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Telefonate a sbafo

La Procura di Palermo indaga su 700 schede telefoniche pagate dall'Ars peri deputati, ma che utilizzavano parenti, amici e... amanti

14 gennaio 2012

Dal 2001 al 2006, dunque, per un'intera legislatura, ben 700 persone hanno usufruito delle schede telefoniche pagate dall'Assemblea regionale siciliana, date ai deputati dell'Ars, che a loro volta le hanno girate ad amici, parenti e persino a qualche amante. Una truffa che sarebbe durata anche per un periodo successivo al 2008 (per molti a mandato scaduto), anno in cui il presidente dell'Assemblea siciliana, Francesco Cascio, insospettito dal fatto che la Tim aveva richiesto 300 mila euro per chiamate effettuate tra il 2007 e il 2008, bloccò tutto.
Adesso, la Procura palermitana, secondo quanto scritto da Salvo Palazzolo su Repubblica/Palermo, sta indagando proprio su quelle 700 schede attive per sette anni.

La vicenda è stata scoperta quasi per caso dai carabinieri di Monreale che stavano investigando su altro: per conto della Procura, stavano rianalizzando alcuni contatti telefonici di Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo, e così sono saltate fuori alcune schede intestate all'Ars, ma utilizzate non da deputati e neanche da loro familiari o parenti.
Il sostituto procuratore Gaetano Paci e il procuratore aggiunto Leonardo Agueci, ipotizzano adesso i reati di peculato e truffa. I due Pm hanno già sentito alcuni dirigenti dell'Ars.
I 90 deputati dell'Ars, le cui indennità sono equiparate a quelle dei senatori, hanno in busta paga un rimborso mensile di 350 euro per le telefonate, "ma ancora oggi - ha detto il presidente dell'Ars Cascio - stiamo cercando di capire a chi erano state date quelle schede, perché alcuni deputati non ci hanno mai risposto sull'argomento".

A dire il vero, sembra che, nei saloni di Palazzo di Normanni, lo scandalo telefonini era già scoppiato nel 2008. Ma non se n'è saputo mai nulla. Ora, grazie all'indagine dei carabinieri e della Procura, si è saputo che tre anni fa la Tim inviò una lettera con la quale chiedeva all'Ars il pagamento di una bolletta di 300 mila euro per le chiamate fatte da quei 700 telefonini fra il 2007 e il 2008. Cos'era accaduto? Perché quella convenzione telefonica così vantaggiosa (per chi ne approfittava) si era bloccata? I magistrati hanno scoperto che il velo di omertà è stato rotto da un dirigente dell'Ars, che nel 2008, appena arrivato al servizio Informatica, ha cominciato a porsi qualche domanda. È bastato fare qualche controllo incrociato per scoprire che molti deputati eletti nel 2001 si erano accaparrati anche sette o dieci schede: dopo la scadenza del mandato, nessuno le aveva restituite. Quella convenzione stipulata nel 2001, sotto la presidenza di Guido Lo Porto.
"Quando sono arrivato, nel novembre 2006, ho trovato un notevole disordine contabile e amministrativo", ha detto a Repubblica il dottore Gaetano Savona, direttore del servizio Informatica dell'Ars: "Qualche tempo dopo il mio insediamento mi sono ritrovato sulla scrivania un telegramma della Tim, che chiedeva all'Ars il pagamento di 300 mila euro. Dopo una lunga trattativa con la compagnia telefonica siamo riusciti a chiudere questa vertenza senza sborsare un solo euro di soldi pubblici. L'abbiamo detto chiaramente alla Procura della Repubblica". Ma fino al 2006, l'Ars ha pagato per i 700 "telefonatori mascherati". "Adesso, le cose sono cambiate - assicura Savona -. Grazie a tagli e contratti rivisitati risparmiamo fino a un milione di euro all'anno rispetto al passato".

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, Giornalettismo.com, LiveSicilia.it]

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14 gennaio 2012
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