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Sul ''decreto abracadabra'' firmato per l'Abruzzo

I sindaci della zona terremotata vogliono vederci chiaro sulle manovre che il governo ha pensato per la ricostruzione

09 maggio 2009

"Abbiamo varato con la Protezione civile un cronoprogramma che prevede in 200 giorni la realizzazione di abitazioni per 12-13 mila persone. A settembre cominceremo a consegnare le prime case. Credo attorno al 20% e poi tutte entro i primi di dicembre. Il 29 settembre è il mio compleanno e vorrei tanto festeggiarlo a L'Aquila consegnando i primi appartamenti".
Queste le parole che Silvio Berlusconi ha detto nei giorni scorsi in televisione, a 'Porta a Porta', dopo aver parlato copiosamente del divorzio con sua moglie...

Da parte sua, Massimo Cialente, sindaco del capoluogo abruzzese devastato dal sisma del 6 aprile, non crede alle parole, seppur belle, e chiaramente dice: "Alla fine il presidente Berlusconi se la dovrà pur prendere, la responsabilità di dire agli italiani e agli aquilani che per ricostruire davvero questa città c'è una sola strada: ci vuole una tassa di scopo". Tutto il resto, aggiunge, "è solo una presa in giro con cui finiremo di costruire nel 2034".
A più di un mese dalla notte che ha devastato l'Aquila, il clima è sempre pesante, e Cialente non è disposto a credere alle promesse senza copertura finanziaria: "Lo chiedo al governo - dice - e se non è in grado intervenga il parlamento: ci diano una mano a fare subito cassa. Nel decreto del 28 aprile i soldi per ricostruire l'Aquila non ci sono; e siccome lo sappiamo tutti che lo Stato non li ha, l'unica via è fare quello che il Paese fece nel '94 per l'alluvione del Piemonte. Si può fare un'una tantum, magari una tassa da restituire nel tempo. Lo so che mettere le mani in tasca agli italiani è difficile e impopolare, ma sono convinto che il Paese sia pronto".
 
Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, giura che le promesse del decreto sulla ricostruzione dell'Aquila e degli altri 48 comuni terremotati, che per la poca chiarezza qualcuno ha già ribattezzato "decreto abracadabra", si avvereranno tutte, perché è "un intervento complesso e innovativo" e perché "i soldi ci sono". "Otto miliardi distribuiti per cassa e per competenza ci sembrano assolutamente sufficienti",  ha assicurato il ministro che poi ha pure garantito: "Se ci sarà bisogno di maggiori risorse ce ne sarà disponibilità".
"Nell'interesse di tutti - ha aggiunto poi Tremonti - chiedo che d'ora in poi non ci sia più nessuna polemica sui soldi falsi e i soldi veri, sulla cassa e la competenza". Se ci sono dubbi, basterà attendere serenamente l'ordinanza che arriverà "la prossima settimana", quella che "attiverà i mutui che lo Stato si accollerà" per concedere il denaro a chi vuole ricostruire casa.

Ma siccome fidarsi è bene e non fidarsi è meglio, i sindaci dei quarantanove comuni dell'area colpita dal sisma, hanno deciso di firmare un documento col quale chiedono di cambiare il "pacchetto ricostruzione" del Governo.
Insomma, quel decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 28 aprile scorso, proprio non piace a nessuno, e senza alcun distinguo politico. "In questa drammatica vicenda la politica c'entra poco o nulla" spiega il sindaco di Acciano, Americo Di Benedetto, promotore dell'iniziativa. Le adesioni al documento sono state raccolte in meno di due giorni. E i tutti punti condivisi subito. Destinatario della missiva il premier Berlusconi, attraverso il capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso.

Sette i punti chiave, le questioni centrali, i passaggi da cambiare.
Punto primo: "Il contributo per chi ha perso la casa deve essere del cento per cento, non solo di 150 mila euro. Così è sempre accaduto per altri terremoti e così deve accadere adesso".
Punto secondo: "Anche i proprietari non residenti devono poter accedere a questo finanziamento".
Punto terzo: "Bisogna subito dichiarare le aree colpite zona franca dalle imposte".
Punto quarto: "Occorre che il Governo metta per iscritto che l'Aquila resterà capoluogo di regione e manterrà tutti gli uffici pubblici presenti sul territorio prima del terremoto".
Punto quinto: "Rimborsare anche chi ha subito danni, ma ha la casa agibile".
Punto sesto: "Mettere in sicurezza tutti gli immobili".
Punto settimo: "No al credito di imposta come contributo. Ben vengano i mutui, ma con lo Stato come garante".
La ricostruzione, chiedono in sostanza i sindaci, non può - nemmeno in minima parte - gravare su una popolazione che già prima del terremoto viveva una difficile situazione economica.
Sulla stessa linea anche il governatore della Regione Gianni Chiodi: "Il rimborso per la casa e le strutture lavorative dovrà essere del 100 per cento" ha dichiarato pubblicamente. Per le modifiche potrebbe essere solo una questione di ore.

L'AQUILA E IL DECRETO ABRACADABRA
di
Antonello Caporale (Piccola Italia, 5 maggio 2009)

E' stato ribattezzato "decreto abracadabra" per le innumerevoli devianze creative con le quali accompagna il processo di ricostruzione dell'Aquila e dei paesini circostanti.
La luna di miele tra gli abruzzesi e Silvio Berlusconi ha subito una prima e significativa increspatura. La lettura approfondita del decreto legge, e la verifica che i soldi all'Abruzzo in gran parte (4,7 miliardi di euro) saranno racimolati dall'indizione di nuove lotterie, dagli interventi sul lotto, e dai sempreverdi provvedimenti anti-evasione, soldi veri niente, e che in più le risorse saranno spalmate su un periodo lunghissimo (da oggi al 2033) hanno creato fremiti di rabbia dapprima isolati e poi sempre più partecipati.
Il tam tam ("Berlusconi ci inganna!") è iniziato, e non è una novità, sui blog. Prima Facebook e poi i partiti. Prima i conclavi nelle tende poi le riunioni istituzionali. Una giovane donna, Rosella Graziani, che sa far di conto, ha messo a frutto tutto il tempo ritrovato e fino alla settimana scorsa inutilizzato per radiografare il decreto legge e poi bollarlo in una lettera pubblica: "Mai nella storia dei terremoti italiani avevamo assistito a una ingiustizia tanto grande e a un tale cumulo di menzogne che ha ricoperto L'Aquila più di quanto non abbiano fatto le macerie".
Quali le menzogne e dove l'inganno? I soldi veri, il cash disponibile che Tremonti rende immediatamente spendibile si aggira sul miliardo di euro. Tolte le spese per l'emergenza, restano 700 milioni di euro destinati alla costruzione delle casette temporanee. E qui il primo punto: 400 milioni saranno spesi per edificarle nel 2009 e 300 milioni nel 2010. Se ne dovrebbe dedurre che la totalità delle case provvisorie sarebbero, è bene riusare il condizionale, realizzate totalmente entro l'anno prossimo. Dunque qualcuno avrebbe un tetto a settembre, qualcuno a ottobre, qualche altro a gennaio, o nella primavera che verrà. E' così? E' il dubbio, maledetto, che affligge e turba.

Secondo punto: le casette sono sì temporanee ma il decreto le definisce "a durevole utilizzazione". Durevole. Moduli abitativi condominiali, magari lindi e comodi, a due o tre piani. In legno. Ecocompatibili, risparmiosi, caldi. Perfetti. Possono durare decenni.
E dunque: sarebbero provvisori ma purtroppo paiono proprio definitivi. E, questa è una certezza, sono le uniche costruzioni ad avere pronta una linea di finanziamento. Piccole e sparse new town. New town aveva detto Berlusconi, no? E le case vere? Quelle di pietra?
Qui la seconda questione campale: sembra, a scorrere gli allegati al decreto, che Berlusconi non possa concedere più di 150 mila euro per la ricostruzione dell'abitazione principale. E per di più questi soldi sarebbero veri fino a un certo punto, perciò la definizione di decreto abracadabra. 50 mila euro li concederebbe - cash - il governo; 50 mila li tramuterebbe in credito di imposta (anticipata dalla famiglia terremotata e ammortizzata in un arco temporale di 22 anni); altri cinquantamila sarebbero coperti con un mutuo a tasso agevolato a carico però del destinatario del contributo.

Non si sa bene ancora se sarà così strutturato il fondo. Le norme del decreto possono subire fino al prossimo giovedì emendamenti e correzioni. Quel che comunque sembra chiaro è che la somma ipotizzata (150 mila euro) ammesso che venga confermata, sarà sufficiente per una casa di tipo popolare e di nuova costruzione, ma totalmente sottodimensionata per finanziare i lavori di recupero e restauro conservativo. Nel centro storico dell'Aquila ci sono 800 edifici pubblici e 320 edifici privati, sottoposti a vincoli per il loro pregio.
Recuperi dispendiosi economicamente e, secondo questo decreto, sostanzialmente a carico dei privati.

Così ieri i sindaci delle aree terremotate si sono ritrovati in conclave e hanno iniziato in un borbottio che è poi sfociato in un documento di dura protesta. "Vogliamo vedere nero su bianco i soldi per la ricostruzione e non solo quelli per le casette transitorie. L'Aquila va costruita dov'era e com'era. Così non sarà: a leggere il decreto i tempi sono dilatati fino al 2033, una data ridicola", ha dichiarato la presidente della Provincia Stefania Pezzopane.
Ai dubbi che già gonfiano i primi timori si aggiunge poi l'offesa istituzionale subita dagli enti locali. Il governo, promotore della prima legge costituzionale a vocazione federalista, ha accentrato ogni potere di spesa negando finanche al sindaco dell'Aquila, città epicentro del terremoto e capoluogo di regione, le funzioni commissariali esecutive. Penserà a tutto, come al solito, Guido Bertolaso...

- I trucchi del "decreto abracadabra" di M. Giannini

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09 maggio 2009
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