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SYRIANA

Dagli Usa la notizia: "Da giovedì tre giorni di raid". L'Italia però "senza l'Onu non concederà basi"

28 agosto 2013

Le varie diplomazie internazionali sembrano pronte a schierarsi contro il regime di Assad. Da Londra e Stati Uniti, ma anche dalla Francia, arrivano segnali di un imminente attacco occidentale alla Siria. Addirittura, secondo una indiscrezione della Nbc, il network radiotelevisivo statunitense, le diplomazie avrebbero accelerato le operazioni: "Da giovedì (ossia domani) tre giorni di attacco alla Siria", rivela l'emittente. E proprio domani, l'amministrazione Obama potrebbe rendere noto il rapporto dell'intelligence americana che proverebbe la responsabilità del regime di Assad nell'uso di armi chimiche il 21 agosto. Il report è uno degli ultimi passi prima di una decisione da parte del presidente Obama su un possibile attacco contro la Siria.

La tempistica di un eventuale attacco dipende dal rapporto ma anche dalle consultazioni in corso con gli alleati e il Congresso, oltre che alla sicurezza degli esperti dell'Onu che stanno indagando in Siria.
Secondo alcune conversazioni intercettate dai servizi segreti americani lunedì scorso, il ruolo del regime siriano nell'attacco con armi chimiche a est di Damasco sarebbe indiscutibile. Lo riporta in esclusiva la rivista Foreign Policy. Le intercettazioni riguardano telefonate di un funzionario della difesa siriana con un leader dell'unità armi chimiche. Nella conversazione si chiede conto e ragione dell'attacco al sarin in cui sarebbero morte oltre mille persone. Queste conversazioni avrebbero dato a Washington la certezza che gli attacchi sono opera del regime di Bashar al Assad.

L'America è in prima linea, ma solo per riportare l'ordine: "Le opzioni che stiamo considerando non riguardano un cambiamento di regime", ha spiegato martedì il portavoce della Casa Bianca Jay Carney. Gli Stati Uniti e altri 188 altri Paesi, ha aggiunto, sono firmatari di una convenzione sull'uso di armi chimiche che si oppone a questo tipo di dispositivi e questi Paesi hanno interesse a garantire che le norme internazionali vengano rispettate. Alla violazione di queste norme, ha proseguito il portavoce, ci deve essere una risposta. Secondo Carney, il cambiamento di leadership in Siria deve avvenire attraverso una negoziazione politica.
Quasi tutti i paesi sarebbero ormai convinti della colpevolezza del regime siriano per il massacro compiuto soprattutto ai danni di bambini. Da Houston, anche il commento del vice-presidente americano Joe Biden: "Non c'è dubbio - ha detto Biden - Armi chimiche sono state usate, e il regime di Damasco è il solo che le ha". Un'ultima verifica, però, la chiede l'Onu: "Se qualche stato membro ha informazioni al riguardo deve condividerle con la missione Onu che in Siria" sta cercando di verificare proprio l'eventuale utilizzo di armi chimiche da ambo le parti.

Dall'Europa le prime risposte agli Stati Uniti. "Le forze armate britanniche stanno mettendo a punto un piano di emergenza nell'eventualità di una risposta militare al presunto attacco chimico in Siria", ha spiegato da Downing Street il presidente David Cameron condannando la strage operata con le armi chimiche, "un attacco che non implica però l'essere coinvolti in un conflitto in Medio Oriente". La stessa condanna arriva anche dall'Italia dopo un confronto telefonico tra Letta e Cameron. La Farnesina prova a tenere la situazione a debita distanza per il momento, assicurando un aiuto italiano, ma solo accanto all'Onu: "L'Italia non prenderà parte a soluzioni militari al di fuori di un mandato del Consiglio di sicurezza dell'Onu", ha precisato il titolare del ministero Emma Bonino. E conferma: "Si rafforza l'ipotesi che siano state le forze armate siriane a far uso di armi chimiche: non c'è soluzione militare al conflitto siriano, bisogna andare nella direzione di una soluzione politica".

Il ministro della Difesa italiano, Mario Mauro, aziona il freno sull'eventuale partecipazione dell'Italia a una missione militare in Siria. "E’ ancora possibile scongiurare un'involuzione di tipo militare". "Ci vuole - ha sottolineato il ministro in un’intervista - una prudenza estrema, bisogna pensarci milioni di volte prima di dare il via ad azioni militari. Il caso Siria va gestito con equilibrio; serve dialogo continuo perché l'obiettivo del governo italiano è uno solo: evitare avventure al nostro Paese". Mauro indica la strada di una "soluzione politica" della grave crisi siriana e rilancia la linea dell'esecutivo: "L'Italia non prenderà parte a operazioni decise al di fuori del Consiglio di sicurezza dell'Onu". "E anche se si dovesse arrivare a una risoluzione nelle Nazioni Unite - spiega il ministro - l'Italia resterebbe fuori dalla Siria".
Mauro poi rinnova il monito a chi punta sull'attacco: "L'Italia ci è già caduta dentro. Arrivano siriani tutti i giorni sulle nostre coste. Arrivano e ne arriveranno sempre di più". "Non voglio lanciare allarmi, non voglio parlare di invasione, ma c'è un problema che preoccupa, c'è una situazione che va gestita con attenzione assoluta. E per farlo - conclude il ministro - dobbiamo muoverci su due versanti: l'accoglienza e il controllo".

Fonti diplomatiche, da Parigi, fanno sapere che la Francia non ha nessun dubbio sul fatto che un attacco chimico sia avvenuto in Siria e che sia stato sferrato dalle forze di Assad, aggiungendo che "è inaccettabile" e "la Francia non verrà meno alle sue responsabilità per rispondere". "Ho deciso - ha detto il presidente francese François Hollande - di accrescere il sostegno militare alla coalizione di opposizione siriana: il massacro di civili con gas non può restare senza risposta".
Pare delinearsi, inoltre, la posizione della Casa Bianca: in una intervista alla Bbc, il segretario alla difesa statunitense, Chuck Hagel, ha dichiarato che le forze armate americane sono "pronte ad andare" se il presidente Barack Obama ordinasse un'azione in Siria. Iniziativa avallata da una indiscrezione della Nbc secondo cui gli Stati Uniti si starebbero preparando a diffondere un rapporto proprio su un attacco imminente, "tre giorni di raid a partire da giovedì".

Logisticamente, poi, gli Usa avrebbero già chiesto alla Grecia, alleata della Nato, di concedere alle unità della marina e agli aerei dell'Air Force di transitare sul territorio ellenico e l'utilizzo di alcune basi militari. Ma il quadro non si chiude ancora senza il via libera del presidente Obama.
Tra i favorevoli ad un intervento militare (Usa, Gran Bretagna, Francia, Arabia Saudita) si aggiunge anche la Turchia che per bocca del ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, ha definito un "crimine contro l'umanità" a cui va data "risposta" il presunto attacco lealista con armi chimiche del 21 agosto alla periferia est di Damasco, e ha ammonito che per la comunità internazionale si tratta di un "test" vero e proprio.

Sullo scacchiere internazionale arriva anche il monito del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. Israele avverte la Siria: nel caso di rappresaglie del regime di Damasco contro lo stato ebraico a seguito di un eventuale attacco missilistico a guida Usa, i militari risponderanno "con forza". Lo stato di Israele "è pronto per ogni scenario. Non siamo parte della guerra civile in Siria - ha concluso Netanyahu - ma se identifichiamo un qualunque tentativo di nuocerci, risponderemo con la forza".
La situazione in Siria, in Egitto e, più in generale, in tutto il Medio Oriente sarà mercoledì al centro della riunione settimanale della Nato. Gli ambasciatori dei 28 Paesi membri, a quanto si è appreso, faranno il punto della situazione alla luce degli ultimi sviluppi. Particolare attenzione sarà dedicata agli ultimi eventi in Siria, paese confinante con la Turchia che, in quanto membro Nato, ha ricevuto nei mesi scorsi alcune batterie di missili Patriot per difendersi da eventuali attacchi aerei.

Dalla parte opposta, fa sentire la propria voce l’Iran. La militante agenzia iraniana Fars, vicina al Corpo d'elite dei Pasdaran, cita una "alta fonte delle forze armate siriane" per lanciare un avvertimento agli Stati Uniti e ai suoi partner che stanno valutando un attacco "mirato" a Damasco: osare una vera guerra scatenerà un immediato contrattacco a Tel Aviv da parte della Siria e i suoi alleati.
"Se Damasco viene attaccata, anche Tel Aviv verrà presa di mira e una vera guerra contro la Siria produrrà una licenza per attaccare Israele", avrebbe detto la fonte anonima alla Fars. "Siamo sicuri che se la Siria è attaccata - ha affermato inoltre il militare siriano - anche Israele sarà messo a fuoco e un simile attacco" inoltre "impegnerà i vicini della Siria". La fonte ha messo poi in guardia che "indebolire il governo centrale di Damasco comincerà a far crescere gli attacchi contro Israele" anche da parte di "gruppi estremisti che troveranno un motivo per attuare le loro aspirazioni".

E se le potenze mondiali lanceranno un attacco contro la Siria destinato a cambiare l'equilibrio dei poteri del Paese, anche gli sciiti libanesi di Hezbollah entreranno in azione e prenderanno di mira il territorio israeliano, bersagliandolo di razzi. Lo scrive il Daily Star, citando fonti vicine al gruppo guidato da Hassan Nasrallah. Una di queste fonti ha spiegato che Hezbollah non interverrà se gli Stati Uniti e i suoi alleati si limiteranno a un'azione "punitiva" contro Assad. Ma se l'obiettivo è eliminare il presidente siriano, una reazione degli sciiti libanesi sarà inevitabile: "Un attacco occidentale di vaste dimensioni trascinerà immediatamente il Libano in una guerra da inferno contro Israele".
"Qualsiasi uso della forza militare contro la Siria non farà altro che destabilizzare ulteriormente il Paese e la regione". Lo ha detto il capo della diplomazia russo Serghiei Lavrov in una conversazione telefonica con l'inviato dell'Onu e della Lega Araba per la Siria Brahimi. I due interlocutori, secondo il sito del ministero degli esteri russo, "si sono detti d'accordo sul fatto che in questo momento critico tutte le parti, compresi anche i "giocatori" esterni, devono agire con la massima responsabilità, senza ripetere gli errori del passato".

[Informazioni tratte da ANSA, Adnkronos/Aki, Corriere.it]

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28 agosto 2013
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