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Siamo tutti Di Matteo... a parole

Il pm palermitano parla delle minacce di Riina: "Un ordine di morte contro di me"

18 dicembre 2013

"In questi giorni si è parlato tanto di minacce di Totò Riina nei confronti del magistrato Nino Di Matteo. La minaccia è qualcosa che qualcuno pronuncia perché sa di poter intimorire il minacciato. In realtà queste non sono minacce, Totò Riina è stato ascoltato, è stato intercettato mentre, inconsapevole di essere ascoltato, pronunciava prima delle parole rabbiose nei miei confronti ma poi dei veri e propri ordini di morte che cercava di far pervenire all'esterno. E' qualcosa di diverso, di più rispetto a una minaccia tanto che la gravità delle parole che sono state intercettate ha indotto i procuratori di Palermo e di Caltanisetta a trasmettere immediatamente il testo e addirittura il sonoro della registrazione al ministro dell'Interno perché evidentemente si ravvisava un pericolo anche per l'ordine pubblico. Quando si parla genericamente e sommariamente di minacce probabilmente non si aiuta l'opinione pubblica a capire di cosa si tratta".
Lo ha detto il pm Nino Di Matteo intervistato da Linea Gialla, il programma di approfondimento de La7 condotto da Salvo Sottile in onda ieri sera.

"Certo - ha aggiunto -, ogni tanto penso che, razionalmente e vedendo le cose con freddezza e razionalità, forse non ne vale la pena di sacrificare tanta parte della propria vita e per tanto tempo al proprio ideale. Però poi alla fine prevale sempre la passione per il nostro lavoro. Parlo per me, ma anche per tanti altri colleghi. Nella consapevolezza della bellezza di cercare con i propri limiti, con i propri errori, con i propri sbagli che certamente ci sono stati e ci saranno sempre, la verità".
"Non è storia recente che ogni qual volta si alzi il livello delle indagini e si esca dal perimetro dell'ala militare di Cosa Nostra, questo tipo di investigazioni dà fastidio ad ambienti esterni, a Cosa Nostra, ma anche alla stessa organizzazione mafiosa - ha aggiunto Di Matteo -. Certamente Totò Riina non ha nulla da temere, da un punto di vista prettamente concreto, dall'erogazione di una eventuale condanna. E' già condannato per parecchi episodi di omicidio e di strage a numerosi ergastoli. Probabilmente non accetterebbe l'eventualità che vengano fuori dal processo e dalle indagini che stiamo continuando a fare ipotesi di accordo e di cooperazione con entità esterne a Cosa Nostra. Questa è un'analisi che possiamo fare ma della quale certamente non possiamo in questo momento essere sicuri".

Di Matteo ha poi aggiunto: "Io non voglio spiegare nulla e interpretare condotte o omissioni altrui, mi sento soltanto di ricordare che da quando con Antonio Ingroia 5 anni fa abbiamo iniziato questa indagine abbiamo rilevato un dato: le critiche, alcune volte anche gratuite e cattive, sono venute da tutte le parti, da vari settori della politica, senza distinzione di colore. Almeno ci vorranno riconoscere che non è stata un'indagine fatta per favorire una parte politica a scapito di altre. Ritengo che comunque sia comprensibile che ogni qual volta si tocchi il tasto dolente delle possibili collusioni tra mafia e pezzi delle istituzioni - ha aggiunto -, inevitabilmente si scateni un interesse anche di tipo contrario all'approfondimento di queste ipotesi. Noi cerchiamo di fare i magistrati, di fare appieno il nostro dovere, ma certamente tutto quello che è capitato in questi ultimi mesi è un'ulteriore riprova del concetto che ho cercato di esprimere".

Sul blog di Beppe Grillo, il deputato siciliano del M5S, Giorgio Ciaccio, sui pericoli corsi dal magistrato palermitano ha scritto un lungo post.
"Il procuratore di Palermo Nino Di Matteo non ha potuto recarsi all'udienza del processo relativo alla trattativa Stato-mafia che si è tenuta a Milano e durante la quale è stato sentito il pentito Giovanni Brusca. Uno Stato che non è in grado di garantire la sicurezza dei propri Servitori e dei propri cittadini può ancora definirsi tale?". "Il messaggio che passa nelle consorterie criminali e nel Paese - dice ancora Ciaccio - è che lo Stato abdica alle sue responsabilità per manifesta inferiorità rispetto al potere politico-mafioso. Uno Stato ipocrita, quello che da un lato ostenta la propria partecipazione in pompa magna e con gli occhi lucidi a tutte le commemorazioni di chi è caduto per mano mafiosa (e non solo), dall'altro non fa nulla per agevolare - anzi ostacola - la ricerca della verità sulle stragi del '92-'93".

"Un'Italia il cui presidente della Repubblica ascolta con disponibilità imputati per falsa testimonianza su fatti così gravi (Nicola Mancino) che gli domandano di fare pressione sulla magistratura per evitare condanne, in barba al principio costituzionale di separazione dei poteri e di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla Legge. Un'Italia il cui presidente della Repubblica, piuttosto che chiarire in maniera trasparente il suo ruolo in queste vicende per uscirne senza macchia, solleva un conflitto di attribuzione tra poteri con la Procura più in trincea di tutto il Paese - quella di Palermo - per ottenere la distruzione di intercettazioni telefoniche tra lui e l'imputato Mancino. Un'Italia in cui il Consiglio superiore della magistratura - presieduto dallo stesso presidente della Repubblica - avvia un fascicolo disciplinare nei confronti di un magistrato antimafia, sempre sobrio nei modi e nelle dichiarazioni come Nino Di Matteo". [...]

Il parlamentare conclude: "Faremo tutto quello che è in nostro potere per non lasciare isolato il pool di magistrati di Palermo impegnato in questa difficile prova. La maggior parte di noi sono da anni al fianco di questi magistrati e continueremo ad esserlo. Non lasceremo che questi Servitori dello Stato respirino la stima e l'affetto dei cittadini onesti nei loro confronti quando potrebbe essere troppo tardi. Non vogliamo un altro 1992. Non ce lo perdoneremmo. Eppure ieri è stato un po' come rivivere l'Asinara, nel 1985, quando Falcone e Borsellino furono trasferiti sull'isola per essere adeguatamente protetti."

[Informazioni tratte da LiveSicilia.it, ANSA, Lasiciliaweb.it, Beppegrillo.it]

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18 dicembre 2013
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