su sette in carica) che hanno partecipato alle votazioni: Carlo Azeglio Ciampi, Francesco Cossiga, Emilio Colombo, Rita Levi Montalcini e Oscar Luigi Scalfaro (Sergio Pininfarina era invece assente mentre Giulio Andreotti, presente in aula, non ha partecipato al voto). Contro di loro si sono levati gli strali di una parte dell'opposizione, che ha contestato la legittimità politica del loro sostegno al governo.
Il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa, ha definito la manovra uno strumento ''che ci consente di risanare i conti pubblici e di evitare il collasso verso il quale eravamo esposti'' e ha sottolineato che gli interventi in essa previsti ''preparano un futuro sereno'' e che quindi il suo valore ''sarà riconosciuto''.
La maggioranza ha espresso piena soddisfazione, e già durante le dichiarazioni di voto aveva sottolineato positivamente la conclusione di questa parte dell'iter della Finanziaria.
La senatrice Anna Finocchiaro, capogruppo dell'Ulivo a Palazzo Madama, ha elogiato le parole del ministro dell'Economia, spiegando che ''dentro c'è un'idea dell'Italia molto seria e rigorosa, attenta al Paese e alle sue necessità''. ''Come ha detto oggi il ministro - ha aggiunto la senatrice - scontiamo non soltanto un periodo da cicale che com'è noto riescono a dissipare tutto quello che hanno, ma una dissipazione che ha intaccato anche risorse del nostro Paese e che oggi ci costringono a una manovra severa, ma seria, che credo verrà anche apprezzata dagli osservatori internazionali''.
Particolarmente contento il premier Romano Prodi: ''Tutti si aspettavano una svolta e c'è stata, nella direzione giusta - ha commentato dopo avere appreso l'esito del voto -. In molti sostenevano che dovevamo cadere questa sera, invece eccoci qui''.
Positivi, anche se con la sottolineatura di alcune critiche, anche i commenti degli altri gruppi del centrosinistra.
Come ovvio, invece, sono state dure le critiche dell'opposizione. La Lega Nord, con l'ex ministro della Giustizia Roberto Castelli, ha chiesto al governo di dare le dimissioni: ''In democrazia un governo che non ha più la fiducia dei cittadini va a casa. Prodi faccia un bel regalo di Natale agli italiani: vada a casa!''. Caustico il commento di Altero Matteoli, di An, sul ministro Padoa-Schioppa, definito ''fuori dalla realtà, come Prodi vive in un altra Italia''. Concetto, quello della ''lontananza dal Paese reale'', sottolineato anche dall'Udc che con Francesco D'Onofrio ha puntato il dito contro il responsabile dell'economia: ''Nella sua relazione - ha detto il senatore centrista - Padoa Schioppa ha cercato invano di illustrare in termini positivi una Finanziaria contro la quale si è rivoltato l'intero Paese''. Renato Schifani di Forza Italia, infine, ha spiegato che il premier ha parlato di ''una Finanziaria che gli italiani non meritavano'' e ha definito la manovra ''una stangata che non riesce a dare un progetto di crescita al Paese, che aumenta le entrata, con nuove tasse che colpiranno indistintamente poveri e ricchi''.
Fra tanta soddisfazione però, un comma all'interno del maxiemendamento, rischia di far spegnere l'entusiasmo, ossia la misura che allarga le maglie della prescrizione per i reati di responsabilità contabile.
Una norma che fa gridare al colpo di spugna la Corte dei Conti e che permetterebbe a Silvio Berlusconi di dire che non era certo lui a fare le leggi ''ad personam'', ma che prima ancora ha provocato una levata di scudi da parte dei parlamentari della stessa maggioranza.
''Un errore grave, un'amnistia di fatto per tutti i reati amministrativi e contabili'', ha accusato Anna Finocchiaro, la stessa senatrice contenta per l'esito della votazione in Senato.
Il governo ha risposto alla protesta spiegando di essere disponibile a cancellare la misura, ma si è scontrato con l'opposizione di una parte della Casa delle libertà.
Nonostante la disponibilità arrivata anche da parte della presidenza del Senato, infatti, il testo alla fine resta invariato, perché senza l'assenso di tutti i gruppi Franco Marini non ha ritenuto di poter modificare il maxiemendamento. Il non semplice compito di trovare una via per neutralizzare il comma della discordia spetta quindi ora a Palazzo Chigi.
La norma, infilata nel maxiemendamento a firma del relatore, è stata al centro di una riunione di ieri pomeriggio del gruppo dell'Ulivo al Senato e ricalca un emendamento presentato dal senatore Pietro Fuda (del gruppo misto e primo firmatario) e da altri sei senatori dell'Ulivo, Luigi Zanda, Giannicola Sinisi, Franco Bruno, Antonio Boccia, Salvatore Ladu e Nuccio Iovene.
Mentre l'Ulivo ha attaccato compatto la misura, in serata Fuda è intervenuto per difenderla, sostenendo che si ''sta equivocando'' e che ''il termine prescrizionale, introdotto dalla legge 20 del '94 per colmare la precedente lacuna normativa, era e resta di cinque anni''.
Le rassicuranti parole di Fuda non hanno però convinto i senatori dell'Ulivo, che all'unanimità, nel corso della riunione, hanno ribadito in maniera netta che in un modo o in un altro dovrà essere cancellata dal maxiemendamento, anche a costo di far tornare la finanziaria in quarta lettura, nel bel mezzo delle feste, al Senato.
Pronto a mettere nuovamente (la prima volta è stato con l'indulto) a ferro e a fuoco la stabilità precaria della maggioranza di governo, è di nuovo il ministro Antonio Di Pietro, che subito dopo l'approvazione della Finanziaria ha chiesto ''un chiarimento politico sul tema della legalità e della giustizia'', proprio sulla ''prescrizione di fatto per i reati contabili''.
''E' un emendamento - ha detto il ministro delle Infrastrutture - che porta l'Unione a comportarsi alla Berlusconi. Io e l'Italia dei Valori abbiamo combattuto per cinque anni le leggi 'ad personam' del governo Berlusconi e con un sotterfugio viene introdotta questa norma che di fatto impedisce allo Stato di recuperare le somme delle quali funzionari e dipendenti corrotti dello Stato si erano appropriati. E' grave soprattutto perché questo emendamento carpisce la buona fede di chi come me al governo si è fidato del fatto che il maxi-emendamento governativo fosse nel pieno rispetto del programma dell'Unione e che oggi si trova ad avere una responsabilità oggettiva per un emendamento non concordato, non voluto, che mai avremmo approvato e che mai approveremo''.
''Chiediamo - ha spiegato Di Pietro - un chiarimento politico al governo e alla maggioranza, non per questa Finanziaria che ormai è agli sgoccioli e di cui il Paese ha bisogno e che approveremo. Ma per rimanere noi stessi dell'Italia dei Valori all'interno di una maggioranza, che sui temi della giustizia scimmiotta troppo il Centrodestra''.
''Vi posso assicurare che vi sarà posto ben presto rimedio'', ha risposto ai giornalisti il presidente del Consiglio Romano Prodi al Senato. In precedenza il relatore di maggioranza della Finanziaria, Gianfranco Morgando dell'Ulivo, aveva spiegato che la norma che ha sollevato anche le critiche della Corte dei Conti, dovrebbe essere cancellata con un decreto ad hoc. ''Credo sia l'unica soluzione possibile - ha detto - e rappresenta anche una decisione incontestabile visto che c'è già un precedente. Due o tre anni fa, infatti, una norma della Finanziaria venne abrogata per decreto prima che la finanziaria stessa entrasse in vigore''.