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Sull'indipendenza della magistratura

Il Guardasigilli: ''I giudici sono soggetti soltanto alla legge''. L'Anm: ''No alla demonizzazione delle correnti''

26 gennaio 2010

Va posto un argine ai tentativi della politica di limitare l'indipendenza e l'autonomia dell'ordine giudiziario ma, nel contempo, va anche evitato l'avvento di una "democrazia giudiziaria", ossia eccessivamente condizionata dal potere dei magistrati sulla politica.
E' questo uno dei passaggi centrali dell'intervento del presidente della Camera Gianfranco Fini, alla presentazione del libro 'Magistrati', scritto da Luciano Violante e presentato ieri alla sala della Lupa a Montecitorio.
"Il diritto penale - ha osservato Fini - da tecnica eccezionale di regolamentazione sociale, è diventato modo normale di legiferare, con ovvio sovraccarico di aspettative in ordine alle funzioni di questa branca del diritto". "In questa situazione il pm e il giudice hanno un margine di discrezionalità troppo ampio rispetto alla scelta di come qualificare giuridicamente un fatto. Come giustamente sottolinea Violante, giudici diversi e, molte volte, lo stesso giudice dopo un breve lasso di tempo (per esempio, la stessa sezione della Cassazione o del Consiglio di Stato) forniscono interpretazioni diverse e qualificazioni giuridiche differenti dello stesso fatto. L'ampiezza della discrezionalità porta all'incertezza del diritto, che è una minaccia reale per i diritti dei cittadini". Tuttavia occorre continuare a garantire l'equilibrio tra i poteri dello Stato. In questa "costante ed essenziale ricerca va mantenuto il valore irrinunciabile dell'indipendenza della magistratura, sia giudicante che requirente, ma va anche evitato l'avvento di una 'democrazia giudiziaria'. Per realizzare tutto ciò, occorre, da un lato, porre un argine alle tentazioni della politica di condizionare l'indipendenza della magistratura con norme che mirino alla sua sottoposizione politica e, dall'altro - ha concluso Fini - occorre valorizzare, con riferimento ai magistrati, il principio di responsabilità, che consiste nell'adempiere ai doveri di ufficio con imparzialità e rigore deontologico".

L'indipendenza della magistratura non è in discussione, ha osservato da parte sua il Guardasigilli Angelino Alfano, ma occorre salvaguardarla rispetto ai condizionamenti interni. "La magistratura e i giudici - ha sottolineato il Guardasigilli - sono autonomi e indipendenti e sono soggetti soltanto alla legge. Questo è l'impianto della Costituzione, il tema concreto, per come vedo io oggi l'equilibrio nei rapporti tra la magistratura e la politica, è ribadire sempre e comunque che la legge la fa il Parlamento". Quindi il tema da prendere in considerazione, ha detto ancora Alfano, "non è quello dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura", perché "il Governo ha più volte ribadito che non vi è alcuna intenzione di porre in dubbio questo valore", considerato "un sacro ed inviolabile recinto", ferme restando "la sovranità, l'autonomia e l'indipendenza della politica nelle scelte legislative". Occorre allora riflettere sul "tipo di indipendenza della magistratura", perché "se esiste un rischio di indipendenza della magistratura oggi è l'indipendenza interna, cioè il rapporto che vi è tra ciascun magistrato e i meccanismi di funzionamento delle carriere, delle vicende disciplinari, di tutte le scelte che evocano e chiamano ogni giorno in giudizio le valutazioni nei confronti dei singoli magistrati e le correnti organizzate per altro verso".

A stretto giro la replica di Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale di magistrati: "Diciamo no a tutto ciò che riguarda la demonizzazione delle correnti, sì a tutto quello che invece può portare ad una seria riflessione sulle problematiche interne. Chiediamo però con forza riforme urgenti della giustizia".
Il presidente del Consiglio superiore della magistratura Nicola Mancino suggerisce: "Andate sul territorio e vedete se i magistrati rispondono che sono condizionati".

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26 gennaio 2010
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