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Sulla possibile nuova stagione stragista della mafia...

Il ministro Alfano prospetta una possibile ripresa dello stragismo, ma per gli investigatori "non ci sono segnali in questa direzione"

05 dicembre 2013

Un silenzio che dura da oltre un anno e che potrebbe significare due cose, arretramento da un lato e riorganizzazione dall'altro: dopo le parole del ministro dell'Interno Angelino Alfano su una possibile ripresa dello stragismo mafioso, gli investigatori che da anni si occupano di Cosa nostra ripetono che, allo stato, le attività sul territorio non hanno fatto registrare segnali in questa direzione.
Ciò non vuol dire che la mafia non rappresenti più un pericolo e che si possa abbassare l'attenzione: in primo luogo perché resta ancora da assicurare alla giustizia quello che è considerato a tutti gli effetti il numero uno di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro. E secondo perché proprio il "silenzio operativo" che si registra a Palermo e dintorni può nascondere una strategia precisa decisa dalle cosche per rimettersi in sesto dopo i colpi subiti dallo Stato.

Quel che è certo, dice chi si occupa di mandamenti e famiglie mafiose, è che gli arresti da un lato e i risultati delle indagini patrimoniali dall'altro hanno messo Cosa nostra in seria difficoltà. Le estorsioni restano l'attività primaria, ma sono più una necessità pratica che un reale controllo del territorio. E le cosche sono tornate a interessarsi in maniera pesante del traffico di droga, sia sui mercati internazionali sia con il controllo delle piazze di spaccio. Si è quindi di fronte a un "indebolimento strutturale", come sosteneva la Dia nell'ultima relazione inviata al Parlamento, cui fa seguito "una perdita di credibilità, non essendo più quel sistema in grado di garantire un effettivo esercizio di potere e il godimento di antichi privilegi".

Il vero problema di Cosa nostra oggi, dice un investigatore, è "il carcerario": i boss storici, decine di killer e manovali delle estorsioni sono in prigione, quasi tutti in regime di 41 bis. Un problema non più affrontabile con i metodi di un tempo, vista sia la reale debolezza dell'organizzazione sia la frantumazione dello scenario politico e l'impossibilità di trovare un interlocutore forte, che possa realmente rispondere alle richieste delle cosche. E non è un caso che il calo dei votanti alle elezioni che hanno portato Rosario Crocetta alla guida della Regione venga letto dagli investigatori proprio in questa chiave.
L'altro elemento che viene evidenziato è che il silenzio potrebbe essere il frutto di una reale incapacità di riorganizzarsi per via dell'assenza di leadership e di un vertice in grado di far stare insieme le varie anime dell'organizzazione, ricomporre le fratture tra le cosche e mettere in campo una progettualità unica. La sfida che stanno affrontando gli investigatori è quindi capire cosa realmente si nasconda dietro questo silenzio e quali siano le reali forze in campo oggi.

Ben diverso il discorso delle minacce ai magistrati, in primis quelli che coordinano l'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, ai quali è stato rafforzato il dispositivo di sicurezza personale. Il rischio per quelle figure più esposte è reale e, dicono gli investigatori, potrebbe arrivare non solo da una decisione calata dal vertice di Cosa nostra, tutta comunque da verificare, quanto da schegge impazzite, singoli personaggi o anche piccoli gruppi legati alle cosche.

Intanto, sulle parole di Alfano scoppia la polemica politica. "L'Italia rischia una nuova stagione stragista? Il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, riferisca subito in Parlamento e informi tutti i cittadini. Servono garanzie sulla protezione del pm Nino Di Matteo e di tutta la popolazione".
A chiederlo sono i deputati Pd Michele Anzaldi, Donatella Ferranti (presidente commissione Giustizia della Camera), Danilo Leva (responsabile Giustizia del Pd) e Walter Verini (capogruppo Pd in commissione Giustizia).
"Il Parlamento - spiegano - ha appreso dalle prime pagine dei giornali che la mafia, per mettere nel mirino il pm Di Matteo, potrebbe avviare una nuova campagna stragista. Si tratta di nuove rivelazioni gravissime, sulle quali serve immediata chiarezza in aula. Se sono notizie che potevano essere rese pubbliche, è urgente che vengano riferite al Parlamento. Qualora, invece, si tratti di informazioni da tenere riservate, il ministro spieghi in aula come è stato possibile che siano state divulgate".

"Avevamo chiesto al governo di manifestare con i fatti - concludono - la vicinanza al magistrato Di Matteo, in prima linea contro le minacce della malavita organizzata. Ora apprendiamo che a rischio sarebbe anche tutto il Paese, sulla base delle nuove informazioni raccolte dalle cimici che sorvegliano i boss. Servono risposte in Parlamento".
I particolari sulle nuove minacce sono emersi durante il Comitato nazionale per l'Ordine e la Sicurezza che si è tenuto in questi giorni a Palermo (LEGGI). Il comitato è stato presieduto dal ministro Alfano. Delle minacce si occupa la Procura di Caltanissetta. Alfano ha confermato che esistono segnali che non fanno escludere la possibilità di un ritorno di Cosa Nostra, dopo anni di silenzio, alla strategia stragista degli anni Novanta.

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, Adnkronos/Ign]

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05 dicembre 2013
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