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Striscia di Gaza e di dolore

Diciottesimo giorno di guerra: nessuna speranza di tregua. Le vittime palestinesi sono più di 900

13 gennaio 2009

La diciottesima giornata di guerra a Gaza si è aperta con un attacco ai soldati israeliani al confine con la Giordania: un uomo ha sparato dei colpi contro i militari nella zona di Wadi Araba, senza causare feriti. Non è chiaro se si tratti di un militare o di un civile.
Ma l'avanzata di Tsahal, l'esercito israeliano, continua. I carri armati hanno fatto irruzione nelle parti più densamente popolate di Gaza City e le truppe si sono duramente scontrate con i militanti di Hamas, mentre continua il disperato sforzo di alcuni leader mondiali per arrivare a un cessate il fuoco.
Hamas ha rivendicato di aver combattuto contro le truppe israeliane sostenute da elicotteri pesantemente armati e navi, in quella che sembra essere stata la più feroce battaglia da quando Israele ha mandato truppe via terra a Gaza, dieci giorni fa. Il bilancio delle vittime palestinesi ha superato i 900 morti. Sul fronte israeliano ci sono 10 soldati e tre civili.

L'Onu ha lanciato un nuovo appello al governo israeliano perché osservi tregue più lunghe nei combattimenti, consentendo così agli operatori umanitari di consegnare aiuti alla popolazione della Striscia di Gaza. Le ostilità continuano a fare moltissime vittime e a danneggiare le poche strutture in grado di assistere i feriti, ormai allo stremo. La Caritas ha denunciato ieri la distruzione di un suo ospedale operante a Gaza. Lo ha riferito al Sir, l'agenzia stampa della Cei, la responsabile della stessa Caritas Claudette Habesc che tuttavia ha rassicurato sulla prosecuzione dell'impegno umanitario nella Striscia dove proseguono gli scontri tra israeliani e i miliziani di Hamas.
E sono intense le trattative tra le Nazioni Unite con i leader di Egitto, Israele, Giordania e Siria. "Il mio messaggio è semplice e va dritto al punto: i combattimenti devono cessare - ha detto il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon -. A entrambe le parti dico: fermatevi adesso". Anche l'Egitto prosegue i suoi sforzi per mediare un cessate il fuoco ma fonti politiche libanesi hanno riferito che i negoziatori di Hamas rifiuteranno le proposte del Cairo di mettere fine agli attacchi. Il gruppo integralista si oppone principalmente al lungo termine della tregua e rifiuta di cessare il fuoco prima che Israele ritiri tutte le sue truppe da Gaza. Israele ha rifiutato la richiesta del Consiglio della Sicurezza delle Nazioni Unite per una tregua, ma ha dichiarato di essere aperto a discutere nuove proposte.

Ieri il premier israeliano Ehud Olmert ha affermato di essere intenzionato a proseguire l'offensiva con "il pugno di ferro" fino a quando non cesseranno i lanci di razzi Qassam contro il Sud di Israele e non saranno distrutti i tunnel usati da Hamas per il contrabbando delle armi. Allo stesso tempo, però, Olmert dice di sperare in una fine rapida della guerra contro la Striscia di Gaza e ha chiesto scusa per le vittime civili palestinesi del conflitto. In un incontro con gli studenti di una scuola francese a Mikveh Israel, il premier israeliano ha ribadito che Israele "non ha dichiarato guerra ai residenti di Gaza", ammettendo che gli scontri con "gli assassini di Gaza" hanno spesso provocato la morte di civili innocenti. "Ogni bambino e ogni adulto non coinvolti nel terrore vittime dei nostri sforzi militari sono vittime per le quali ci scusiamo e che vogliamo evitare", ha affermato Olmert.
Il ministro degli Esteri, Tzipi Livni, intervenendo alla radio, ha detto che non negozierà mai con Hamas per un cessate il fuoco, perché le parole del gruppo integralista non hanno alcun valore. "Non negozierò con Hamas e per quanto mi riguarda non c'è bisogno che firmino alcunché. Quello che dicono non ha valore. Questo è quello che si chiama deterrenza: sanno che la prossima volta che ci attaccheranno saranno colpiti". Per Livni "la guerra al terrorismo sarà lunga e difficile" e Israele "userà la forza militare perché è l'unico modo per combattere il terrorismo, non ci sono alternative. Quando ci attaccano (con i razzi), noi rispondiamo al fuoco [...] Non accetto che in una guerra contro il terrorismo sia l'Onu a dire quando fermarsi", ha ribadito.
Da parte sua Hamas continua con la sua retorica, affermando che la "vittoria" sull'esercito israeliano è "più vicina che mai". "Continueremo a combattere gli invasori fino alla vittoria", ha detto il premier del governo palestinese e leader del movimento integralista a Gaza, Haniyeh. Il portavoce del governo del movimento islamico nella Striscia di Gaza, Taher Al-Nounou in un comunicato diffuso alla stampa si è rivolto al popolo palestinese affermando che "la vittoria è oramai più vicina che mai. Il nemico tergiversa e non sa come tenere testa alla nostra resistenza leggendaria".

Dunque, una tregua al momento sembra assolutamente impossibile, però qualora questa si potesse attuare avrebbe bisogno di un gruppo di Osservatori internazionali. Secondo il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner per monitorare il cessate il fuoco che si sta ancora difficilmente tentando di negoziare tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza dovrebbero essere dispiegati osservatori europei. "C'è bisogno di osservatori europei", ha affermato Kouchner, secondo cui tra questi ci dovrebbero anche essere osservatori militari, in modo "da testimoniare il mantenimento del cessate il fuoco". L'ex premier britannico e inviato del Quartetto per il Medio Oriente, Tony Blair, dopo un incontro al Cairo con il presidente egiziano Hosny Mubarak, ha assicurato che "ci sono gli elementi per un accordo che consenta il cessate il fuoco a Gaza". Elementi che sembra, però aver visto solo lui.
Dagli Stati Uniti, il presidente George W. Bush ha espresso l'auspicio che la crisi di Gaza finisca prima del suo mandato, il 20 gennaio. Bush lo ha detto nel corso della sua ultima conferenza stampa alla Casa Bianca. "Voglio un cessate il fuoco duraturo - ha detto il presidente uscente - e questo vuole dire una cosa semplice, Hamas deve smettere di lanciare razzi contro Israele", ribadendo che "Israele ha il diritto di difendersi".



Sulle armi non convezionali che Israele avrebbe utilizzato - Intanto l'organizzazione non governativa Physicians for Human rights ha avviato un'indagine sul "possibile uso di armi non convenzionali da parte dell'esercito israeliano sulla popolazione di Gaza". Lo ha annunciato all'agenzia Misna un portavoce della ong, precisando di aver avuto accesso a "video girati negli ospedali della Striscia, che mostrano pazienti con ferite e bruciature sospette, riconducibili ad armi il cui utilizzo non è permesso dal diritto internazionale". Da giorni le fonti di stampa locali e internazionali, suffragate dalle testimonianze di medici e operatori sanitari, avanzano l'ipotesi dell'utilizzo di bombe "sporche", proibite dalle convenzioni internazionali. Due giorni fa, testimoni palestinesi hanno riferito che le forze israeliane hanno utilizzato bombe al fosforo su Khouza, un villaggio vicino al confine della Striscia, causando alte fiamme in un edificio. Fonti ospedaliere hanno raccontato che una donna è morta e altre 50 persone sono ferite, la maggior parte lamentando ustioni e avvelenamento da gas. Testimonianze in parte confermate da uffici delle Nazioni Unite, che parlano di diffusi problemi respiratori dopo il lancio di alcuni ordigni a gas. Il portavoce del primo ministro israeliano, Ehud Olmert, Mark Regev, ha dichiarato che "le munizioni utilizzate da Israele sono simili, se non identiche, a quelle in dotazione a tutti gli eserciti delle democrazie occidentali, compresi gli stati membri della Nato".

[Informazioni tratte da Corriere.it, Adnkronos/Ign, Repubblica.it]

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13 gennaio 2009
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