Sul negativo radicamento dell'archetipo maschile all'interno del mondo economico-lavorativo
Il ''serbatoio lavorativo femminile'' offre un alto e qualificato tasso di scolarizzazione, per questo motivo gli studi professionali tengono sempre più conto di un così prezioso bacino di risorse. All'accresciuta presenza femminile negli studi legali (35-40%), in quelli medici (55-60%) e in quelli amministrativi (25-30%), (rimane bassa la rappresentanza (16-19%) nell'area tecnica degli ingegneri, architetti e geometri), non fa però riscontro un'adeguata organizzazione del lavoro, che continua a fondarsi ancora su ''archetipi maschili'' distanti dalle esigenze delle donne.
Da una recente ricerca portata avanti da Fondoprofessioni veniamo a conoscenza di come ancora sia radicato l'atteggiamento di rigidità nei confronti delle donna in carriera, ed una consequenziale marginalizzazione di queste. Esiste, quindi, l'esigenza di ripensare le regole e andare verso una nuova organizzazione che rispetti l'identità-diversità femminile rispetto all'uomo. Una riorganizzazione che favorirebbe un sensibile miglioramento nel mondo delle professioni, bisognosi per loro intrinseca conformazione, di innovativi modelli sociali.
L'impiego delle risorse femminili e la capacità di farne tesoro, in Italia ancora basso come abbiamo detto, cambia e si impoverisce col cambiare delle Regioni. Anche in questo caso sono le regioni del Sud che soffrono maggiormente della mancanza ''rosa'' nell'ambito professionale e del mondo lavorativo in generale. Prendendo come esempio (negativo purtroppo) la Sicilia, constatiamo che nel territorio insulare l'occupazione delle donne è ancora bassissima: il 28,2%. Il dato viene fuori da una ricerca condotta ultimamente dell'Università di Palermo. ''Il dato è inferiore rispetto alla media del Mezzogiorno (30%) e d'Italia (45,3%). Tra le cause, una scarsa offerta di servizi pubblici e privati che possano aiutare la donna nella conciliazione lavoro-famiglia'', ha spiegato Vincenzo Lo Jacono, professore di Statistica economica. Per illustrare la situazione e individuare possibili risoluzioni è stato messo a punto e presentato il progetto ''Alfa'' finalizzato alla ricerca di un aiuto concreto per conciliare lavoro e famiglia.
Il progetto, finanziato dal dipartimento Formazione professionale dell'assessorato regionale al Lavoro e affidato a Italia Lavoro, prevede per la popolazione femminile che lavora l'erogazione di voucher di conciliazione spendibili in servizi residenziali e non (asili, case di riposo, servizi diurni per disabili e assistenza domiciliare).
Il professor Lo Jacono ha realizzato una ricerca, basata su interviste a circa ottomila donne siciliane, per evidenziare le difficoltà che le ''ostacolano'' nell'inserimento lavorativo. ''Le siciliane devono ancora fronteggiare - ha spiegato ancora Lo Jacono - i problemi connessi alla conciliazione degli impegni familiari e lavorativi. La limitata partecipazione alle attività economiche deve attribuirsi a due fattori: i modelli socio-culturali che spingono la donna ad assumersi la gestione domestica e la percezione che i servizi pubblici sono numericamente insufficienti, poco flessibili in termini di orario e di servizi offerti''.
Secondo l'indagine, il 94% dichiara di avere da uno a tre figli ''per l'assistenza dei quali - ci dice la ricerca - ci sono pochi servizi comunali o privati, laboratori ricreativi e strutture di appoggio. Circa il 12% di donne con figli dice di occuparsi anche di persone bisognose di cure, come anziani (circa il 50%)''.
Anche in questo caso, dunque, la problematica principale rimane quella di una marginalizzazione strutturale nell'organizzazione del mondo del lavoro, che impedisce l'inserimento della donna nell'importante porzione sociale economico-lavorativa.