Sul Congo lo spettro di un nuovo genocidio
Saccheggi, stupri ed assassinii: migliaia di profughi congolesi in fuga da un inferno mai finito
Saccheggi, stupri ed assassinii. Le Nazioni Unite hanno confermato e denunciato venerdì scorso a Ginevra le gravi violenze e violazioni dei diritti umani commesse contro i civili a Goma nel Nord del Kivu (Repubblica democratica del Congo).
Per il Congo si aggira lo spettro di un altro genocidio. Un milione e seicentomila profughi vagano nella giungla senza cibo e senza acqua pulita. Nei prossimi giorni dopo aver mangiato le ultime provviste rimaste rischiano di morire. Già in numerose famiglie hanno dovuto seppellire i più deboli, vecchi e bambini.
La catastrofe umanitaria non è solo a Goma, circondata dalle forze (soldati di etnia tutsi) del generale ribelle Laurent Nkunda. E' in fiamme anche il nord, il triangolo dove si incontrano le frontiere di Uganda, Sudan e Congo. In quell'aera ha colpito il Lord Resistance Army (LRA), letteralmente Esercito di Liberazione del Signore, un gruppo ribelli ugandesi famoso per la sua ferocia.
L'Esercito di Liberazione del Signore è diventato famoso perché assaliva i villaggi e rapiva i bambini. Poi faceva loro un lavaggio del cervello, li terrorizzava, li sottoponeva a pratiche di magia nera e infine, Bibbia in mano, li costringeva a assalire di nuovo il loro villaggio e ammazzare i genitori. Sul loro capo Joseph Kony pende l'accusa di crimini contro l'umanità da parte della Corte Penale Internazionale.
Laurent Nkunda ha dichiarato una tregua unilaterale e ha fatto sapere non si muoverà prima dei risultati delle elezioni americane. Anche lui dunque si mostra sensibile ai media, la cui attenzione ora è focalizzata su chi sarà in nuovo inquilino della Casa Bianca.
I primi camion con gli aiuti per le popolazioni intrappolate nelle aree controllate dalla rivolta sono partiti in queste mattine scortati dai militari della missione dell'Onu in Congo (Monuc). Non si sa bene quanta gente riusciranno a raggiungere. La gente è scappata alla spicciolata non è quindi facile fargli arrivare il cibo necessario a sopravvivere. I coordinatori dell'Onu sono stati chiari sulla loro strategia: "Intendiamo rifornire i centri di raccolta di Rutshcuru e Kiwanja, in modo tale che gli sfollati possano rientrare e trovare da mangiare", ha spiegato Gloria Fernandez, capo di Ocha (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs delle Nazioni Unite). Secondo gli osservatori a commettere violenze e crimini più che i ribelli sono stati gli sbandati dell'esercito governativo, sbaragliati sul campo e costretti a scappare. Durante la fuga hanno saccheggiato, violentato e ammazzato.
La diplomazia intanto resta in attesa. Dopo una breve visita a Goma i ministri degli esteri francese, Bernard Kouchner, e britannico, David Miliband, hanno promesso aiuti umanitari, ma non hanno deciso sull'invio di una forza militare di protezione. Un atteggiamento che sorprende, soprattutto dopo l'esperienza del 1994 quando il mancato invio di una forza di pace europea provocò il genocidio ruandese: in cento giorni furono massacrati 800 mila tutsi e hutu moderati.
I due ministri hanno sollecitato il rafforzamento del contingente di caschi blu che ora conta 17 mila uomini.
Congo in fiamme, morti e saccheggi nell'assedio di Goma
di Daniele Mastrogiacomo (Repubblica.it, 1 novembre 2008)
Assaltati, saccheggiati, dati alle fiamme. Con la gente, in massa, in preda al panico, che afferra quello che può e fugge dai villaggi. Verso nord, verso est, verso la salvezza, le frontiere dell'Uganda e del Ruanda. Dietro, a pochi chilometri, si lasciano l'inferno, le capanne bruciate, le case in terra sbriciolate dai colpi di fucili, i sentieri ridotti ad un pantano dalla pioggia che arriva ad ondate dal cielo e trasforma i crateri provocati dagli obici dell'artiglieria in enormi pozzanghere. Il Nord-Kivu adesso è in fiamme. Nonostante la tregua unilateriale annunciata dai ribelli del generale Laurent Nkunda, gli scontri con l'esercito congolese sono ripresi.
Goma, la città più importante della regione, mezzo milione di abitanti anche ieri appariva deserta. Chi non è riuscito o non ha potuto fuggire, resta tappato in casa. Ascolta le notizie alla radio, si affaccia dalle finestre. Tenta di capire cosa accade più a nord, verso i villaggi di Rutsthuru, Dumez, Nyongera, Kasasa, Kidati. Le notizie che arrivano attraverso i fuggiaschi, riempiono di orrore e di paura. I soldati dell'esercito congolese si sono accaniti sulla popolazione che non è riuscita a fuggire.
Sono entrati nei villaggi, hanno saccheggiato tutto quello che trovavano, hanno sparato, ucciso, mutilato, violentato. E poi, anche per nascondere le prove di una violenza che si ripete, ossessivamente, da almeno due mesi, hanno appiccato il fuoco e distrutto tutto. Voci, testimonianze agghiaccianti. Difficili da verificare. Gran parte del territorio del nord del Kivu è al centro di una battaglia che non ha fronti. I ribelli di Nkunda hanno sferrato l'attacco finale per la conquista di Goma: una conquista simbolica ma strategica in questa guerra dimenticata dal mondo. Prendere Goma significa chiudere un cerchio attorno ai drappelli di soldati congolesi dislocati in un raggio di 50 chilometri. I soldati lo sanno. Si spostano veloci, ripiegando e avanzando sui sentieri ricavati in mezzo alla foresta.
Il fronte del conflitto muta di giorno in giorno e chi si trova in mezzo, schiacciato da milizie demotivate e senza più disciplina, finisce per pagare il prezzo più alto. E' successo a Rutshuru, villaggio di 2000 abitanti. Qui sorgeva uno dei più grandi campi per rifugiati. I ribelli hanno ordinato a tutti di uscire, gli uomini divisi dalle donne. Si sono fatti consegnare cibo, vestiti, attrezzi, animali. Poi è scoppiato l'inferno. Qualcuno forse si è ribellato, altri hanno resistito.
Contadini, gente indifesa, aggrappati alla disperazione e alla dignità. Hanno iniziato a sparare, a colpire con i machete, a mutilare, a violentare le donne. Tra pianti, urla, gente che fuggiva nella foresta, correndo tra i campi sventrati dai colpi di mortaio, dati alle fiamme. La maggioranza è riuscita a scappare, terrorizzata. Verso sud, verso Goma. Ma il campo è stato completamente distrutto dal fuoco. La strategia è chiara: distruggere tutto per creare il deserto. Impedire alla gente di tornare, creare zone cuscinetto di difesa per rallentare l'avanzata dei ribelli del generale Nkunda. Si stima che almeno 50 mila persone siano fuggite dal campo profughi dati alle fiamme. Ma altri duecento, forse trecentomila fuggiaschi vagano senza una meta. Un dramma che coinvolge almeno un milione di persone. Le condizioni sanitarie sono allarmanti. Già si parla di un epidemia di colera. La stagione delle piogge, appena iniziata, rende tutto ancora più difficile. Le strade sono impraticabili, la sicurezza è ridotta al minimo, girano drappelli di uomini armati che rubano, saccheggiamo e violentano.
La proposta francese di inviare sul posto un contingente europeo è stata accolta con freddezza. Kigali, accusata di appoggiare i ribelli, non ne vuole sentire parlare. Kinshasa attende. Ma ieri i presidenti di Congo e Ruanda, Joseph Kabila e Paul Kagame hanno detto di essere d'accordo a partecipare ad un eventuale summit internazionale sulla crisi del Congo.
Dal 2003 ci sono già 17 mila caschi blu dell'Onu ma non sembrano in grado di assolvere il loro compito: affiancano l'esercito congolese ma non assistono più la popolazione civile. Si cerca di ricomporre il filo del dialogo. Tra mille difficoltà. Il ministro degli Esteri francese Kouchner dice "che sta accadendo un massacro mai visto in Africa". E oggi si reca a Goma assieme al collega britannico David Miliband per tentare una mediazione impossibile.
- Perché il Congo fa gola (Limes - Rivista italiana di geopolitica)