Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

Storie di Baroni, parenti e dubbi mai chiariti

Gian Antonio Stella parla di ''Parentopoli'', il libro di Nino Luca sulla ''familistica'' Università italiana

21 marzo 2009

"Parentopoli", un libro di Nino Luca
PARENTI IN CATTEDRA, ATENEI DA VERGOGNA
di Gian Antonio Stella (Corriere.it, 19 marzo 2009)

Se in vita vostra avete solo collaborato a un lavoro «scientifico» di una pagina (una!) scritto con altre cinque persone e presentato a un convegno ma mai pubblicato su una rivista internazionale, non disperate: potete sempre vincere un concorso universitario. Basta esser nati sotto la giusta congiunzione astrale. Come successe al «professor» Giovanni Lanteri. Che vinse appunto un posto da «associato» all'Università di Messina presentando 2 pubblicazioni. La prima («Studio preliminare sull'espressione immunoistochimica dell'Eritropoietina...») fu subito scartata dagli stessi commissari: «Non venga presa in considerazione ai fini della presente valutazione». La seconda («A new outbreak of photobacteriosis in Sicily») è finita nel fascicolo dell'inchiesta giudiziaria col giudizio del Ministero dell'Università consultato dai magistrati: «Priva di rigore metodologico. Non è possibile individuare il singolo apporto di ciascuno dei sei autori».

L'episodio, sconcertante, è uno dei tantissimi raccolti da Nino Luca, un collega del "Corriere.it", in un libro appena uscito da Marsilio: «Parentopoli». Quando l'università è affare di famiglia. Un reportage durissimo e spassoso su uno degli aspetti più controversi dell'università, quello dei concorsi sospetti. Che troppo spesso finiscono col consegnare la cattedra a mogli, figli, cognati, amici e amici degli amici. Immaginiamo già l'obiezione: non ci son solo i baroni e le clientele e le apocalittiche classifiche internazionali! Giusto. È vero che la situazione «cambia drasticamente se si concentra l'analisi sulle singole aree disciplinari» (come ricorda Domenico Marinucci, direttore del Dipartimento di Matematica di Tor Vergata, 19° in Europa tra le eccellenze del settore e meno afflitto dalla cronica povertà di docenti stranieri), vero che nelle «hit parade» avulse la «Normale» è stabilmente nelle prime venti al mondo, vero che tanti ragazzi usciti dai nostri atenei vanno alla conquista del mondo.

Il reportage di Nino Luca, però, proprio per l'abbondanza di episodi così incredibili da risultare irresistibilmente comici, mette spavento. A partire dalla disinvolta e allegra spudoratezza con cui tanti rettori irridono alle perplessità di chi non riesce a capacitarsi di come, ad esempio, possano essere circondati da tanti parenti. Come Gennaro Ferrara, da 22 anni alla guida della Parthenope di Napoli: «Ma lei vuole fare un articolo serio o un articolo scherzoso? No, perché se lei vuole fare un articolo scherzoso, io ci sto». Come mai ha portato con sé all'università la seconda moglie, il di lei fratello, la figlia e i mariti delle due figlie? La risposta: «Se trattiamo "parentopoli" in termini scandalistici non va bene». Poveri figli, poi... «Devono dimostrare ogni giorno di valere...».
Alcuni casi raccontati sono noti, come quello d'una torinese bocciata a un concorso che mesi fa si sfogò con "La Stampa" d'esser stata trombata, scusate il bisticcio, perché non aveva «più voluto compiacere sessualmente» il direttore della scuola di specializzazione. O quello della famiglia Massari che «porta l'Università di Bari nel Guinness dei primati» grazie al piazzamento nei dintorni della facoltà di economia di otto-Massari-otto: Antonella, Fabrizio, Francesco Saverio, Gian Siro, Gilberto, Lanfranco, Manuela e Stefania. O quello del preside di Medicina e rettore della «Sapienza» Luigi Frati («Parentopoli? Voi giornalisti sapete fare solo folclore!», ha urlato a Luca), un uomo tutto casa e ufficio dato che nella sua facoltà lavorano la moglie Luciana Angeletti, il figlio Giacomo e la figlia Paola, che nell'aula magna di Patologia ha fatto la festa di nozze. Altri casi sono meno conosciuti. Come quello di un recentissimo concorso per due posti alla Facoltà di Medicina e Chirurgia della Bicocca di Milano con cinque soli concorrenti tra i quali tre figli (due vittoriosi, ovvio) di docenti della stessa Facoltà di Medicina e Chirurgia. O quello della condanna a un anno di reclusione per abuso d'ufficio (pena sospesa) e a uno d'interdizione dai pubblici uffici (per aver danneggiato la professoressa Antonina Alberti durante un concorso) di Fernanda Caizzi Decleva, moglie del presidente in carica della Crui, la conferenza dei rettori.

La cosa più interessante del reportage, però, al di là della sottolineatura di certe bizzarrie (come quella che riguarda l'ex rettore di Bologna Fabio Roversi Monaco, che ha incassato 11 lauree honoris causa da vari atenei mondiali distribuendone in parallelo 160 a gente varia, da Madre Teresa di Calcutta a Valentino Rossi), sono le chiacchierate tra l'autore e alcuni dei protagonisti del mondo accademico italiano. Come quella con Augusto Preti, che diventò rettore a Brescia nel lontanissimo 1983, quando erano ancora vivi Garrincha e David Niven, e scherza: «Io sono il potere assoluto». O Pasquale Mistretta, il rettore di Cagliari, secondo il quale «molti figli illustri, proprio a causa dei complessi d'inferiorità verso i padri, a volte si sono smarriti: alcuni sono finiti anche nel tunnel della droga», quindi forse «quando un padre va in pensione, come un tempo succedeva in banca o all'Enel, è logico che ci sia un occhio di riguardo» per i figli. Il meglio, però, lo dà il professore Giuseppe Nicotina spiegando come il suo Ludovico avesse vinto in solitaria un concorso per ricercatore: «I figli dei docenti sono più bravi perché hanno tutta una "forma mentis" che si crea nell'ambito familiare tipico di noi professori».
Insomma: è una questione quasi genetica. Se poi una spintarella aiuta la forma mentis... [Fine]

Di seguito vogliamo riportare proprio un articolo di Nino Luca, pubblicato nelle scorse settimane sul Corriere.it, e che potrebbe essere un saggio/assaggio di "Parentopoli"...

IL REBUS DELL'UNIVERSITÀ DI MESSINA DOVE I PRECARI INSEGNANO GRATIS
di Nino Luca [aluca@corriere.it] (Corriere.it, 04 marzo 2009)

«I tagli ai fondi per le università saranno devastanti per il 2010», questo l'allarme lanciato dai rettori dell'Associazione per la qualità delle Università italiane in una lettera indirizzata al ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini. Per questo i vari atenei adesso devono fare di necessità virtù. Sì ma come?
Un esempio arriva dall'università di Messina. Il rettore Franco Tomasello, appena tornato sulla poltrona di Magnifico dopo la seconda sospensione di due mesi decisa dai magistrati per le presunte vicende di concorsi truccati (a processo il 5 marzo), ha decretato l'assegnazione di contratti di supplenza a titolo gratuito. In pratica i docenti dovranno insegnare senza ricevere un euro: «I contratti sono a titolo gratuito in quanto volti all'arricchimento delle competenze professionali degli aspiranti», come si legge sul bando dell'università di Messina.

Così a insegnare materie come analisi matematica, geologia applicata, fondamenti di informatica, economia applicata, lingua inglese, non saranno i professori di ruolo, con regolare stipendio, ma precari, assegnisti che già devono sbarcare il lunario con 1000/1200 euro al mese. I precari si sentono «quasi» obbligati a salire in cattedra, oltre che per le loro materie con contratto a termine, anche per queste nuove supplenze gratuite a cui i docenti di ruolo hanno rinunciato. Per i precari, al contrario dei colleghi più anziani a tempo indeterminato, è più difficile dire di "no".
Così i docenti di ruolo che invece hanno rifiutato le supplenze possono ottenere il nulla osta dalle loro facoltà per fare docenze a contratto, queste sì a pagamento, in altre università.

Nell'università Kore di Enna, ad esempio, il professor Giancarlo Iannizzotto, associato di Ingegneria informatica in forza all'università di Messina è stato incaricato di ben tre docenze a contratto (Informatica, Sistemi di elaborazione delle informazioni e Interazione Multimediale con laboratorio). Cioè la facoltà d'Ingegneria ha autorizzato Iannizzotto a tenere tre docenze ad Enna (regolarmente pagate) oltre allo stipendio che già percepisce a Messina. A Enna, tra l'altro, insegna anche la moglie di Iannizzotto: la professoressa Lucia Lo Bello in trasferta anche lei (due supplenze alla Kore: Fondamenti di Informatica e Sistemi operativi) essendo di ruolo a Catania, facoltà di Ingegneria.
Nella stessa situazione tanti altri docenti messinesi. Compreso il figlio del rettore. Dario Tomasello associato di Letteratura italiana a Messina insegnerà ad Enna ben quattro materie: Drammaturgia del teatro e della scena e Letteratura italiana contemporanea (nelle facoltà di Scienze della comunicazione multimediale, in quella di Giornalismo e al Dams). Tutte pagate ad ore e con rimborso spese chilometrico.

A questo punto due domande sono d'obbligo: come mai, negli ultimi anni, non sono stati fatti concorsi nelle materie dove adesso servono le supplenze? E perché l'università di Messina invece di coprire gli insegnamenti vacanti con precari a titolo gratuito non utilizza i propri docenti di ruolo che vanno a contratto pagati in altre università?

 

 

 

 

 

 

 

Condividi, commenta, parla ai tuoi amici.

21 marzo 2009
Caricamento commenti in corso...

Ti potrebbero interessare anche

Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia