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Sono innocenti i soldati Usa che uccisero Nicola Calipari durante la liberazione di Giuliana Sgrena

Le conclusioni del rapporto preliminare della commissione d'inchiesta congiunta Italia-Usa

14 aprile 2005

Non hanno nessuna colpa i soldati americani che al check point all'aeroporto di Bagdad, lo scorso 4 marzo, spararono sull'auto che aveva a bordo la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena, appena rilasciata dai suoi rapitori e due agenti italiani del Sismi.
Nella sparatoria, ricordiamo, morì l'agente Nicola Calipari, la Sgrena e l'altro agente furono feriti.

Questa è la conclusione che avrebbe raggiunto la commissione d'inchiesta congiunta Italia-Usa (in realtà a condurre le indagini sul campo sono però solo i militari Usa in Iraq) e che è stata anticipata mercoledì sera dalla tv americana Nbc.
La commissione, in un rapporto preliminare dal quale non emergerebbero nuove rivelazioni, assolve i soldati americani che aprirono il fuoco e addosserebbe la responsabilità agli agenti italiani che non si sarebbero fermati prima ai segnali luminosi e poi ai colpi di avvertimenti sparati dalla pattuglia.
Secondo tale rapporto, l'auto con Calipari e la Sgrena a 130 iarde dal posto di blocco (120 metri) è stata avvistata e i soldati americani hanno inviati segnali luminosi di avvertimento per fermarsi. Ma l'auto non si è bloccata e a 90 iarde di distanza (80 metri) sono partiti colpi di avvertimento.
L'auto ha proseguito e arrivata a 65 iarde (60 metri) è stata centrata dai colpi mortali per Calipari. Dall'inizio alla fine sono passati 4 secondi, secondo il rapporto i soldati hanno agito secondo le regole.
Gli investigatori però non avrebbero raggiunto una versione comune sulla velocità alla quale viaggiava l'auto con gli italiani. Secondo gli americani si avvicinava a circa 50 miglia all'ora (80 km all'ora), secondo gli italiani a una velocità meno elevata. Il rapporta cita poi fonti italiane secondo le quali Calipari stesso non si sarebbe coordinato nel modo appropriato con il comando Usa.

L'inchiesta, comunque, non è destinata a concludersi in tempi brevi. Certo, questo non vuol dire che il risultato già anticipato nei giorni scorsi dal rapporto sia destinato a cambiare, ma in ogni caso ci saranno più accertamenti e verifiche prima di arrivare al verdetto ufficiale.
Secondo una fonte del governo italiano ''i racconti dei militari che hanno sparato, dei loro ufficiali, e quelli dei passeggeri dell'auto colpita non coincidono''. I soldati ascoltati dagli uomini del generale Peter Vanjel raccontano una storia diversa rispetto alla testimonianza di Giuliana Sgrena, ma anche a quella del maggiore del Sismi che guidava l'auto su cui Calipari è stato ucciso a un posto di blocco dell'Us Army.
Un altro elemento che rallenta l'inchiesta è che la ''scena del crimine'' è stata compromessa con la rimozione dell'auto senza che fossero fatti i necessari rilievi.

Tutti questi elementi sono stati presentati ieri mattina al ministro degli Esteri italiano Gianfranco Fini al Dipartimento di Stato. Quasi in contemporanea a Roma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta si intratteneva sugli stessi argomenti con l'ambasciatore statunitense Mel Sembler e con il direttore del Sismi Nicolò Pollari. Non ci sono dichiarazioni ufficiali ma a Sembler sarebbe stata confermata la richiesta del governo italiano di allungare i tempi della conclusione dell'inchiesta.
Per Gianfranco Fini: ''Illazioni, indiscrezioni e valutazioni fatte prima di conoscere l'esito del lavoro della commissione appartengono alla polemica politica e non alla doverosa ricerca della verità''. Il ministro fa riferimento alla possibilità che un giudizio di fatto sia già stato definito, che il Pentagono in qualche modo voglia evitare di arrivare alla verità sull'uccisione del dirigente italiano.
Le voci che da tempo danno comunque l'inchiesta avviata verso un nulla di fatto avevano intanto sollevato la protesta della Procura di Roma, che ha chiesto al governo ulteriori pressioni sul governo americano perché consenta le due rogatorie richieste dai nostri magistrati. Una riguarda la lista dei nomi dei soldati americani presenti quella tragica sera al check point , l'altra l'accesso alla carcassa dell'auto crivellata di colpi.
Il dipartimento della Giustizia americano ha però ribadito che non saranno ammesse rogatorie fino alla conclusione dell'inchiesta.
Tra l'altro il rapporto finale, che da tempo sembra essere orientato sulla versione dell'incidente, sarà firmato dal generale Vanjel che se ne assumerà l'esclusiva responsabilità. Questo significa che i membri italiani non avranno né la possibilità di negare la firma alle conclusioni dell'indagine, né quello di redigere il cosiddetto parere dissenziente. I due italiani sono semplici ''osservatori qualificati'', eccezionalmente aggregati a una commissione di inchiesta americana quale ulteriore garanzia per l'Italia che l'accertamento dei fatti è stato compiuto secondo criteri di trasparenza e completezza.

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14 aprile 2005
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