Sulle tangenti per i 4 termovalorizzatori siciliani
L'inchiesta sulle presunte tangenti milionarie passa da Bolzano a Palermo
Dal Trentino alla Sicilia. Da Bolzano l’inchiesta sulle presunte tangenti pagate per la costruzione di quattro termovalorizzatori in Sicilia si è trasferita a Palermo, la sua sede naturale. L’inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci, a capo del pool di magistrati che si occupano di reati contro la pubblica amministrazione. Un’azienda tedesca, la Lurgi, avrebbe pagato tangenti per 38 milioni di euro.
Attualmente non c’è ancora alcun scritto nel registro degli indagati, l’attività investigativa in questa delicata fase è stata dedicata alla ricostruzione del ruolo delle aziende coinvolte attraverso indagini bancarie.
Di tangenti e mazzette per l’affare termovalorizzatori si parla da anni, ma si è trattato solo di gossip e voci legate alle turbolente vicende politiche siciliane. La consegna di un dossier dell’assessorato all’Energia alla procura di Palermo, circa tre anni fa, riguardante la raccolta di rifiuti in Sicilia e presunti collegamenti con la malavita organizzata, è l’unico episodio concreto.
Il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, ascoltato due anni e mezzo or sono dalla Commissione nazionale antimafia, denunciò l’affaire termovalorizzatori, accennando ad una cordata di politici, imprenditori, mafiosi e noti professionisti che avrebbero messo le mani sulla discarica di Bellolampo.
L’affaire termovalorizzatori, tuttavia, non riguarda solo Bellolampo. La Regione siciliana aveva "chiuso" un appalto per la realizzazione di ben quattro termovalorizzatori, un investimento di circa cinque miliardi di euro. L’appalto fu fermato dal governo Lombardo. Il dissenso del governatore provocò un terremoto politico e Lombardo, in più occasioni, ha dichiarato che i suoi guai politici, parlamentari e giudiziari sarebbero dovuti proprio alla sua azione di contrasto dell’affaire.
L’inchiesta partita da Bolzano ora si sposta a Palermo, anche perché le aziende coinvolte nella vicenda hanno sedi al Nord e presunte dazioni di denaro sarebbero avvenute in banche del Nord. L’inchiesta della Procura di Bolzano si è incentrata, nella prima fase, sul ruolo dell’azienda tedesca "Lurgi" (sub-holding che fa parte della "Gea Group"). La controllata della Lurgi, la "Lentjes", possedeva il 20% di "Pianimpianti", successivamente ridotto all’8,23%. Il pm Guido Rispoli - oggi capo della Procura di Bolzano -, accertò che la "Lurgi" aveva sborsato una mazzetta per aggiudicarsi il termovalorizzatore di Colleferro, in provincia di Roma, e avrebbe fatto altrettanto altrove. La Lurgi avrebbe pagato tangenti anche per altri mega-impianti in diverse regioni, tra le altre la Sicilia dove, oltre che Bellolampo a Palermo, erano stati progettati inceneritori a Augusta, Casteltermini e Paternò.
Gli analisti della società di revisione "Ernst & Young", che hanno lavorato alla complessa indagine per incarico della Gea Group, sospettano che per i quattro termovalorizzatori, progettati ed appaltati ma non realizzati, sarebbero stati pagati tangenti per 38 milioni di euro. "Non possiamo escludere - sostengono gli analisti - azioni di corruzione ed eventi penalmente rilevanti nell’ambito delle trattativa connesse ai progetti siciliani".
Secondo gli analisti della "Ernst & Young" sarebbero emersi "indizi che fanno presumere che un valore pari a 38 milioni di euro non abbia diretta correlazione con le commesse; che tale importo sia entrato a far parte delle commesse per effetto di sovra-fatturazioni; che le transazioni per l’importo sopra citato siano state realizzate attraverso "Pianimpianti" e "Lurgi"; che le persone coinvolte sono state oggetto di indagini penali in Italia e in Germania per accuse di corruzione e che hanno fornito informazioni incomplete e contraddittorie sui fatti".
La gara di appalto per i termovalorizzatori - per 5 miliardi di euro - fu indetta undici anni or sono dal governo della Regione siciliana, allora presieduto da Totò Cuffaro, che agiva nel ruolo di commissario delegato per l’emergenza rifiuti. La gara venne aggiudicata nel 2003 a quattro società consortili: Tifeo, Platani e Pea, controllate dal gruppo Falck-Actelios attraverso Elettroambiente, e Sicil Power, controllata da Daneco e Waste Italia.
Il primo ostacolo arrivò quattro anni dopo, nel 2007, allorché la Corte di giustizia di Lussemburgo annullò la gara ritenendo che non fossero state rispettate le procedure europee.
Dopo due anni si riprese l’iter e i bandi di gara furono modificati ed adeguati alle norme europee dall’Agenzia regionale per i rifiuti e le acque (Arra), gestita da Felice Crosta, ma l’asta andò deserta a causa di una clausola: il vincitore avrebbe dovuto risarcire l’aggiudicatario precedente. L’allora presidente della Regione Lombardo, succeduto a Cuffaro, decise di bloccare tutto.
[Informazioni tratte da SiciliaInformazioni.com, ANSA]
- Una tangente di 38 mln di euro per i termovalorizzatori siciliani mai realizzati (Guidasicilia.it, 31/01/14)