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Strasburgo condanna l'Italia per l'immunità di Dell'Utri

Secondo la Corte europea, sarebbe stato violato il diritto del giudice Pierluigi Onorato di citare per danni il senatore del Pdl per diffamazione a mezzo stampa

25 maggio 2011

L'Italia condannata per avere salvato Dell’Utri da un giudizio per diffamazione. A stabilirlo è la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che ieri ha condannato il nostro paese per aver violato il diritto del giudice Pierluigi Onorato ad avere accesso a un tribunale che si esprimesse sulla denuncia per diffamazione ai danni del senatore azzurro.

Secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo Onorato, ex giudice della Corte di Cassazione, aveva il diritto di citare per danni il senatore Marcello dell'Utri per diffamazione a mezzo stampa. I fatti risalgono al 2002 quando il senatore Marcello Dell'Utri, allora deputato, in seguito alla sua condanna da parte della Corte di Cassazione, rilasciò una serie di interviste in cui asseriva che la decisione presa dalla Corte di Cassazione era frutto delle posizioni politiche del giudice Onorato, "un magistrato militante, appartenente a una formazione politica avversa". Pierluigi Onorato fece causa a Dell'Utri, ma il processo non ebbe luogo perchè il Senato accordò al parlamentare l'immunità.
Nel condannare l'Italia, imponendo un risarcimento a Onorato di 16 mila euro, i giudici hanno sottolineato che "nonostante sia legittimo per uno Stato assicurare l'immunità dei parlamentari affinchè possano espletare liberamente la loro funzione, la stessa immunità non può estendersi oltre l'attività parlamentare".

Non è la prima volta che la Corte di Strasburgo si pronuncia contro l'Italia per un'interpretazione troppo estensiva dell'immunità parlamentare. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha già condannato l'Italia 5 volte per casi simili. La prima condanna risale al 2003, quando i giudici stabilirono che il procurtatore di Palmi, Agostino Cordova, aveva il diritto a citare per danni Vittorio Sgarbi. Con le ultime due sentenze invece la Corte ha stabilito che Sergio Cofferati aveva diritto a citare Carlo Taormina e Umberto Bossi per le loro affermazioni sul coinvolgimento dell'ex sindaco di Bologna nella morte di Marco Biagi.

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25 maggio 2011
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