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Studiando le radici geologiche della Sicilia si scopriranno i segreti della collisione tra Eurasia e Africa

08 aprile 2006

Nuovo progetto di ricerche della crosta terrestre
LE RADICI GEOLOGICHE DELLA SICILIA
di Franco Floresta Martin (Corriere.it)

La Sicilia, stretta nella morsa di due continenti che si scontrano, l'Africa e l'Eurasia, rappresenta un rompicapo geologico per gli studiosi che devono capire le cause dei suoi frequenti terremoti e delle eruzioni vulcaniche; e per quelli che devono trovare risorse vitali come le sorgenti d'acqua dolce. ''Alcune zone sismogenetiche, per esempio quella che ha provocato il disastroso terremoto del Belice del 1968, sono ancora un mistero - spiega il professor Enzo Boschi, presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv)-. E se l'Etna per noi è, tutto sommato, un vulcano prevedibile da cui ci si può difendere, una maggiore apprensione destano alcuni centri eruttivi delle isole Eolie, come Stromboli e Vulcano, che nei secoli scorsi hanno dato vita a ripetute crisi violente''.
Insomma, ammoniscono gli esperti, il puzzle geologico della Sicilia deve essere al più presto completato, aggiungendovi dei fondamentali pezzi ancora mancanti. A questo lavoro va dato un impulso per diversi buoni motivi: non solo l'avanzamento delle conoscenze scientifiche, ma soprattutto la prevenzione dai disastri naturali e il più efficace sfruttamento delle risorse.

Il ''Progetto SICIS'' - Con questi precisi obiettivi l'Ingv ha annunciato un nuovo progetto di ricerca denominato SICIS, dalle iniziali di ''Struttura interna della crosta in Sicilia''. In pratica, una mobilitazione straordinaria di geologi, geofisici, geochimici e vulcanologi che saranno impegnati, nei prossimi quattro anni, a potenziare le reti strumentali di monitoraggio del terreno e a elaborare i dati raccolti. ''Il progetto di ricerca avrà come punto di partenza un'intensa attività di osservazione della crosta sia superficiale sia profonda con le più moderne tecnologie oggi a disposizione della geofisica - riassume il professor Rocco Favara, direttore della Sezione Ingv di Palermo e presidente del Consorzio di Ricerca SICIS appena costituito -. Nuove stazioni sismiche da installare in prossimità di faglie che potrebbero attivarsi generando terremoti; sensori geochimici per l'analisi di gas e fluidi la cui presenza è associata sia all'attività sismica sia a quella vulcanica; altri sensori geofisici e geochimici per la ricerca di risorse idriche e per la valutazione della loro qualità, in modo da attingervi a seconda delle necessità: potabili, irrigui o industriali''.

Nuove risorse - Una volta completato, il monitoraggio effettuato nell'ambito di SICIS porterà all'aggiornamento delle mappe geologico-strutturali della Sicilia e avrà ricadute positive per la Protezione Civile perché aiuterà a identificare con maggiore dettaglio le aree a rischio sismico e vulcanico. ''Ma non escludiamo la possibilità di attingere a nuove risorse energetiche, attraverso la scoperta di giacimenti di idrocarburi e di campi geotermici'', aggiunge il professor Favara. ''SICIS, che è finanziato dal Ministero per l'Università e la Ricerca con 28 milioni di euro, si riallaccia storicamente a un vecchio studio geologico finalizzato alla valorizzazione delle risorse idropotabili dell'isola, lanciato dalla Regione Sicilia nell'immediato dopoguerra - ricorda il Ministro per le Regioni Enrico La Loggia, uno dei maggiori sostenitori dell'attuale iniziativa -. Ora intendiamo rilanciare quel progetto, ampliandolo e pensando anche alla mitigazione dei rischi naturali''.

 

 

 

 

 

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08 aprile 2006
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