Storia della viabilità in Sicilia
ovvero ''Come riconoscere le vere priorità, in un posto dove le priorità spuntano come funghi''
La meravigliosa culla del mediterranneo, la mafia, l’ignoranza, l’inettitudine, l’opportunismo, se la sono prima "pistiata" ("ingurgitata voracemente", nel dialetto palermitano) senza tanti complimenti, dopo di ché, quello che è rimasto del pantagruelico banchetto se la sono pestato sotto i piedi.
Ne hanno fatto quello che hanno voluto, e gli isolani indolenti, impassibili, indifferenti, troppo spesso hanno scrollato le spalle dichiarando "Nna stà tiarra unn’ha canciatu nianti e un cancerà mai nianti" ("In questa terra non
è cambiato mai niente e non cambierà mai niente").
Da qualche anno a questa parte, molti dei politici che governavano l’Isola nei tempi sopra evocati, che continuano a governarla e che si sono ritrovati sovente seduti a tavola nei banchetti del degrado, hanno capito che bisogna entrare in Europa, e senza crearsi problemi di sorta e alzando le mani in segno di innocenza (ma dove c’è l’hanno la coscienza?), hanno urlato il bisogno, l'esigenza, la "priorità" di salvare il salvabile. Bisogna quindi costruire, costruire, costruire, grazie anche ai condoni, per far rialzare la Sicilia dal fango, per far ritornare incontrastato lo splendore dei millenni passati, cancellare lo scempio e continuare a combattere la criminalità.
Per molti la "priorità", c’è l’ha il Ponte sullo Stretto. Qualcuno, insomma, è convinto e vuole convincere che appena questo ponte verrà eretto, quella Sicilia offesa ed infangata, troverà finalmente il suo riscatto e vedrà magicamente fiorire l’economia.
Francamente, conoscendo come stanno messe (da ventenni) le vie del trasporto in Sicilia, andare ad imbardare 10 anni di cantieri per il ponte più lungo del mondo, lasciando invariati sia i percorsi autostradali che quelli ferroviari, è un fatto assurdo e ridicolo. E’ facile, insomma, realizzare che per innalzare contanta opera ci vogliono prima le condizioni ottimali per accoglierla, e quando si sa che un viaggio in treno da Palermo a Trapani o ad Agrigento è tortuoso, stancante, lungo quasi quanto un viaggio da Palermo a Milano (ma con treni moooolto più scarsi) e allora la misura di cosa possa essere prioritario riesce a riconoscerla pure un "pappagone" qualsiasi.
Alla stessa maniera, avere un aeroporto intercontinentale in un’isola con un numero sempre maggiore di persone che vuole visitarla, un’isola che vuole sempre più allargarsi alle realtà comunitarie è cosa buona e giusta, ma non è alla stessa maniera cosa buona e giusta (e ovvia) sistemare le situazioni, parecchio compromesse, degli aeroporti già esistenti?
Diciamo innazitutto, che l’idea dell’aeroporto intercontinentale è partita con il piede sbagliato.
Vi ricordate il progetto di voler costruire un grande aeroporto capace di accogliere 30 milioni di passeggeri all'anno, nelle "colline" di Racalmuto, in provincia di Agrigento, soprannominato da qualcuno Aeroporto ''Quaquaraquà'' (leggi qua)?
L’insana idea per fortuna è stata scartata, ma che qualcuno l’abbia avuta, già la dice lunga.
Ma siccome alcuni dicono che il progresso non si può fermare, la "priorità" del megaeroporto è rimasta, e quindi il governatore della Sicilia, Salvatore Cuffaro, si arroga la responsabilità di interpretare la volontà di tutti gli isolani e dice che "la Sicilia vuole dotarsi di un aeroporto intercontinentale che valorizzi il suo ruolo di ponte tra l'Europa e l'Africa", sottolineando inoltre il grande impegno del suo governo nella realizzazione delle infrastrutture per le quali è previsto un finanziamento di 9,9 miliardi di euro.
"Abbiamo potenziato i due grandi aeroporti di Palermo e Catania (Come? Quando?, ndr) - ha detto Cuffaro - e ci apprestiamo a studiarne un terzo che possa diventare un grande aeroporto intercontinentale della Sicilia che possa svolgere un ruolo di snodo commerciale nel Mediterraneo".
"Il nuovo aeroporto - ha indicato Cuffaro - , dovrebbe sorgere tra Enna e Catania, nella piana di Catania, dove i nostri studi ci indicano una posizione strategica". Il grande sforzo del governo siciliano per le infrastrutture, ha proseguito Cuffaro, è rivolto anche alle autostrade e alle ferrovie. Per le autostrade, ha spiegato "chiuderemo entro l'anno la Palermo-Messina che da oltre 30 anni è in costruzione; abbiamo appaltato la Catania-Siracusa e 4 dei 7 lotti della Siracusa-Gela, e avviato lo studio di fattibilità della Palermo-Agrigento. Finalmente chiudiamo l'anello autostradale della Regione".
Per le ferrovie "che risalgono all'epoca dei Borboni", ha concluso Cuffaro è stato siglato un accordo storico con le Ferrovie dello Stato per il potenziamento della rete ferroviaria con l'elettrificazione delle linee e la realizzazione di doppi binari.
Mah? Sarà!
Comunque, poco e niente da aggiungere e commentare, quando si vive in una terra nella quale esiste l’imbarazzo della scelta nel catalogo delle priorità.