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Si sta negoziando per il rilascio del Buccaneer

Stanno bene i marinai del rimorchiatore italiano sequestrato dai pirati somali

17 aprile 2009

Somalia: si tratta per il rilascio della nave italiana sequestrata dai pirati
di Massimo A. Alberizzi (Corriere.it, 17 aprile 2009)

Omar è un anziano del clan dei warsangeli e sta negoziando con i pirati il rilascio del rimorchiatore d'alto mare italiano Bucaneer e del suo equipaggio, 10 connazionali, 5 rumeni e un croato. Raggiunto al telefono ha raccontato ieri al Corriere: «Stanno tutti bene. La nave è ancorata a 12 chilometri a est di Las Qorey. A bordo sono saliti una ventina di somali che li tengono sotto controllo, ma sono diventati amici e oggi hanno festeggiato portando a bordo agnelli e montoni arrosto. Credo che la cosa si possa risolvere in tempi brevi».
Lei conosce quelli che hanno catturato la nave? «Non personalmente - risponde Omar -. Ma so chi sono. Ex pescatori. Non sono cattivi ragazzi e non faranno del male all'equipaggio, ma vogliono difendere il nostro mare dagli abusi. Cosa contenevano le due chiatte trainate dal Buccaneer? Noi sospettiamo che si tratti di rifiuti pericolosi».

Gli italiani sostengono che non ci sia nulla di pericoloso, anzi che non c'è e non c'è stato proprio niente. Hanno chiesto al governo del Puntland di inviare sulla Buccaneer una commissione di esperti per controllare il contenuto di quelle bettoline. Cosa hanno trovato? «Il gruppo sta ancora negoziando l'ingresso sul rimorchiatore. Per ora gli hanno negato il permesso di salire a bordo. Una delle condizioni per il rilascio di nave ed equipaggio è questa: che si vada a verificare che sia tutto regolare dal punto di vista del trasporto». I pirati hanno chiesto un riscatto? «No, nulla. Ma. Ripeto, vogliono sapere cosa contenevano quelle chiatte».
Da Ravenna alla Miloperi, compagnia proprietaria del Buccaneeer, smentiscono decisamente ogni illazione. Un assistente di Silvio Bartolotti, uno dei proprietari spiega: «Non sono bettoline da trasporto ma zatteroni che vengono adoperati per costruire piattaforme petrolifere. Infatti sono stati utilizzati a questo scopo a Singapore e ora una stava rientrando in Italia, mentre l'altra si sarebbe dovuta fermare in Egitto per altri lavori. Tra l'altro non possono neppure essere caricate perché non potrebbero navigare. Con il mare grosso si devono fermare altrimenti c'è il rischio che affondino. A bordo c'è solo un bidone di carburante da utilizzare in caso di emergenza».

Che i pirati accampino solo scuse per alzare il prezzo del riscatto è abbastanza chiaro. Nessun comandante sarebbe così sciocco (e pazzo) da utilizzare il Golfo di Aden, il braccio di mare più pericoloso al mondo, per i suoi scarichi abusivi. Ma mostra anche che lo organizzazioni criminali che operano nell'aria sono ben strutturate. Argomentano bene le loro richieste. E' bene ricordare che la rivendicazione del sequestro della Buccaneer è avvenuta con una mail scritta in un inglese oxfordiano, certamente non è opera di un illetterato abitante della costa somala. Una rivendicazione che non sembra aver nulla a che fare con ideologismi ecologici e verdi, ma più concretamente attaccata al denaro.

Stamattina riprendono i contatti tra autorità del Puntland (soprattutto si tratta di migiurtini) e anziani leader dei pirati (che appartengono al clan warsangeli). Pur appartenendo entrambi al grande clan darod, c'è un certo antagonismo. Il Puntland infatti non controlla del tutto la provincia del Sanaag (di cui fa parte Las Qorey e il capoluogo è Erigavo) che nel luglio 2007 ha rivendicato e dichiarato persino l'indipendenza (poi di fatto ritirata), dandosi il nome di Maakhir, il territorio tradizionale dei warsangeli, e rivendicando il diritto il diritto di tutelare i loro interessi. In questi anni, comunque i warsangeli hanno accentuato le critiche verso il governo del Puntland, accusato di essere egemonizzato dai migiurtini. Ha perso così smalto e credibilità il loro leader, il generale Abdullahi Ahmed Jama Ilkajir, ministro dell'interno del Puntland. Nel suo programma, prima di essere nominato nel'incarico parlava di lotta alla pirateria, ma su questo tema ha dovuto scontrarsi con altri dirigenti della regione, coinvolti invece pesantemente nella sfruttamento del fenomeno.

Il ministero degli Esteri italiano, che ha chiesto un inspiegabile silenzio stampa (studi in proposito hanno dimostrato che se gli ostaggi si sentono abbandonati possono cadere in profonda depressione), è ottimista e ritiene che la vicenda si possa concludere in breve tempo. Omar gli dà ragione ma aggiunge testardo: «Prima ci devono spiegare cosa portavano a bordo quelle chiatte».

- Pirati somali ancora in azione! (Guidasicilia.it, 15/04/09)

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17 aprile 2009
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