Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

Stanchi e abbandonati. Così si sentono Francesco Arena e Cosma Russo rapiti in Nigeria il 7 dicembre scorso

06 febbraio 2007

Che fine hanno fatto i tre tecnici dell'Eni, due nostri connazionali, il siciliano Francesco Arena e Cosma Russo, di un paese vicino Matera, e il libanese Imad Saliba, rapiti in Nigeria il 7 dicembre scorso dai guerriglieri del Mend (Movimento per l'Emancipazione del Delta del Niger)?
Dopo la liberazione del quarto ostaggio, Roberto Dieghi, rilasciato il 17 gennaio scorso, su di loro è calato il silenzio. Un silenzio finalmente spezzato oggi da Stefano Liberati, inviato del quotidiano ''il manifesto'', che ha raggiunto in Nigeria i connazionali e li ha intervistati e fotografati la notte scorsa.

''Siamo stanchi e ci sentiamo abbandonati''. Hanno riferito questo gli ostaggi italiani, ormai da due mesi nelle mani del Mend. Francesco Arena e Cosma Russo hanno dichiarato al giornalista ''di non poterne più di una situazione di abbandono'' e accusano il governo italiano e l'Agip di non fare abbastanza affinché il governo nigeriano ''accetti le richieste dei rapitori'', il cui accoglimento porterebbe alla loro liberazione.
Sempre secondo quanto scritto da ''il manifesto'', la loro impressione è che il negoziato sia a un punto morto ed essi lamentano un'assoluta mancanza di notizie. Unica fonte di collegamento con il mondo esterno è la radio nigeriana ''che però - dicono - fornisce notizie confuse e contraddittorie''.
''Siamo delusi dal governo italiano che non sta facendo nulla per tirarci fuori da qui. Delusi dalla nostra compagnia che ci ha lasciati marcire in questa giungla''.

I due tecnici hanno poi chiesto al giornalista notizie sulle trattative per la loro liberazione, di cui non sanno niente. E hanno aggiunto: ''a Roma devono fare pressioni sul governo nigeriano per accogliere le loro richieste, altrimenti siamo in trappola''.
Il capo dei guerriglieri, Jomo Gbono ha spiegato che: ''Se il governo spera che libereremo gli ostaggi senza contropartite avrà una sorpresa''. E un altro miliziano del gruppo separatista ha aggiunto: ''Siamo 10mila, armati, chiediamo solo giustizia''.
Roberto Dieghi, l'unico dei rapiti ad essere stato rilasciato ha spiegato, sempre al manifesto: ''Sbagliano a pensare che sono stato rilasciato perché non sto bene con la salute. Quello fu un segnale di fiducia tra il nostro governo e il gruppo armato''. E conclude con una nota di ottimismo: ''Sono sicuro al duecento per cento che torneranno anche loro. Mi preoccupa soltanto la loro testa, il loro stato d'animo''.

Di Francesco Arena, Cosma Russo e Imad Saliba, che a Stefano Liberati sono comunque apparsi in buone condizioni fisiche compatibilmente con lo stato di prigionia nel mezzo del delta del Niger, erano state diffuse nuove foto intorno il 20 gennaio. Si tratta di tre primi piani e di due foto di gruppo in cui gli ostaggi appaiono in mezzo alla giungla, tranquilli e in buone condizioni. Le foto, spedite a diversi organi di informazioni, erano accompagnate da un comunicato del Mend dove era scritto che per loro è ''escluso uccidere i due tecnici italiani dell'Eni e il loro collega libanese''. Nel comunicato era inoltre precisato che ''se il governo nigeriano rifiuta di accogliere le nostre richieste, noi non possiamo che tenerli in ostaggio'' ma ''non ci lasceremo andare ad azioni radicali come quella di giustiziarli''.
I ribelli hanno dichiarato più volte che la liberazione degli ostaggi non avverrà in cambio di denaro, avanzando invece richieste di carattere politico. Il Mend infatti, esige dalle autorità nigeriane la scarcerazione dell'ex governatore dello stato di Bayelsa, Diepreye Alamieyeseigha, in prigione per corruzione, del leader separatista Mujahid Dokubo-Asari e di altri detenuti del Delta du Niger.
Ma, soprattutto, chiede che una quota consistente degli introiti provenienti dall'estrazione del petrolio venga versata a favore delle popolazioni che abitano nel Delta, a titolo di risarcimento per l'inquinamento causato alle attività estrattive.

Alle notizie diffuse dal manifesto l'Eni ha risposto tramite il suo portavoce.''Continuiamo a fare il possibile''. ''Dall'inizio lavoriamo in collaborazione con l'unità di crisi della Farnesina e con i governi nazionale e locale della Nigeria. Questo lavoro continua ad andare avanti e ha già prodotto in parte i frutti sperati con la liberazione di un lavoratore del nostro gruppo. Continuiamo a fare il possibile''.

Condividi, commenta, parla ai tuoi amici.

06 febbraio 2007
Caricamento commenti in corso...

Ti potrebbero interessare anche

Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia