Soul Kitchen
Fath Akin questa volta mette in scena una commedia dove ogni dettaglio è divertente e indispensabile
Noi vi segnaliamo...
SOUL KITCHEN
di Fath Akin
Zino, proprietario del ristorante 'Soul Kitchen', per una serie di circostanze sfavorevoli e nonostante il rapporto poco idilliaco si troverà costretto a lavorare fianco a fianco con suo fratello Illias e, nel frattempo, dovrà anche affrontare la perdita della sua fidanzata Nadine, che si è trasferita in Cina e ha un nuovo compagno...
Anno 2009
Nazione Germania
Produzione Corazòn International
Distribuzione BIM
Durata 99'
Regia Fatih Akin
Sceneggiatura Adam Bousdoukos e Fatih Akin
Con Adam Bousdoukos, Moritz Bleibtreu, Anna Bederke, Pheline Roggan, Birol Ünel, Dorka Gryllus
Genere Commedia
In collaborazione con Filmtrailer.com
La critica
"La prima grande commedia romantica del nuovo millennio l'ha diretta un turco di Amburgo, è ambientata in un ristorante di quelli che servono robaccia a clienti affezionati, ha un protagonista sovrappeso con l'ernia del disco e una colonna sonora meravigliosa che mescola funky e rythm & blues con hip hop, 'rebetiko' greco e naturalmente una canzone di Hans Albers, (...) Come avrete capito è anche una commedia svitata perché oggi bisogna essere un po' tocchi per essere romantici e in 'Soul Kitchen' di Fatih Akin ognuno è così matto da voler fare solo quel che gli piace. Così alla fine vincono i buoni, i cattivi vengono puniti e questi 'losers' degni di un film di Kaurismaki hanno finalmente diritto alla leggerezza e al buonumore di un musical con Fred Astaire. Non avete afferrato la storia? Meglio così, ve la godrete al cinema. (...) Autore e produttori dicono che 'Soul Kitchen' è un moderno 'Heimat film', ovvero un film sull'idea di patria, dunque, modernamente, di comunità, di famiglia, di appartenenza. Che è veramente il massimo per un film girato e diretto da figli e nipoti di immigrati. Se non gli danno un premio vero ci incateniamo davanti al vecchio Palazzo del Cinema finché non sarà finito quello nuovo (scherziamo: sarebbe morte certa)."
Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero'
"Risate a pioggia, battimani continui, volti distesi e sorridenti. Brutto affare per la commedia 'Soul Kitchen', che la regola non scritta di ogni festival vorrebbe esclusa in ogni caso dal verdetto: contraddicendo infatti l'abituale pesantezza del cinema tedesco, nonché il proprio curriculum, lo sceneggiatore, regista e produttore Fatih Akin ha offerto ai festivalieri lo show finora più euforizzante della Mostra. Akin, nato e cresciuto ad Amburgo da immigrati turchi, ci ritorna per dare il via a una sarabanda d'amicizia, amore, mascalzonaggine, follia e paradosso che restituisce con affetto, ma senza indulgenza le atmosfere border line della multietnica e godereccia città portuale. Non è certo imprevedibile lo sviluppo della trama, centrata sulle vicissitudini di un ristorante prima infimo e sottoproletario, poi rinnovato e travisato, quindi brutalmente dismesso e infine risorto sulle ali del riscatto popolare, ma la trascinante cadenza di recitazioni, dialoghi e colonna sonora rende le immagini autentiche, intelligenti, irridenti e l'inclusa protesta contro lo smantellamento dei vecchi, cari (e lerci) quartieri industriali non pedante o ideologica. Il protagonista greco-tedesco interpretato da Adam Bousdoukos ha sufficiente faccia tosta, del resto, per guidare un drappello di tipi e tipacci irresistibili tra le discutibili prelibatezze della «nuova cucina», le velleità di scalcagnati gruppi rockettari, le trappole degli speculatori edilizi, l'erotismo di disinibite ragazze locali e i tormenti incessantemente procuratigli da un'assai poco eroica ernia del disco."
Valerio Caprara, 'Il Mattino'
"Commedia multietnica con uso cucina, speziata da un regista turco-tedesco. Lo chef lo licenzia perché il cliente vuole il gazpacho caldo. Finisce in un ristorante di periferia gestito da un greco. Insieme combinano abbastanza pasticci da rischiare la galera e il fallimento, scontentare due fidanzate, provocare un incendio e patire un colpo della strega."
Maria Rosa Mancuso, 'Il Foglio'
"Con 'Soul Kitchen', il regista turco-tedesco Fatih Akin abbandona le storie drammatiche che l'hanno fatto conoscere ('La sposa turca' e 'Ai confini del paradiso') per raccontare le disavventure di una sgangherata taverna di periferia ad Amburgo e del suo confuso proprietario, indeciso tra il lavoro e una fidanzata in partenza per Shanghai. I temi dei film precedenti fanno capolino anche qui - il protagonista è un tedesco immigrato (di origini greche), il fratello preferisce la malavita all'integrazione, i giovani faticano a trovare ascolto, la borghesia è infida e avida - ma tutto è raccontato con il tono spensierato della commedia, capace ogni tanto di strappare qualche sonora risata. Peccato che il ritmo scoppiettante della prima mezz'ora finisca pian piano per spegnersi, rifugiandosi in una rappresentazione stereotipata dell' intraprendenza giovanilistica e dei tradimenti della borghesia."
Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera'
"Come sempre nei film di Akin la musica, non è affatto sfondo o sottocultura emotiva. E' invece proprio il contesto, l'ambiente e l'atmosfera di 'Soul Kitchen', il terreno comune sul quale i personaggi si incontrano, il ritmo al quale la trama si srotola. Un ruolo che è perfino tematizzato nella fabula con la vicenda esilarante del sequestro dell'aereo e del furto dell'equipaggiamento da dj. Un bel modo di raccontare con una leggerezza che non negozia l'intelligenza e che fa venire in mente certe commedie che hanno rivoluzionato il cinema inglese. Quando si dice cultura pop."
Ivan Giordano, 'L'Altro'
"Il film si avvale di una sceneggiatura ben scritta, con personaggi molto ben delineati e tutti con qualcosa di irrimediabilmente riconoscibile: dal fratello cialtrone all'estrattrice del fisco alla cameriera fino a Kemal, detto il rompi ossa, che si incaricherà, con gran paura di Zinos, di mettere fine a una terapia d'urto imperdibile quanto autarchica, ai suoi problemi. 'Soul Kithcen' è certamente uno dei film meglio congegnati visti alla Mostra, vitale, cangiante, multiplo, perché alla fine i soldi per rimettere tutto a posto Zinos li va a prendere dove può e deve, una volta tanto."
Giacomo Mancini, 'Il Riformista'
Premio speciale alla 66ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (2009).