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Sul cambiamento climatico

C'è bisogno di agire. Subito! A Roma la prima Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici

13 settembre 2007

Si è aperta ieri a Roma, al palazzo della Fao, la prima Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici, promossa dal ministero dell'Ambiente e organizzata dall'Agenzia per la protezione dell'Ambiente (Apat). Due giorni (oggi è la giornata conclusiva) in cui, alla presenza di 100 scienziati, si dovrà fare il punto sui cambiamenti climatici e sulle loro conseguenze, che nel nostro Paese non sono certo migliori rispetto al resto del Pianeta: spiagge che scompaiono, coste che arretrano, ghiacciai alpini in ritirata, scenari tropicali nella natura, desertificazione, siccità.
 
A presenziare ieri all'apertura dei lavori c'era anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sensibile verso i tanti temi che si affronteranno nella due giorni. Il Capo dello Stato durante il suo intervento ha sottolineato che ''il problema del cambiamento climatico e del futuro dell'ambiente è uno dei più gravi e complessi problemi globali del nostro tempo. Per influenzare intese e sforzi coordinati che devono realizzarsi a livello mondiale per fronteggiare il problema, innanzitutto è essenziale che l'Europa parli con una sola voce''. E' necessario allora, ha continuato il presidente della Repubblica, ''che si porti davvero avanti quella politica europea integrata dell'ambiente e dell'energia che è stata avviata nel Consiglio Europeo in primavera, e che l'Italia faccia la sua parte''.

Sedici appuntamenti in tutto nei quali si è parlato e si parlerà di risorse idriche, di agricoltura, delle condizioni del suolo e delle coste, della biodiversità, delle foreste e dell'impiego delle energie rinnovabili. Obiettivo della Conferenza quello di arrivare a un piano ben strutturato di sicurezza ambientale.
Ieri il ''padrone di casa'' della Conferenza, il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, ha esordito toccando subito i due tasti dolenti riguardanti le conseguenze dei cambiamenti climatici sempre più prepotentemente presenti: l'innalzamento delle temperature, che in Italia registra un aumento maggiore rispetto al resto del mondo, e gli ingenti costi che, in un futuro ormai vicinissimo, si dovranno affrontare se non si rinnova l'intero approccio coi consumi energetici e si tralascia una politica industriale eco-compatibile

''La temperatura in Italia è aumentata quattro volte in più che nel resto del mondo: 1,4 gradi negli ultimi 50 anni mentre la media mondiale è di 0,7 gradi nell'intero secolo''. Con questo dato allarmante Pecoraro Scanio, ha aperto la sua relazione. Il ministro ha poi aggiunto che ''le piogge diminuiscono (14 giorni di pioggia in meno ogni anno al sud), gli episodi di siccità si moltiplicano, la desertificazione sta diventando un problema non solo per la Sicilia, ma anche per la Pianura Padana''. Di conseguenza aumenta il rischio idrogeologico nell'Appennino meridionale e in parte di quello settentrionale, oltre che nelle Alpi occidentali: le zone più a rischio sono in Calabria, Campania, Liguria e nelle Langhe.
Il ministro ha poi ribadito la necessità di una politica globale immediata. ''Il cambiamento climatico è qui e ora.[...] Noi sappiamo che il nostro Paese è tra quelli che pagheranno il maggior prezzo in termini di danni ambientali, perdite di vite umane e salute, costi economici''.

Il ministro dell'Ambiente ha poi posto l'accento sui costi che i danni climatici potranno causarci. ''Nel nostro Paese i costi per far fronte ai danni prodotti dai cambiamenti climatici si stimano a partire da 50 miliardi di euro all'anno''. Riportando all'Italia le stime del rapporto Stern sull'inazione di fronte ai cambiamenti climatici (il rapporto sulle ripercussioni economiche dei cambiamenti climatici commissionato dal governo britannico lo scorso anno all'ex dirigente della Banca Mondiale, Nicholas Stern), il ministro ha precisato: ''la differenza tra quello che ci costa non agire e quello che ci costa agire è tra 10 e 40 volte maggiore a favore dell'azione. Tagliare le emissioni e fare l'adattamento - ha concluso il ministro dell'Ambiente - ci costa tra meno di cinque e sette miliardi ogni anno, contro un massimo di 200. E prima si fa meno ci costa''.
''La vera grande sfida è quella del solare, prendere questo grande distributore di energia e trasformare la sua l'energia'', ha sintetizzato Pecoraro Scanio parlando del progressivo abbandono delle fonti fossili e dell'uso delle energie rinnovabili. Secondo il ministro ''si deve lavorare all'adattamento sostenibile, inteso come lotta biologica, che permette di salvare la natura, la salute e permette di risparmiare''. Inoltre, ha aggiunto: ''in Italia agire per l'adattamento significa mettere in sicurezza subito il rischio idrogeologico del nostro paese attraverso, un restauro ecologico''.

Combattere i cambiamenti climatici, ha infine precisato il ministro, ''significa innanzitutto attuare il Protocollo di Kyoto entro il 2012 e procedere alle ulteriori riduzioni delle emissioni di gas serra indicate dall'Unione europea''. ''Oggi solo in termini di anidride carbonica - ha continuato Pecoraro Scanio - vengono emessi a livello mondiale tra 26 e 28 miliardi di tonnellate l'anno. Con il trend attuale nel 2050 ci saranno 90 miliardi di tonnellate di Co2 in giro per l'atmosfera. Il pianeta con le foreste e gli oceani è in grado di assorbire oggi solo 12 miliardi di tonnellate, il 40 per cento. In futuro le capacità di assorbimento diminuiranno, perché più aumenta il riscaldamento più i sistemi naturali che catturano l'anidride carbonica si indeboliscono. Nel Mediterraneo lo scorso inverno l'assorbimento della Co2 è sceso del 30 per cento perché la temperatura del mare era di due gradi sopra la media. E' urgente tagliare le emissioni perché il processo ci potrebbe sfuggire di mano e diventare incontrollabile''.
''L'Italia ha accumulato dieci anni di ritardo e per colmare questo gap non basta la prima inversione di tendenza nelle emissioni dei gas serra che, secondo le stime dell'Apat, c'è stata nel 2006. E' stato un segnale importante ma occorre un impegno massiccio''.

''L'Italia si scalda più del resto del mondo'' - Il riscaldamento della superficie terrestre è un problema globale. Però in Italia l'allarme è ancor più rosso, se si pensa che negli ultimi cento anni la temperatura nel nostro Paese è cresciuta di un grado, contro lo 0,74 della media mondiale. A rivelare questo dato è uno studio del Cnr, il centro nazionale delle ricerche.
Michele Colacino, del dipartimento Terra e Ambiente del Cnr, ha spiegato quali potranno essere le possibili cause del maggior riscaldamento italiano. La prima riguarda ''l'aumento della temperatura superficiale del Mar Mediterraneo, che diminuisce il suo effetto di raffreddamento invernale della temperatura''. La seconda è più contingente: ''Molte stazioni per il rilevamento della temperatura sono ubicate all'interno delle città, per cui i dati potrebbero risentire delle isole di calore e dell'aumento delle dimensioni delle città''.
Le ondate di calore aumentano, le piogge diminuiscono. Il numero dei giorni caldi registrati nei mesi estivi, da giugno a settembre, è passato dal 10% del decennio 1960-70 al 60% del decennio 1990-2000. Le precipitazioni, al contrario, negli ultimi 50-60 anni, si sono fortemente ridotte: nell'Italia meridionale piove il 12-13% in meno, in quella settentrionale la diminuzione è compresa tra 8 e 9%.
Un altro trend è molto interessante: le precipitazioni leggere o moderate (inferiori a 20 millimetri al giorno) calano, le piogge intense o torrenziali (maggiori di 70mm/g) crescono in maniera intensa. Dati che comportano per l'Italia una doppia penalizzazione: diminuisce l'acqua come risorsa e aumentano gli eventi estremi, quelli che provocano alluvioni, esondazioni, frane, smottamenti e altri dissesti idrogeologici.
Per dare risposte adeguate alla sfida del riscaldamento globale il ruolo della ricerca scientifica è essenziale. Ecco perché dal professor Franco Prodi, direttore dell'istituto Ibimet Cnr di Bologna, parte un invito alle giovani generazioni: ''Il ruolo della ricerca non è mai sufficiente. Dobbiamo convincere i giovani che è questa del clima la sfida del secolo, che la scienza è ancora bella e utile''. Altro che finanza creativa, è nella ricerca il futuro del Paese.

- www.conferenzacambiamenticlimatici2007.it

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13 settembre 2007
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