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Smantellato il clan internazionale che voleva mettere le mani sugli appalti del Ponte sullo Stretto

Boss siciliani in America e ingegneri insospettabili: decapitato il vertice del clan del Ponte

12 febbraio 2005

Decapitato il vertice di una organizzazione mafiosa che stava tentando di inserirsi negli appalti pubblici delle cosiddette ''21 grandi opere'', tra cui anche il Ponte sullo Stretto di Messina.
E' il bilancio dell'operazione della Dia di Roma, in collaborazione con la Dda della capitale, che ha portato all'emissione di cinque ordinanze di custodia cautelare, per associazione mafiosa, delle quali soltanto una è stata eseguita, nei confronti di un ingegnere ottantenne insospettabile, Giuseppe Zappia, avvenuta all'alba di ieri a Roma in un lussuosissimo appartamento. Le altre quattro non sono state eseguite perché riguardano persone che vivono all'estero.
Per queste persone la Dia di Roma ha chiesto l'arresto provvisorio che precede la richiesta di estradizione. Nell'inchiesta sono indagate anche una dozzina di persone.

Le indagini, condotte dal centro operativo Dia di Roma, comandato dal colonnello Paolo La Forgia, sono state coordinate dal procuratore aggiunto Italo Ormanni e dal pm Adriano Iasillo; le ordinanze sono state emesse dal gip Pierfrancesco De Angelis. Riguardano Vito Rizzuto, 59 anni, di Cattolica Eraclea (Agrigento) in carcere in Canada dove è ritenuto il capo della mafia campana, siciliana e calabrese, è l'unico pregiudicato dei 5. Il broker, Filippo Ranieri, 68 anni, anch'egli in Canada; l'imprenditore cingalese Sivalingam Sivabavanandan, 52 anni, a Londra; e Hakim Hammoudi di 42 anni, a Parigi.

L'organizzazione mirava ad entrare in contatto con le società che avrebbero vinto l'appalto per lo Stretto di Messina. Per questo motivo Zappia era venuto in Italia dove aveva costituito una Srl, la ''Zappia international'' che ha partecipato alle pre-selezioni tecniche per il ponte. Zappia, nato in Francia, da famiglia di Reggio Calabria, è giunto in Italia per la prima volta a metà degli anni Novanta e qui è rimasto ''in sonno'' in attesa di indicazione da parte dei Rizzuto. Tre anni fa ha costituito la società con la quale sia per dimensione che per capitale, sapeva di non poter superare la gara di prequalifica dell'ottobre del 2004, appunto di tipo tecnico. Vi partecipò lo stesso, però, per entrare in contatto e successivamente stringere alleanze con le grandi imprese.

Secondo gli investigatori la ''Zappia International'' è di fatto una società fantasma. L'ingegnere presenta la faccia pulita dell'organizzazione; insospettabile, è tra i realizzatori del villaggio di Montreal, nel 1970, ed è stato l'ingegnere di una importantissima commessa degli emirati arabi alcuni decenni fa, per un valore, all'epoca, di 1,6 bilioni di dollari.
Ieri mattina Zappia si è rifiutato di aprire la porta del suo lussuoso appartamento in via Bruxelles, a Roma, e gli agenti della Dia sono stati costretti a chiamare i vigili del fuoco. Zappia in tutti gli anni che ha trascorso in Italia ha sempre evitato il contatto diretto con i Rizzuto, cui è legato da tempo,  tranne l'unico con Vito Rizzuto nella vigilia di Natale del 2002.
Ben diverso è il ruolo di quest'ultimo in carcere in Canada da un anno perché ritenuto responsabile di omicidi in America nel 1981 e in attesa di estradizione.
Rizzuto è sbarcato molti anni fa negli Stati Uniti per conto della famiglia Bonanno e successivamente, legato ai Cuntrera-Caruana, è diventato un vero boss, dedito soprattutto al riciclaggio di enormi quantità di denaro, provento di sostanze stupefacenti.
Fu lui a indicare a Zappia di venire in Italia per entrare nell'affare dello Stretto. Una iniziativa che aveva anche lo scopo di investire proventi illeciti.
Rizzuto ha gestito numerose altre iniziative imprenditoriali in Congo e altri paesi africani, Francia, Inghilterra Gli investigatori hanno individuato la caratteristica mafiosa nelle condotte delle cinque persone.

''L'operazione di oggi conferma la validità delle procedure di prevenzione e controllo poste in essere e la grande attenzione di tutte le autorità nei confronti delle grandi opere''. Lo afferma l'amministratore delegato della Società Stretto di Messina, Pietro Ciucci. ''Nell'esecuzione di impegnativi progetti, caratterizzati da elevati fabbisogni finanziari e lunghi periodi di completamento - aggiunge Ciucci - la chiave di volta è sempre stata la massima trasparenza delle procedure di gara, nonché un attento monitoraggio delle operazioni legate ai cantieri, al fine di consentire lo svolgimento dei lavori nel pieno rispetto della legalità e della sicurezza''.

Fonte: La Sicilia

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12 febbraio 2005
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