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Soffiano forte i venti di guerra

Sesto giorno di guerra tra il Libano degli Hezbollah e lo Stato di Israele del governo Olmert

17 luglio 2006

E' il sesto giorno di guerra tra il Libano degli Hezbollah e l'Israele di Olmert. Dopo l'aeroporto di Beirut, stamane i caccia israeliani hanno nuovamente colpito il porto della città libanese.
Questo è il terzo attacco di stamani, dopo altri due sui quartieri di Beirut Sud, roccaforte del movimento integralista sciita Hezbollah. Raid israeliani hanno interessato stamattina anche Tripoli, dove obiettivo degli attacchi sono stati i depositi di carburanti nella periferia della città.
Raid che sono andati avanti per tutta la notte e sono costati la vita in totale a 17 persone.

Un'escalation militare che sembra non avere, attualmente, alcuna possibilità di risoluzione e che fa presagire il peggio.
Sabato scorso, dopo solo alcune ore di tregua, Israele riprendendo i bombardamenti sulla capitale libanese, hanno distrutto il quartier generale di Hezbollah alla periferia sud di Beirut. Il segretario generale di Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah, la sua famiglia e le sue guardie del corpo sono rimaste tuttavia illesi e salvi. Il ministro israeliano degli Interni, Ron Bar On, ha minacciato di morte il capo di Hezbollah, annunciando in una emittente radiofonica pubblica che il suo ''destino è segnato'', e che Israele ''Salderà i suoi conti con lui al momento opportuno''.
Immediata la risposta del Libano a questo attacco, che ha lanciato dei razzi contro una nave israeliana ferma davanti il porto di Beirut.
Sempre sabato scorso, l'esercito degli Hezbollah ha lanciato un vero e proprio diluvio di razzi su tutta la Galilea. Decine le località colpite, e decine pure i feriti.

Terribili presagi motivati anche dalla rinnovata minaccia dello sceicco Hezbollah, Hassan Nasrallah. Già la scorsa settimana lo sceicco sciita Nasrallah, aveva parlato in diretta telefonica alla Tv del movimento sciita libanese. ''Volete la guerra? Siamo pronti'' aveva affermato Nasrallah, aggiungendo ''vi dico che sarà una guerra totale da Haifa e al di là di Haifa''.
Aperta dichiarazione di guerra riconfermata ieri in un altro intervento televisivo sull'emittente sciita. ''Hezbollah finora ha usato solo poche delle sue armi, e la sua forza risiede nel fatto che Israele ignora la sua vera capacità militare''. Questa la dichiarazione di Nasrallah. ''Abbiamo molte armi. Questo è solo l'inizio'', ha proseguito Nasrallah. ''Finora abbiamo evitato di colpire i civili, ma potremmo esservi costretti, perché se Israele supera certi limiti, faremo lo stesso'', ha aggiunto. ''Le nostre armi non sono di vendetta, ma sono una risposta contro la follia del governo Olmert''.
Hassan  Nasrallah ha poi elencato i successi delle sue milizie in questi giorni: ''Abbiamo ottenuto una prima vittoria distruggendo un carro armato tecnologicamente avanzato lungo il confine. Abbiamo avuto un altro successo colpendo una nave israeliana. Abbiamo poi bombardato Haifa e conosciamo l'importanza di questa città''. Infine lo sceicco ha lanciato un appello ai popoli arabi: ''Seguite il nostro esempio, nei modi e nei tempi che sceglierete''.

E una prima risposta ai messaggi lanciati da Nasrallah è arrivata dalla Siria. Il governo di Damasco ha infatti avvertito che reagirà con tutti i mezzi a ogni eventuale attacco d'Israele contro il suo territorio, in quella che è stata la prima vera e propria presa di posizione ufficiale della Siria sull'offensiva dello Stato ebraico contro il Libano, Paese rimasto per 29 anni e fino al maggio 2005 in condizione di protettorato di fatto del possente vicino. Ricordiamo che la Siria è da sempre sostenitrice dei miliziani sciiti libanesi di Hezbollah. ''Qualsiasi attacco israeliano contro la Siria provocherà una nostra risposta illimitata, diretta e determinata, con il ricorso a tutti i mezzi necessari'', ha ammonito il ministro per l'Informazione siriano, Mohsen Bilal, citato dall'agenzia di stampa ufficiale 'Sana'. La Siria, secondo fonti ben informate a Damasco contattate telefonicamente da Beirut dall'Ansa, avrebbe richiamato unità di riservisti. Per il momento, la notizia non è stata confermata ufficialmente.

E dal G8 di San Pietroburgo, è stato il premier italiano Romano Prodi ad incaricarsi la responsabilità più grande per quel che riguarda le posizioni internazionali nei confronti della gravissima crisi mediorientale. E' stato lui, infatti, che ha telefonato al negoziatore iraniano per il nucleare, Ali Larijani, chiedendo che l'Iran sia ''parte attiva'' della mediazione in atto per risolvere la crisi mediorientale e quindi ''faccia degli sforzi'', in particolare per favorire la liberazione degli ostaggi israeliani.
Un passo questo che ha confermato come l'Italia stia cercando di portare avanti un ruolo - se non di mediazione - di ''facilitazione'' per tentare di bloccare un conflitto che rischia di ora in ora di allargarsi esponenzialmente. Prodi dopo una serie di telefonate attraverso le quali ha di fatto girato a Siria, Iran e Libano le condizioni irrinunciabili di Israele per un cessate il fuoco, ha ieri aggiunto un ulteriore tassello diplomatico che va a toccare l'aspetto più delicato della trattativa: la richiesta del premier israeliano Ehud Olmert di una immediata liberazione dei soldati rapiti nel sud del Libano come precondizione non negoziabile per uno stop alle ostilità sul terreno.
Solo Damasco e Teheran hanno l'influenza necessaria per ''convincere'' Hezbollah a restituire sani e salvi i due soldati israeliani rapini, ma Siria e Iran sono i ''cattivi'' della Regioni e non tutti i leader hanno voglia o modo di intervenire su di loro. Prodi ha fatto questo tentativo e l'Iran, attraverso Larijani, ha assicurato che la sua diplomazia si sta già muovendo e che avrebbe presto fornito una risposta alla sollecitazione italiana.

- Le tappe fondamentali del riacceso conflitto mediorientale

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17 luglio 2006
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