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Tangenti per la mafia e per la politica

Per gli appalti ottenuti dal Comune di Villabate gli imprenditori dovevano pagare due volte il pizzo

15 maggio 2008

E' ripresa martedì pomeriggio ed è continuata ieri, nell'aula bunker di Firenze, davanti la quinta sezione penale del Tribunale di Palermo presieduta da Maria Patrizia Spina (a latere Fabrizio Anfuso e Samuele Corso), l'udienza a carico di 19 persone, tra le quali sono annoverati i vertici della cosca di Villabate, accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso ed estorsione. I fatti si riferiscono anche alla creazione del maxicentro commerciale di Villabate (PA) e delle tangenti che sarebbero state pagate.
"I boss Nino e Nicola Mandalà di Villabate intascavano dal 1994 fino al 2004 tangenti pagate dagli imprenditori per lavori svolti su appalti dati dal Comune". A dirlo è stato il collaboratore di giustizia Mario Cusimano, arrestato con Nicola e Nino Mandalà, il 25 gennaio 2005 durante l'operazione antimafia 'Grande mandamento' (leggi). Subito dopo il suo arresto chiese di poter collaborare.

Nell'udienza Cusimano ha ricostruito i suoi rapporti con i Mandalà e rispondendo alle domande del pm Nino Di Matteo, ha detto: "Gli imprenditori che avevano ottenuto appalti dal Comune di Villabate erano costretti a pagare due tangenti che erano il 3% per la famiglia mafiosa e un altro 3% per i 'politici'. Entrambe, però, le intascavano Nicola e Nino Mandalà". Il collaboratore ha spiegato che la tangente destinata ai 'politici', i Mandalà in alcune occasioni la distribuivano anche a vari dipendenti e funzionari del Comune.
Tra i temi affrontati anche la gestione da parte della cosca di Villabate della latitanza del boss Bernardo Provenzano e l'incontro, in un villino di Misilmeri, tra lo stesso Provenzano - latitante da anni - e Nino Mandalà.

L'udienza di ieri è iniziata con un botta e risposta tra il pm Di Matteo e il difensore di Giovanni La Mantia, boss di Roccella, sui rapporti tra lo stesso Cusimano e l'altro collaboratore nel processo per il centro commerciale di Villabate, Francesco Campanella.
"Francesco Campanella? un mitomane. Aveva rapporti con Mastella e diceva di averne anche con Casini, ma poi quando dovevamo vincere la gara per la sala Bingo, e lui andò a Roma dicendo di andar a parlare con Mastella e Casini, non è successo nulla. Noi la gara non l'abbiamo vinta, ce la siamo dovuta comprare". Così Mario Cusimano ha descritto Campanella durante il controesame. Tutti i difensori degli imputati hanno chiesto a Cusimano valutazioni su Francesco Campanella, affermando che tra lui e lo stesso Campanella "non c'era alcuna simpatia. Io non mi fidavo di lui, era un megalomane tanto che un giorno ho detto, scherzando, con Nino Mandalà: vuoi vedere che questo ci fa arrestare tutti?".

I fatti riferiti alla creazione del maxicentro commerciale di Villabate si collegano in qualche modo alle polemiche di questi giorni tra il giornalista Marco Travaglio e il presidente del Senato Renato Schifani. A metà degli anni '90, infatti, Schifani fu ingaggiato, come consulente per l'urbanistica e il piano regolatore, dal Comune di Villabate retto da uomini legati al boss Mandalà e di lì a poco sciolto due volte per mafia. Rapporti di nessuna rilevanza penale per l'attuale presidente del Senato.

[Informazioni tratte da Corriere.it e Ateneonline]

[Foto di zarc2003 (www.flickr.com)]

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15 maggio 2008
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