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Sulla mortificazione della Giustizia. La denuncia dei giudici siciliani per l'inaugurazione dell'Anno giudiziario

29 gennaio 2007

La scorsa settimana, nelle varie Corti d'appello italiane, si è svolta l'inaugurazione dell'Anno giudiziario. L'anno scorso furono le toghe a disertare clamorosamente le cerimonie nei distretti in polemica con il ministro Castelli, quest'anno sono stati gli avvocati a non assistere all'inaugurazione in polemica con la legge Bersani sulla liberalizzazione della professione forense.
La protesta dei legali ha fatto da contraltare al nuovo clima di dialogo tra le toghe e il mondo politico sottolineata da alcuni procuratori e ribadita dal ministro della Giustizia, Clemente Mastella, presente a Napoli, e dal vice presidente del Csm, Nicola Mancino, a Salerno.
I tempi lunghi dei procedimenti, la scarsità di risorse per fare fronte al carico di lavoro e gli effetti delle indagini particolarmente eclatanti e delicate sono state il motivo conduttore delle relazioni dei responsabili degli uffici giudiziari italiani.

In Sicilia, e per la precisione a Catania, Guido Marletta, presidente della Corte d'appello etnea (che comprende anche Siracusa, Ragusa, Caltagirone e Modica), nella sua relazione introduttiva all'inaugurazione dell'anno giudiziario ha proprio affrontato la questione della scarsità di risorse di cui la Giustizia, in particolar modo quella isolana, soffre.
''Le restrizioni di bilancio e l'ulteriore riduzione delle spese non potevano non incidere in senso peggiorativo sulle dotazioni per l'amministrazione della giustizia'', ha detto Marletta, rilevando inoltre che ''l'organico di magistratura degli uffici giudicanti e requirenti è pressoché inadeguato''.
''Il punto critico'', ha detto il magistrato, è che le restrizioni ''sono irrazionali ed ancorati a una cultura del servizio della giustizia che non può essere condiviso'', perché, ha spiegato il presidente Marletta, ''sono disposte a tappeto, senza la minima considerazione della peculiarità di moltissimi servizi della giustizia''.
''Nel settore dell'amministrazione della giustizia - ha sottolinea il giudice - non può operarsi alcun serio rapporto tra costi e benefici in una visione strettamente aziendalistica che non tenga conto del rilievo per cui la giurisdizione è garanzia ineliminabile per tutti indipendentemente da costi dei servizi e vantaggi economici per lo Stato o i singoli utenti''. Secondo Marletta il problema economico incide sulle strutture, sul numero dei magistrati in servizio, sui materiali utilizzati e ''investe pesantemente anche la posizione del personale giudiziario'' che è ''spesso mortificato da trattamenti economici e normativi non adeguati''.

All'inaugurazione palermitana si sono invece tirate le somme dell'attività giudiziaria del 2006. Dall'arresto di Bernardo Provenzano all'ultima operazione contro la cosca di Salvatore Lo Piccolo, la pressione repressiva sulla mafia ha raggiunto altri risultati significativi. E tuttavia Cosa nostra continua a esercitare ancora in Sicilia un controllo forte e capillare sull'economia e perfino sulla politica. A confermarlo le inchieste più recenti che il presidente della corte d'appello di Palermo, Carlo Rotolo, ha richiamato nella sua relazione per il nuovo Anno giudiziario.
I rapporti di collusione si realizzano in quella ''zona grigia'' su cui da tempo, ha ricordato Rotolo, si orientano le indagini più importanti. Tra le altre la relazione ha citato quella scaturita dalla collaborazione di Francesco Campanella, già presidente del consiglio comunale di Villabate, il quale ha ''riferito anche del ruolo di alcuni esponenti politici di rilievo regionale e di alcuni imprenditori non solo siciliani''. Sono proprio loro, ha sottolineato Rotolo, a trarre dal rapporto con le cosche ''forza e vantaggi di vario tipo''.
Nella relazione del presidente della Corte d'appello anche un riferimento agli sbarchi di extracomunitari in Sicilia, e in particolare nei confronti della sempre maggiore presenza di bambini e di minori, che arrivano nelle coste siciliane mescolati agli altri disperati trasportati dalle ''carrette del mare'', e che spesso non sono neppure accompagnati. Bambini che senza genitori né parenti, di regola finiscono nel giro della prostituzione e della criminalità.

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29 gennaio 2007
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