Sono arrivati altri 400 migranti ...
Al largo di Lampedusa ancora una tragedia sfiorata: in 400 a bordo di un barcone in avaria che imbarcava acqua
Ancora una tragedia sfiorata al largo di Lampedusa. Sono arrivati nella notte sull'isola di Lampedusa 311 dei 400 profughi soccorsi venerdì sera dalla Guardia di Finanza e dalla Guardia costiera a una cinquantina di miglia dall'isola, dopo essere stati avvistati da un elicottero delle Fiamme Gialle. Tra i migranti ci sono 53 donne e 8 bambini. Il barcone, in avaria, imbarcava acqua. Uno degli extracomunitari è stato portato al poliambulatorio per una brutta ferita all'addome. L'immigrato, un trentenne sub-sahariano, è stato accoltellato in un rissa con un connazionale scoppiata durante la traversata. L'uomo non è in pericolo di vita.
Altri 123 migranti sono stati invece trasbordati su una nave della Marina Militare che è intervenuta a supporto delle operazioni di soccorso. La 'Lavinia' è arrivata stamane sull'isola.
Ieri da Cala Pisana era salpato il traghetto Moby Fantasy con a bordo 1.162 Extracomunitari sbarcati sull'isola nei giorni scorsi e destinati alle altre strutture d'accoglienza allestite nel resto della penisola.
E non si placano le polemiche per il mancato intervento in soccorso di un barcone con centinaia di profughi in condizioni disperate, da parte di una nave della Nato che si trovava a 27 miglia dalla barca e che era stata sollecitata a entrare in azione dalle autorità italiane (LEGGI).
Secondo quanto è stato possibile ricostruire, il presunto mancato soccorso da parte della Nato al barcone carico di migranti in fuga dalla Libia, risalirebbe a mercoledì 3 agosto, mentre l'allarme è scattato la sera di martedì 2. E' stato un rimorchiatore cipriota a segnalare alla Guardia Costiera italiana la presenza del barcone con i profughi, comunicando contestualmente che sarebbe rimasto in zona per prestare i soccorsi. L'informazione è stata a quel punto girata dal Comando generale delle Capitanerie di Porto a diversi interlocutori, civili e militari, tra cui il Viminale, la Difesa, la Nato e Frontex, l'agenzia europea che si occupa del controllo delle frontiere. La presenza del barcone è stata segnalata anche alle autorità libiche, le uniche competenti nelle proprie acque Sar: da Tripoli hanno fatto però sapere di non poter intervenire per soccorrere i profughi. Stessa risposta sarebbe arrivata anche da Tunisia e Malta, i due paesi che hanno competenza sulle acque limitrofe a quelle libiche.
In ogni caso, viene fatto notare, una volta che l'informazione è stata acquisita, in base alle leggi internazionali chiunque sia in grado di intervenire utilmente ha il dovere di farlo. Mercoledì, visto che l'imbarcazione era in difficoltà, le autorità italiane avrebbero dunque sollecitato l'intervento di una unità della Nato che si trovava a circa 27 miglia, ma non hanno avuto risposte positive.
Una circostanza che ieri una portavoce dell'Alleanza Atlantica ha però di fatto smentito, sottolineando che l'Italia non ha chiesto l'aiuto della Nato, ma l'ha solamente informata della richiesta di aiuto da parte del barcone e di essere intervenuta con delle motovedette e un elicottero per prestare soccorso. Stando così le cose, giovedì mattina 4 agosto, sono stati effettivamente mobilitati un elicottero (che ha fatto due sortite) e quattro motovedette della Guardia costiera italiana, che nel pomeriggio hanno raggiunto il barcone e soccorso i profughi. Un intervento attuato sempre in contatto con tutti gli altri soggetti chiamati in causa e con il 'via libera' del ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli. Non si conosce la nazionalità della nave militare di cui sarebbe stato sollecitato inutilmente l'intervento. La Difesa ha comunque "escluso qualsiasi coinvolgimento nella vicenda da parte delle unità italiane".
"Non distinguo tra l'obbligo di proteggere i civili libici che è scritto nella risoluzione 1973 e l'obbligo di proteggere egualmente civili disperati che vengono messi da Gheddafi su delle barche e mandati a morire nel Mediterraneo", ha detto ieri il ministro degli Esteri, Franco Frattini, che ha chiesto alla Nato un'inchiesta formale. "Se l'obbligo di protezione è lo scopo fondamentale di questa missione - ha detto Frattini - c'è spazio per discutere e a mio avviso per arrivare alla conclusione che io auspico".
Migranti morti asfissiati e bastonati in stiva: arrestati 6 scafisti - Prima li hanno bastonati poi li hanno gettati, ancora vivi, in mare aperto causandone la morte, il tutto agendo "per motivi abietti e con crudeltà". Sono dure le parole usate dai magistrati della Procura di Agrigento che hanno firmato il provvedimento di fermo per i sei scafisti arrestati ieri nell'ambito dell'inchiesta per la morte dei 25 profughi trovati cadaveri all'interno della stiva del barcone approdato a Lampedusa nella notte tra domenica e lunedì.
Tutti i sei scafisti - un marocchino e gli altri siriani e somali - sono accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, per avere condotto il barcone a Lampedusa, e del reato di morte come conseguenza di altro delitto, per il decesso dei 25 profughi morti asfissiati. In particolare due dei sei, Mohamed Nuur Ibrahim di 23 anni e Mohamed Moussa di 19, sono accusati di avere picchiato "ferocemente al capo con un bastone di legno" due profughi che avevano tentato di salire dalla stiva sul ponte per prendere una boccata d'ossigeno. Le due vittime sono Paul Uche e Mandela Muru. I due sarebbero stati gettati in mare aperto dopo essere stati bastonati, proprio come raccontato in questi giorni da alcuni dei testimoni ascoltati dagli uomini della squadra mobile di Agrigento che stanno conducendo le indagini coordinate dalla Procura di Agrigento.
Nell'accusa per favoreggiamento all'immigrazione clandestina, i sei secondo gli investigatori avrebbero "esposto a pericolo la propria vita e di numerosi cittadini" ma anche "sottoposto a trattamento inumano 50 clandestini chiusi in una stiva di piccolissime dimensioni, all'interno della quale nel corso del viaggio sono deceduti per asfissia 25 cittadini". Proprio per questo motivo i sei - per i quali oggi dovrebbe svolgersi l'udienza di convalida - sono accusati tutti del reato di morte come conseguenza di altro delitto perché "hanno impedito ai cittadini rinchiusi nella stiva di uscire e picchiato con un bastone di legno quei cittadini che tentavano di uscire cagionando, quale conseguenza non voluta, la morte per asfissia di 25 persone".
Per emettere il provvedimento nei confronti dei sei migranti, già indagati per gli stessi reati, i magistrati hanno dovuto attendere l'autorizzazione a procedere, firmata dal ministro della Giustizia, necessaria perché i reati sono stati commessi in acque internazionali.
I provvedimenti sono stati emessi dai pm Andrea Bianchi e Giacomo Forte, del Dipartimento delitto contro l'immigrazione coordinato dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo. Le indagini sono state svolte dal vice dirigente della squadra mobile di Agrigento Carlo Pagano con il personale del servizio centrale operativo.
Ma l'indagine non è ancora chiusa. I magistrati sono ancora in attesa dell'esito dell'autopsia eseguita due giorni fa sul corpo di due profughi rinvenuti nella stiva con altre 23 persone "al fine di valutare il rapporto di casualità con gli eventi che si sono verificati nel corso della navigazione". Si tenta, insomma, attraverso gli ultimi esami di stabilire se i due profughi morti, su cui c'erano evidenti segni di violenza, sono morti per le lesioni oppure per mancanza di ossigeno nella stiva. A quel punto la posizione di alcuni degli scafisti arrestati potrebbe aggravarsi ulteriormente .
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, ANSA, Repubblica/Palermo.it, RaiNews24]