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Teatro Greco di Siracusa

Dall'11 Maggio al 25 Giugno 2006 XLII Ciclo di Rappresentazioni Classiche

09 maggio 2006

XLII Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Greco di Siracusa
E' Euripide il protagonista della Stagione 2006 delle Rappresentazioni Classiche organizzate dall'Istituto Nazionale del Dramma Antico: l'11 maggio debutterà la tragedia Troiane, per la regia di Mario Gas, seguita dall'Ecuba, regista Massimo Castri.
I due allestimenti saranno replicati, a giorni alterni, fino al 25 giugno.

Il dramma Troiane mette in scena l'orrore della guerra, è una tragedia in cui le donne raccontano e trasmettono il dolore dei vinti. Tutto è già accaduto: l'azione drammatica è tessuta di ricordi, di sogni, di paura che sostanzia l’attesa delle donne, di violenza, come il gesto dei Greci che uccidono Astianatte.
In quel lembo di terra tra il mare e le macerie di Troia, tra i Greci che partono e la città che crolla, le compagne di sventura parlano, raccontano, lasciano che la guerra e il dolore risuonino nel loro petto: portando sulla scena straordinari personaggi femminili, Euripide fa qui della donna la custode privilegiata della memoria.

La figura di Ecuba domina la scena delle Troiane, divenendo il personaggio che più di ogni altro “tiene le fila” del dramma; così anche nell'Ecuba, dove la regina ferita diventa furia vendicatrice dei suoi figli assassinati e nel suo progetto di vendetta contro il traditore Polimestore riesce ad ottenere persino il sostegno di Agamennone.
Nessun altro dei tragici anteriori a Euripide aveva fatto di Ecuba la protagonista di una tragedia, né il dolore di una vecchia madre il motivo principale di essa.
Tragedia del dolore, questa Ecuba euripidea, del dolore “assoluto” di una regina senza più patria, di una madre senza più figli. Rappresentare Euripide, mettere in scena le sue tragedie della guerra e del dolore qui, a Siracusa, ha un significato particolare. Siracusa è la città che ha ospitato l'ultimo atto della guerra del Peloponneso, nel suo porto (il 413 a.C appena due anni dopo la messa in scena quasi premonitoria delle Troiane) fu distrutta l'intera flotta ateniese; nelle sue splendide cave di pietra, le latomie poste a ridosso del Teatro Greco, molti tra i prigionieri morirono di fame e di stenti. Molti, non tutti. Plutarco racconta che alcuni dovettero la loro salvezza proprio a Euripide, poiché quanti furono in grado di recitare e insegnare brani interi dei suoi drammi vennero liberati e riuscirono a tornare sani e salvi a casa: la poesia del dolore diviene fonte di salvezza, così come ogni antidoto è composto dalla giusta dose di veleno.
Poco importa sapere se questi fatti siano realmente accaduti, o se siano soltanto una suggestiva leggenda. E' bello, è importante, oggi come allora, pensare che la poesia abbia il potere di salvarci la vita.


Nota sulla traduzione delle Troiane

di Laura Pepe

Risale a più di dieci anni fa la mia traduzione delle Troiane destinata alla lettura; notevolmente diversa è quella che propongo oggi, per la messa in scena al Teatro Greco di Siracusa. Sono molteplici le ragioni di tale diversità: essa è dovuta innanzitutto al diverso tipo di percezione e di fruizione delle due versioni; ma è dovuta anche alla continua scoperta che la rilettura di un classico comporta, proprio perché - lo insegna magistralmente Calvino - il classico non finisce mai di insegnare, e di “dire quel che ha da dire”.
Tradurre una tragedia per la lettura inevitabilmente altera la portata dell'opera, ne snatura l'essenza. Portata ed essenza che vengono restituite dalla recitazione. Anche se solo in parte: lingue diverse, infatti, hanno modalità e sfumature espressive diverse (e la traduzione è comunque un'interpretazione soggettiva); e riproporre un dramma - seppure universale e senza tempo, come le Troiane euripidee - a oltre due millenni dalla sua composizione e dalla sua prima messa in scena (che nelle intenzioni degli antichi doveva essere anche l'unica) implica modalità di fruizione completamente differenti da quelle originarie. Innanzitutto, la nostra cultura si basa sulla scrittura; quella greca si affidava all'oralità e alla memoria, il che comportava una maggiore sensibilità nei confronti di un testo recitato. In secondo luogo, il pubblico antico aveva mediamente con il teatro maggiore dimestichezza di quello contemporaneo (per il cittadino ateniese assistere alle rappresentazioni drammatiche era una sorta di diritto, tanto che la città provvedeva a pagare il biglietto a chi non poteva permetterselo), e conosceva perfettamente il materiale mitico oggetto delle tragedie: allusioni che oggi paiono criptiche erano al tempo immediatamente perspicue.
In considerazione di questi due fattori, ambedue determinanti, nel tradurre il testo per la messa in scena ho ritenuto indispensabile modificare, ove necessario, la successione di alcuni versi e di alcune battute, optando per una concentrazione e per una semplificazione che rendesse immediatamente perspicua la concatenazione del pensiero e dei fatti narrati; al contempo, ho cercato di rendere espliciti alcuni riferimenti del testo originario, diluendo in una frase ciò che Euripide poté condensare in un unico termine. Meno poesia - di questo mi si perdoni - a vantaggio, lo spero, di maggiore chiarezza.


Ecuba, la vendetta della regina
Ecuba, Giandomenico CrespiLa città di Troia è caduta. Ecuba, moglie del re Priamo e le altre donne di Ilio sono state ridotte in schiavitù dai Greci vincitori. Venti contrari impediscono, tuttavia, il ritorno in patria della flotta achea, bloccata nelle coste del Chersoneso trace. Per assicurare il ritorno in patria, Achille pretende dai Greci il sacrificio, sulla sua tomba, di Polissena, figlia di Ecuba: lo riferisce nel prologo l'ombra di Polidoro, il figlio più giovane dei sovrani di Troia. Inviato lontano dalla guerra, presso il re di Tracia Polimestore, il ragazzo era stato ucciso a tradimento dall'ospite che avrebbe dovuto proteggerlo. Per impadronirsi della parte del tesoro di Priamo che Polidoro aveva portato con sé, Polimestore lo aveva assassinato, e ne aveva gettato in mare il cadavere.
Pur essendo ancora all'oscuro dei fatti, Ecuba presagisce in sogno le sofferenze dei suoi figli, come racconta lei stessa uscendo dalla tenda di Agamennone; ed è il Coro dalle prigioniere troiane a confermare le sue sensazioni, annunciando alla regina il sacrificio di Polissena deliberato dai Greci. L'atteggiamento di Polissena davanti alla morte - è l'araldo Taltibio a raccontarne il sacrificio - è nobile, persino irreale: il dolore è decantato nella sua quintessenza, non c'è l'urlo di ribellione dinanzi al compiersi del destino, né l'esaltazione del sacrificio eroico, come in Antigone.
Nella seconda parte, l'Ecuba diventa tragedia della vendetta; proprio mentre si prepara a dare sepoltura a Polissena, la regina viene a sapere da un'ancella che il corpo di Polidoro è stato sospinto dai flutti sulla spiaggia. La nuova sciagura spinge oltre il limite il dolore della madre: ferocia chiama ferocia. Con il consenso di Agamennone, Ecuba attira Polimestore nella tenda, con il pretesto di dargli in custodia altro oro; poi, aiutata dalle prigioniere troiane, lo acceca e uccide i suoi figli.
Nell'Ecuba Euripide svuota di senso le sovrastrutture costruite dall'ideologia della guerra e declina in tutte le sue varianti l'efferatezza che si trasmette, come una malattia, dai vincitori ai vinti, dagli aggressori alle vittime e viceversa. Quasi certamente del 424 a.C, l'Ecuba tematizza la contrapposizione esasperata in cui cadavere chiama cadavere: sulla tomba di Achille i Greci sacrificano Polissena; Polimestore uccide Polidoro, violando il sacro vincolo dell'ospitalità; Ecuba si vendica di Polimestore, uccidendone i figli e accecandolo, anche grazie all'acquiescenza di Agamennone.
La tragedia si chiude con le tremende profezie che, in preda a una furia implacabile, Polimestore grida contro Ecuba e contro il capo degli Argivi. Poi, per ordine di Agamennone, il re tracio viene abbandonato su un'isola deserta.

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Il calendario e tutte le informazioni sul XLII Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Greco di Siracusa sono disponibili sul sito dell'Istituto Nazionale del Dramma Antico:
www.indafondazione.org
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- Ecuba (Testo integrale)


-
Le Troiane (Testo integrale)

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09 maggio 2006
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