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Sul nucleare serve un momento di riflessione...

Addesso sul piano nucleare italiano il governo vuole riflettere con cautela, ma non discute di sospensione

18 marzo 2011

Sul nucleare serve "un momento di riflessione guardando agli eventi che stanno accadendo in Giappone". Ad affermarlo è stato il ministro per lo Sviluppo Economico Paolo Romani, che ha aggiunto: "Tutti devono fermarsi un attimo, dobbiamo capire se gli stress test in Europa garantiscono sicurezza a tutti" e anche se "in Giappone l'evento è stato assolutamente straordinario e imprevedibile per le dimensioni della portata sia del terremoto che dello tsunami, dobbiamo tutti riflettere".
Romani inoltre ha aggiunto che "non si possono fare scelte così importanti come il nucleare senza la condivisione con i territori" e ha ribadito l'importanza "dei parametri di sicurezza garantiti".
Ma "è fuori tempo e inappropriato discutere di stop definitivo al programma nucleare", ha sottolineato allo stesso tempo Romani aggiungendo che "il referendum non è rinviabile". "Dobbiamo capire che cosa sta succedendo in Giappone, adesso ci sono segnali più visibili della gravità", ha proseguito. E "il Consiglio dei ministri europei è la dimostrazione dell'urgenza del tema della sicurezza nucleare". "Le notizie che arrivano dal Giappone sono preoccupanti e quando si parla di una pausa di riflessione - ha aggiunto ancora il ministro - è perché di fronte a un evento come questo accaduto in Giappone, e di cui ancora non sappiamo i dettagli precisi, non possiamo non occuparci di sicurezza". Ritornando sul dialogo e sulla condivisione con i territori per l'installazione delle centrali nucleari in Italia, ha ricordato la complessa procedura per i criteri della scelta dei siti e ha ribadito che comunque "la missione è di farla condividere".

Il tema della sicurezza nucleare "va discusso, per quanto ci riguarda, come minimo a livello europeo". E' quanto ha affermato il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo al Question time, rispondendo a due interrogazioni parlamentari dell'Idv e del Pd. "La tragedia avvenuta in Giappone - ha spiegato il ministro Prestigiacomo - ci insegna che il tema della sicurezza nucleare non può più essere considerato una questione soltanto nazionale o regionale o da affidare ai singoli Stati. I rischi purtroppo e le conseguenze di un serio incidente non ricadono infatti su una singola comunità ma possono interessare più stati se non più continenti". "L'Italia ha da subito manifestato preoccupazione, attenzione per quanto accadeva mai sottovalutando ciò che stava accadendo ed evitando però al contempo di prendere decisioni sulla spinta emotiva. In questo senso - ha continuato il ministro dell'Ambiente al Question time - vanno lette tutte le dichiarazioni del governo secondo le quali l'Italia non modifica il proprio programma".
"La questione energetica - ha chiarito Prestigiacomo - è troppo importante e deve essere affrontata con serenità di giudizio e valutazione. Non può esserci un problema nucleare italiano come non può esserci un problema solo francese, svizzero o tedesco. C'è una questione energetica globale all'interno della quale si inserisce l'opzione nucleare attuale o futura di gran parte dei paesi europei ed è evidente che diversa deve essere la reazione e, diversa è la condizione politica di un paese che ha in esercizio una centrale magari di generazione analoga a quella giapponese rispetto a un paese come il nostro, che ha in corso un processo di rientro al nucleare ma non ha oggi centrali attive sul suo territorio".
Secondo Prestigiacomo si tratta di "un problema serio che riguarda tutti i paesi europei" dove sono attive 150 centrali. "Nessuno dei paesi europei a cui vanno aggiunti Stati Uniti, Messico, India, Cina, Argentina, Canada, hanno annunciato l'intenzione di uscire dal nucleare ma esiste comprensibilmente in tutti l'esigenza di mettere in campo iniziative che puntino a verificare le condizioni di sicurezza". Prestigiacomo ha quindi citato gli esempi della Germania che "ha 17 centrali attive e programma di dismettere le più obsolete, la Svizzera che ha 5 centrali e intende bloccare il progetto per la costruzione delle nuove centrali ma non chiude quelle in esercizio, così la Francia che ha 58 centrali attive e annuncia che controllerà ad a una una le sue centrali ma non intenderà chiuderle". Il governo italiano dunque "intende affrontare la questione della sicurezza nucleare in senso europeo e impronterà le sue decisioni all'interno di ciò che sarà discusso a livello dell'Unione europea".

Sulla questione nucleare italiana, l'agenzia Dire ha "catturato" un dialogo fra il ministro Prestigiacomo, il portavoce del premier Bonaiuti e il ministro dell'Economia Tremonti: "E' finita, non possiamo mica rischiare le elezioni per il nucleare. Non facciamo cazzate. Bisogna uscirne ma in maniera soft. Ora non dobbiamo fare nulla, si decide tra un mese".
Per giorni il governo ha insistito sulla bontà della politica delle centrali, soprattutto per bocca del ministro dell'Ambiente. Ma a poco a poco sono affiorati i distinguo, anche sull'onda delle resistenze dei Governatori. Ma il vero punto di svolta è arrivato nel giorno della festa dei 150 anni, con una nota a firma di Umberto Veronesi. E cioè del celebre oncologo ed ex senatore del Pd, che ha lasciato Palazzo Madama per diventare presidente dell'Agenzia per la sicurezza nucleare.
Veronesi ha dettato una lunga dichiarazione: "Le gravi vicende dei quattro reattori giapponesi impongono inevitabilmente a chi, come me, ha deciso di occuparsi di sicurezza degli impianti nucleari e di salvaguardia della popolazione, di mettere da parte lo sgomento e prendersi una pausa di riflessione profonda. Le caratteristiche di eccezionalità degli eventi giapponesi, dove al terremoto si è associato lo tsunami e poi l'incidente atomico, ha risvegliato in tutti noi paure ataviche e visioni apocalittiche, oltre che dolore e solidarietà sincera per la gente e per gli eroi, tecnici e scienziati, che tentano in ogni modo di salvarla. Io rimango convinto che il mondo non può fare a meno del nucleare per sopravvivere, tenendo conto che petrolio, carbone e gas hanno i decenni contati e che sono nelle mani di pochissimi Paesi, che stiamo avvicinandoci ai 7 miliardi sul Pianeta con bisogni sempre maggiori di energia, e che le altre fonti di energia non sono attualmente sfruttabili in modo tale da assicurare la copertura del fabbisogno.
Dopo l'incidente delle centrali nipponiche tuttavia non posso evitare di pormi degli interrogativi. A cominciare dai sistemi di sicurezza delle centrali di Fukushima: perché non sono stati in grado di essere attivati con efficacia? Dobbiamo concludere che erano insufficienti? Mi domando poi se i modernissimi reattori di terza generazione avanzata di cui vorremmo dotarci avrebbero resistito a uno tsunami di quella portata, e se siamo sicuri che sia più opportuno e più sicuro avere pochi reattori di grande taglia, piuttosto che dotarci di una rete di minireattori. Per rispondere a queste e ad altre domande, vorrei personalmente approfondire e riesaminare i piani (che peraltro ho sempre ritenuto eccellenti) di sviluppo nucleare del nostro Paese, anzi dell'Europa. Noi abbiamo il vantaggio di ripartire da zero e di poter fare scelte libere da vincoli e siamo quindi nelle condizioni migliori per decidere con coscienza, prudenza, intelligenza, e senza fretta".
E prima della parola dello scienziato, è arrivata quella del politico, Paolo Romani: "Non obbligheremo nessun territorio ad ospitare una centrale nucleare, anche se la legge lo consentirebbe". Per il presidente dei Verdi Bonelli, le parole di Romani sono un inganno: "Solo per far calmare le acque".

IL REFERENDUM DI GIUGNO - L'effetto Giappone s'impone nel dibattito sul nucleare e pesa sulle scelte dei partiti in vista del referendum di giugno. Un evento che condiziona non solo l'atteggiamento delle forze politiche. I sondaggi, infatti, raccontano di una repentina virata per il no dopo i timori per il disastro nucleare a Fukushima. E non sarà un caso se il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ha sciolto gli indugi e dichiarato che i democratici si impegneranno per il fronte del no con Idv e Sel.
Ma si profila una spaccatura nel blocco delle opposizioni: l'Udc non muta linea e conferma il sì al ritorno al nucleare voluto dal governo. "Seguire la demagogia è sbagliato", dice Pier Ferdinando Casini. Tuttavia, complice l'orientamento dell'opinione pubblica, anche nella stessa maggioranza la questione sta diventando spinosa. Contando poi che aumenta il numero dei presidenti di regioni, anche di centrodestra, che non vogliono centrali nel loro territorio.
Fattori che messi assieme inducono il governo a una linea più soft. Vedi il ministro Stefania Prestigiacomo: dal "la linea del governo non cambia" alla cautela: "l'esecutivo non è né cieco né sordo rispetto alle notizie che giungono da Tokyo, ed è evidente che la nostra scelta di rientrare nel nucleare ci induce ulteriore attenzione". Il Pd chiede non solo 'ulteriore attenzione' al governo, ma una vera e propria moratoria sul nucleare. Una pausa di riflessione, insomma. I democratici, del resto, hanno già da tempo, ben prima della tragedia in Giappone, un solido e ampio fronte antinucleare capeggiato anche dagli ambientalisti Ecodem.
Dal governo, dunque, cautela e riflesssione ma nessuna sospensione, anche perché il ritorno al nucleare è sempre stato un cavallo di battaglia del premier Silvio Berlusconi, tuttavia ci sarà un maggiore approfondimento. "L'incidente nella centrale giapponese, che seguiamo con preoccupazione, ci spingerà ad approfondire ulteriormente i temi della sicurezza, e i problemi di sismicità dei siti", garantisce Prestigiacomo ricordando che l'Italia "a differenza di altri paesi Ue, non ha centrali nucleari. E quindi affrontiamo problematiche diverse da quanti hanno centrali di II generazione in funzione".

Una nuova generazione di centrali, dunque, con standard di sicurezza più avanzati. Ma l'argomentazione non convince Bersani che chiede al governo di fermarsi. "Mettersi adesso a localizzare i siti delle centrali - dice il segretario del Pd - è assolutamente senza senso". Di più, "è da irresponsabili" perché "significa ignorare totalmente le sensazioni dell'opinione pubblica che chiede di fermarsi e riflettere. Noi - aggiunge - siamo a favore del blocco del piano nucleare, chiediamo che il referendum venga abbinato alle amministrative. Noi abbiamo detto no prima dei fatti del Giappone, ci sono problemi di tecnologie e di sicurezza".
Il referedum sul nucleare di giugno (se sarà confermato visto che va avanti la battaglia per l'Election day) sarà il terreno di scontro e in prima linea c'è l'Idv che quella consultazione l'ha promossa. "Ci auguriamo - dice Antonio Di Pietro - che i cittadini vadano in massa a dire no al nucleare. Proprio mentre i maggiori Paesi rivedono la loro posizione, mentre le nuove tecnologie rendono inutile il ricorso al nucleare, il nostro governo vuole mettere in cantiere 13 centrali nucleari".
Ignazio Marino del Pd vede nella corsa al nucleare anche una spinta economica: "Anche in questa circostanza l'unica molla che spinge la cricca di governo è quella degli affari e degli interessi economici. L'energia nucleare, infatti, rappresenta un vantaggio solo per coloro che riceveranno dallo Stato l'incarico di costruire le centrali dal momento che nessun imprenditore privato sceglierebbe mai di investire il proprio denaro in un settore così costoso e rischioso".
Nel Terzo Polo se l'Udc resta sul sì al nucleare più composita la situazione in Fli. Fabio Granata chiede si lasci libertà di coscienza. "Sui referendum lasciamo libero il nostro elettorato di scegliere cosa votare. Io voterò contro il nucleare", dice Granata mentre ad esempio il collega Adolfo Urso si è dichiarato per il sì. "Sui referendum è giusto essere liberi. Nel partito non abbiamo mai discusso questi argomenti e comunque abbiamo opinione diverse", osserva Granata.
Poche dichiarazioni dal Pdl. Parla Maurizio Gasparri, capogruppo in Senato: "Anche le dighe sono pericolose e comunque non ci sono centrali nucleari da aprire domani mattina", osserva Gasparri ricordando che, tra l'altro, "il nostro Paese ha centrali nucleari molto vicine ai suoi confini". Aggiunge Fabrizio Cicchitto: "C'è un ragionamento di approfondimento, ma guai a noi se ci facciamo prendere da un meccanismo per cui seguiamo le tendenze del momento".

PER MARGHERITA HACK IL REFERENDUM SARA' SOLO UNO SPRECO DI SOLDI PERCHE' VINCERA' IL NO - "Fare un referendum ora significherebbe solo buttare soldi perché è ovvio che con la paura non si può trasformare un Paese in un mondo di scienziati che valutano razionalmente i rischi e i non rischi". E' quanto ha affermato l'astrofisica Margherita Hack, intervenuta ad un dibattito sul nucleare con il responsabile scientifico di Legambiente, Stefano Ciafani.
Secondo l'astrofisica "sull'onda dell'emozione come avvenne dopo Chernobyl, il referendum sarà certamente contro il nucleare". Quanto al nucleare, Hack si dice convinta che "è meno inquinante del petrolio che prima o poi si esaurirà. Noi - dice - compriamo energia nucleare e siamo dipendenti in tutto e per tutto per il petrolio". Per questo la scienziata si dice favorevole al nucleare, mentre sui possibili rischi sostiene che "ce ne sono così come in qualsiasi impresa tecnologica, come ce ne sono stati e ce ne sono ancora nel viaggiare nello spazio, ma altrimenti il progresso non andrebbe avanti".
Sulle politiche energetiche, inoltre, l'astrofisica 'bacchetta' il nostro paese nel quale "si dovrebbe consumare meno". E cita un esempio: "si continuano a costruire palazzi di vetro che diventano serre d'estate e frigoriferi d'inverno, con un'enorme spreco di energia per riscaldarli e condizionarli". O ancora: "sulla raccolta differenziata paghiamo la Germania per smaltire i nostri rifiuti, con i quali loro si riscaldano le città, potremmo farlo noi. E invece la differenziata nel nostro Paese si fa poco e in molte parti d'Italia stiamo ancora a zero. Questo perché - conclude - noi siamo governati da ignoranti".
Sul referendum, invece, il responsabile scientifico di Legambiente si è augurato che "gli italiani votino a prescindere dall'emotività. Per questo - ha detto - chiediamo a tutti di informarsi per fare una scelta consapevole al referendum di giugno". Secondo Ciafani, "c'è un'ampia miopia della politica nel mettere in piedi politiche serie" per incentivare le fonti rinnovabili sulle quali, sempre secondo Legambiente, l'Italia deve puntare per sostituire il nucleare. "L'Italia - ha spiegato - importa energia dall'estero pagando una bolletta molto alta ed è ancora indietro nell'applicare i protocolli nella lotta ai cambiamenti climatici, problemi energetici che non riuscirà ad affrontare con il ritorno del nucleare. Se pensiamo che per le centrali si dovrebbero spendere 50-70 miliardi di euro per coprire appena il 6-7% del bilancio energetico nazionale ci sembra un esborso spropositato rispetto al contributo che verrebbe da questa fonte".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Repubblica.it]

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18 marzo 2011
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