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Sulla grazia a Bruno Contrada. Gravi le condizioni di salute dell'ex funzionario Sisde, forti le polemiche tutt'ora in corso

27 dicembre 2007

"Lo stato di salute di Bruno Contrada si aggrava ma ancora il magistrato di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere non ha deciso sulla nostra richiesta di scarcerazione per motivi di salute: ogni ora di ritardo può essere letale".
Sono queste le ultime informazioni riguardanti lo stato di salute dell'ex numero tre del Sisde, condannato a 10 anni di reclusione per concorso in associazione mafiosa e arrestato il 24 dicembre del '92. Informzioni date dal legale di Contrada, l'avvocato Giuseppe Lipera, che ha anche annunciato di "avere inviato un fax di sollecito al giudice Daniela Della Pietra". "Contrada - ha sottolineato il penalista - non riesce a dormire, nonostante assuma dei sonniferi, per lo stato di ansia e agitazione, che non riescono a calmare neppure le gocce di sedativo. E' in forte stato di astenia perchè si alimenta pochissimo ed ha tachicardia e difficoltà a respirare”.
E proprio per via del precario stato di salute dell'uomo che il suo difensore nei giorni scorsi ha avviato la procedura per la concessione della grazia, procedure che sono state subito poste all'attenzione del governo e per le quali il ministro della giustizia Clemente Mastella, ha dato la propria disponibilità a far sì che i tempi del provvedimento di clemenza siano accelarati.

Sia la richiesta avanzata dall'avvocato di Contrada, sia l'atteggiamento di Mastella hanno scatenato una serie di furenti polemiche, risvegliando il cosiddetto ''fronte dell'animafia'' che si sono dette assolutamente contrarie con la scarcerazione dell'ex funzionario del Sisde.
Indignata, Rita Borsellino, sorella del giudice Paolo e leader dell'opposizione in Sicilia, ha espresso nei giorni scorsi la sua secca opinione: “Contrada è stato condannato per reati commessi tradendo la sua funzione di servitore dello Stato, quello stesso Stato per cui Giovanni (Falcone, ndr), Paolo (Borsellino, ndr) e tanti altri rappresentati delle istituzioni hanno consapevolmente dato la vita”. “Comprendo i sentimenti di pietà che si possono avere nei confronti di un uomo nelle condizioni di Contrada - ha aggiunto-, ma la sua vicenda giudiziaria ha sempre lasciato l'alea del dubbio sul fatto che il dirigente del Sisde abbia detto fino in fondo ciò che sapeva sulle complicità di parte delle istituzioni con l'organizzazione mafiosa. Uno Stato deve sapere distinguere e ricordare - ha concluso - altrimenti il rischio, dirompente per un Paese democratico fondato sulla giustizia, è che domani possa apparire legittima e dovuta anche la grazia ai boss mafiosi”.
Per Elisabetta Caponnetto, vedova del fondatore del pool antimafia di Palermo, Antonino Caponnetto: “La grazia è un'ingiustizia rispetto a quelle persone che hanno perso parenti. Perdere qualcuno è come una malattia che non si può curare, staranno sempre male”. Quanto a chi parla di pietà, la vedova Caponnetto ha affermato che anche “la pietà deve avere una graduatoria”.
Sulla stessa linea è Giovanna Maggiani Chelli, portavoce dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili.

E se da una parte esponenti del centrodestra si schierano a favore di Contrada, dall'altra parte in ordine sparso si registrano “forti perplessità” e si consiglia di “percorrere strade alternative”.
Nei giorni il dibattito è divenuto sempre più forte, ed i Radicali hanno sottolineano che: “La grazia non può essere messa ai voti, come sembrano voler fare le sconsiderate campagne di alcuni mezzi di informazione”.
Forse anche rispetto a questa alternanza di sentimenti, il comico Beppe Grillo, sul suo blog ha scritto: “Mastella non si ferma neppure a Natale”. E dopo un breve riassunto della vicenda, ha attaccato: “Propongo uno scambio al ceppalonico: Vallanzasca al posto di Contrada. Vallanzasca almeno non era pagato da noi per delinquere nei servizi segreti e si è sempre esposto in prima persona” (leggi).

Rosanna Scopelliti, figlia del magistrato calabrese ucciso dalla mafia nel 199, ha affermato: “La pietà umana nei confronti dello stato di salute di Contrada deve sapersi coniugare con la certezza dell'espiazione della pena, visto che in questo Paese la sola certezza della pena, tra un indulto, una prescrizione ed un patteggiamento, non è garantita appieno. Confido nel buon senso del Capo dello Stato”.

I sette fratelli di Bruno Contrada si dicono “rattristati dal sentire affermazioni tanto crudeli” in particolare da parte “della signora Rita Borsellino”, della quale “rispettano il dolore” e alla quale chiedono “rispetto per le sofferenze subite per 15 anni” da un uomo “condannato ingiustamente” e per il quale è stato avviato l'iter per la grazia, ipotesi ritenuta “grave” dalla sorella del magistrato. “Ma le discussioni sulla condanna sono ultronee - affermano Elisa, Romano, Vittorio, Maria Rosaria, Carlo, Ida e Anna Contrada - nostro fratello sta male davvero ed ha settantasei anni e mezzo e potrebbe morire in qualsiasi momento e la signora Rita Borsellino, che è farmacista, questo lo dovrebbe capire meglio di chiunque”.

Infine alle numerose dichiarazioni sulla proposta di concedere o meno la grazia a Bruno Contrada, è intervenuto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che in una nota della presidenza ha affermato seccamente: "A proposito dell'intensificarsi di dichiarazioni e di appelli in merito al 'caso Contrada' si fa notare che il Presidente della Repubblica ha ben presente, di fronte a qualsiasi domanda di grazia, tutte le ragioni da prendere in considerazione, quanto stabilito dalla Corte Costituzionale e le procedure da rispettare. Qualsiasi provvedimento in materia di differimento della pena, basato sulla gravità delle condizioni di salute dei condannati che stiano scontandola in carcere, è - com'è noto - di esclusiva competenza della Magistratura di sorveglianza".

IL CASO BRUNO CONTRADA - Bruno Contrada venne arrestato il 24 dicembre del 1992. L'accusa formale fu di concorso esterno in associazione mafiosa. L'ex funzionario del Sisde fu accusato di intrattenere rapporti con 'Cosa Nostra' tramite il conte Arturo Cassina, grande appaltatore palermitano, amico del boss Stefano Bontate. Dopo l'uccisione di Bontate nel 1980, Contrada avrebbe mantenuto contatti con i nuovi potenti di Cosa Nostra, i corleonesi di Totò Riina.
Lui ha sempre respinto ogni accusa: "Sono un uomo di Stato". Messo all'indice "per vendetta" da criminali che lui stesso aveva perseguito e fatto finire in carcere.
L'odissea di Contrada inizia il giorno del suo arresto, il 24 dicembre 1992. In carcere rimase per trentuno mesi malgrado ricorsi presentati perfino alla Corte europea per i diritti dell'uomo. Il 12 aprile del '94 iniziò il primo processo a suo carico, e il 19 gennaio del '96, al termine di una requisitoria protrattasi per 22 udienze, il Tribunale inflisse all'ex poliziotto 10 anni di reclusione e tre di libertà vigilata. Il verdetto di primo grado fu però ribaltato dalla Corte d'Appello di Palermo che nel 2001 assolse Contrada.
Ma il 12 dicembre del 2002 la Cassasione riaprì il caso, annullando l'assoluzione e dispondendo un nuovo giudizio. La Corte d'Appello di Palermo, nel 2006, pronunciò la sentenza di condanna confermata in Cassazione il 10 maggio scorso.
[clicca qui per approfondire il caso]

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27 dicembre 2007
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