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Sos dalle Province soppresse

Cgil Sicilia e il sindacato della Funzione pubblica lanciano l'allarme: "Scuole e stipendi a rischio"

31 luglio 2013

A settembre gli stipendi dei lavoratori delle province siciliane e delle partecipate, dove si scontano già ritardi, potrebbero essere a rischio e con essi molti dei servizi erogati da questi enti, a partire da quelli scolastici. Mancano 140 milioni di euro tra mancati trasferimenti dello Stato e tagli della Regione. Licei linguistici provinciali, licei musicali, scuole per ottici potrebbero non riprendere le attività dopo l'estate se la riforma conseguente all'abolizione delle Province non prenderà subito la giusta strada, con conseguenze non solo sul personale ma anche su migliaia di studenti.
A lanciare l'allarme la Cgil Sicilia e il sindacato Funzione pubblica che hanno tenuto ieri una conferenza stampa per presentare la loro idea di riforma delle Province e per annunciare il sit- in di protesta dei lavoratori che si è tenuto questa mattina davanti l’assessorato alle Autonomie locali e Funzione pubblica, per chiedere alla Regione l'apertura di un tavolo di confronto.

I lavoratori delle Province siciliane sono 6.500, ai quali se ne aggiungono altrettanti tra docenti e dipendenti delle partecipate. "Il solo liceo linguistico provinciale di Palermo - ha spiegato Mimma Argurio, della segreteria regionale Cgil - ha duemila studenti e 200 docenti la metà dei quali precari che attendono di sapere quale percorso li attende. Ci sono inoltre scuole uniche, come quella degli artigiani del corallo di Trapani, che non hanno un corrispettivo statale, per le quali la situazione è ancora più complicata. Il governo deve dire subito cosa intende fare - ha sottolineato - e prospettare un’idea complessiva per le partecipate".

Che l’idea alla base dell’abolizione delle province sia positiva la Cgil non ha dubbi "purchè si istituiscano al più presto queste aree vaste di secondo livello - ha detto Michele Pagliaro, segretario generale della Cgil Sicilia - cui decentrare funzioni oggi svolte dalla regione - tra queste formazione, mercato del lavoro, agricoltura, turismo - e dare il compito di organizzare lo sviluppo del territorio e dei servizi".
Tra i problemi da affrontare anche quello della ripartizione dei debiti delle Province, che tra residui passivi e mutui con la Cassa depositi e prestiti, ammontano a 2 miliardi. "La riforma - ha detto ancora Pagliaro - può essere un’opportunità per sburocratizzare, decentrare compiti della regione, dare impulso allo sviluppo a partire dal territorio, migliorare alcuni servizi promuovendo economie di scala. Ma perché questa opportunità si realizzi occorre avere le idee chiare sugli assetti e affrontare le criticità nei tempi più brevi evitando commissariamenti prolungati, che cozzano con l’idea di rinnovamento, e situazioni transitorie che finirebbero col fare perdere per strada gli obiettivi iniziali dell’operazione".

Secondo Cgil e Fp, bisogna ad esempio evitare che il numero dei liberi consorzi di comuni superi quello delle attuali province. "Una eccessiva frammentazione - ha detto Beppe Citarrella, del centro studi della Cgil - a fronte di tre grandi città metropolitane renderebbe impossibili le economie di scala". Inoltre, secondo la Cgil, "bisogna affidare i liberi consorzi ai sindaci, a coloro cioè che rispondono direttamente ai cittadini del loro operato, semplificando su ambiti cruciali come i rifiuti e l’acqua".

[Informazioni tratte da ANSA, Repubblica/Palermo.it, LiveSicilia.it]

- Sicilia, la "favola" dell’abolizione delle province di Giuseppe Alberto Falci (Linkiesta.it)

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31 luglio 2013
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