Sul referendum del 17 aprile
Anche i siciliani parteciperanno al referendum sulle estrazioni petrolifere a mare
I siciliani, come gli altri cittadini italiani, parteciperanno al referendum sulle estrazioni petrolifere a mare, proposto da nove regioni italiane. La Regione siciliana non è fra le regioni che hanno voluto il referendum.
Il quesito verte sulla norma che permette alle piattaforme a mare, attualmente ubicate all’interno delle dodici miglia dalla costa, circa 22 chilometri, di estrarre petrolio fino allo sfruttamento totale del giacimento. Il governo italiano, infatti, ha deciso di non concedere altre autorizzazioni per la ricerca di idrocarburi offshore. I progetti di ricerca, giunti in gran quantità al Ministero competente, infatti sono stati rigettati.
Ma questo non ha evitato la consultazione popolare, che viene spiegata dai promotori con la necessità di "imporre" al governo un cambio della politica industriale, ambientale ed energetica all’Italia. Basta con il fossile, il Paese dovrebbe puntare sul turismo, l’ambiente, l’agroalimentare. Una svolta radicale, insomma. Con quali conseguenze per un’economia acciaccata dalla crisi mondiale e dall’alto debito pubblico italiano?
Ventisette le autorizzazioni negate, in aree precluse a nuove attività, perché ricadenti (nove) nelle acque territoriali italiane. Dodici le istanze parzialmente ricadenti nelle dodici miglia sono state rigettate "per la parte interferente". E’ uno stop parziale all’estrazione di petrolio e gas.
La Sicilia, che pure non fa parte del Comitato referendario, è interessata al referendum in modo diretto, perché nel canale di Sicilia si trovano alcune piattaforme offshore. In caso di vittoria del "SI" al referendum, dovrebbero essere smantellate le piattaforme "siciliane" ed al largo delle Isole Tremiti. Sarebbe un grosso problema, perché le autorizzazioni all’estrazione al largo di Agrigento, Gela e Pantelleria, fanno parte di un "patto" sottoscritto fra governo e Eni, che impegna l’Azienda a mantenere i livelli occupazionali nel petrolchimico di Gela.
Sono attualmente 117 le piattaforme a mare, 30 i siti di produzione a terra, con investimenti dell’ordine di 17 miliardi in quattro anni.
I permessi di ricerca vigenti sono 11 nel canale di Sicilia, 4 nelle Marche, 2 in Puglia, 1 in Sardegna e 1 nell’Adriatico settentrionale. L’area "autorizzata" si estende per 10.266 chilometri quadrati, le concessioni per l’estrazione per 1,786 km quadrati (le richieste per nuove ricerche 17.644 km quadrati). C’è un tesoro "sotto terra" che vale nove miliardi di euro l’anno, avverte Assomineraria. Il risparmio in bolletta è di 4,5 miliardi di euro l’anno.
Nel 2014 sono stati estratti 5,7 milioni di tonnellate di petrolio, 7,3 miliardi di metri cubi di gas naturale. Le estrazioni petrolifere coprono il 10,3 per cento del fabbisogno italiano di petrolio e l’11,8 del consumo di gas.
La dipendenza energetica italiana, calcolata al 2025, ammonterebbe al 74 per cento di petrolio e gas, mentre oggi si attesta, rispettivamente al 35 ed al 39 per cento (petrolio e gas). Il 60 per cento del fabbisogno di gas viene soddisfatto dai gasdotti algerini e russi.
A Pace del Mela e San Filippo del Mela si sono svolti i referendum sull’installazione di un inceneritore nella centrale elettrica dell’Enel. A Pace del Mela ha vinto il "no" con il 98,5 sul 54,4 per cento di votanti. Quorum raggiunto, verdetto inequivocabile. A San Filippo del Mela, l’altra cittadina interessata all’inceneritore, invece non è stato raggiunto il quorum dei votanti, e quindi la consultazione popolare non ha dato alcun esito.
Sembra prevalere il no, comunque. Gli umori degli italiani sui temi ambientali sono abbastanza netti. Il referendum sul nucleare, largamente bocciato, non lascia dubbi. [Fonte: SiciliaInformazioni.com]