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Strasburgo richiama l'Italia: "Riconosca diritti e unioni gay"

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che l'Italia deve adottare il riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso

22 luglio 2015

L'Italia deve adottare il riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell'uomo che ha esaminato il ricorso di tre coppie omosessuali contro la possibilità di sposarsi in Italia o di vedersi riconoscere una unione civile. La Corte ha riconosciuto all'unanimità che vi è stata una violazione del'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani, che regola il rispetto per la vita privata e famigliare.
La Corte ha ritenuto che "la tutela giuridica attualmente in vigore per le coppie dello stesso sesso in Italia, come è stato dimostrato dalla situazione dei ricorrenti, non solo non tutela le esigenze fondamentali di una coppia impegnata in una relazione stabile, ma non è neppure sufficientemente affidabile".

In particolare la Corte di Strasburgo rileva che dove le unioni omosessuali sono riconosciute dalle autorità locali, "cosa che accade solamente in una piccola parte dei comuni italiani, questo riconoscimento ha un valore meramente simbolico e non conferisce nessun diritto alla coppia". La Corte dei diritti umani ricorda anche che la Corte costituzionale ha "più volte sottolineato la necessità di una legislazione che riconosca e protegga le relazioni omosessuali". Tuttavia il legislatore italiano ha "omesso per lungo tempo di tener conto di tali dichiarazioni".
Inoltre i richiami della Corte costituzionali "riflettono i sentimenti della maggioranza della popolazione italiana che, secondo recenti indagini, è a favore del riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali". Per la Corte di Strasburgo, infine, il riconoscimento e la protezione delle unioni omosessuali "non rappresenterebbero un onere particolare per lo Stato italiano" e, nel caso in cui non si optasse per riconoscere il matrimonio, "la possibilità di una unione civile o di un partenariato registrato sarebbe la via più appropriata".

La "sentenza di Camera" non è però definitiva, perché entro tre mesi dal pronunciamento l’Italia può chiedere che la causa venga portata davanti alla "Grande Camera", composta da cinque giudici che potrebbero riaprire il caso. Ma il governo è pronto ad adeguarsi, almeno stando alle dichiarazioni del ministro per le Riforme Maria Elena Boschi: "Abbiamo presentato un programma molto preciso sui tempi: dopo le riforme costituzionali a settembre il ddl sarà approvato al Senato prima di entrare nella sessione di Bilancio per il voto finale alla Camera entro fine anno senza modifiche. Recupereremo il tempo perso da altri".

Tra le prime reazioni quella di Ivan Scalfarotto, sottosegretario per le Riforme costituzionali e ai rapporti con il Parlamento: "Ho digiunato per spiegare che non avere una legge sulle unioni gay era un grave imbarazzo per l'Italia. Oggi la CEDU condanna l'Italia". Secondo il senatore Democratico Sergio Lo Giudice il richiamo della Corte "rappresenta la scadenza non più rinviabile per rimanere culturalmente in Europa". Il coordinatore nazionale di Sel, Nicola Fratoianni, ricorda come "in Parlamento esiste già una possibile maggioranza per approvare una legge ben più avanzata di quella attualmente in discussione al Senato", e invita Scalfarotto a chiedere "uno scatto innanzitutto al suo governo e al suo partito. Noi siamo pronti". Sulla stessa lunghezza d'onda il gruppo parlamentare M5S al Senato: "La smettano di fare melina e si diano da fare con serietà per colmare questo vuoto normativo che non è degno di un Paese civile".

Sul fronte opposto il senatore di Area popolare Maurizio Sacconi ritiene invece che la sentenza abbia bocciato la richiesta di un matrimonio: "Sembrerebbe esservi un modo di adempiere alla sentenza, che peraltro fa riferimento a tutte le convivenze, etero e omosessuali, senza creare i presupposti per l'estensione giurisprudenziale dell'istituto matrimoniale, delle adozioni e delle provvidenze pubbliche riservate alla famiglia naturale in funzione della continuità della specie umana". Sulla stessa lunghezza d'onda Carlo Giovanardi: "Escluse esplicitamente le adozioni, le pratiche dell'utero in affitto e la reversibilità". E in effetti la sentenza, riguardo all'articolo 12 ("Diritto al matrimonio") e 14 ("Divieto di discriminazione"), ribadisce che "l'articolo 12 non ha imposto in casi precedenti agli Stati l'obbligo di garantire a coppie dello stesso sesso, come i ricorrenti, l'accesso al matrimonio".

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22 luglio 2015
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