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TERMINI ADDIO

Sergio Marchionne irremovibile: ''A fine 2011 nello stabilimento siciliano non si produrranno più Fiat''

23 dicembre 2009

Il super amministratore delagato di Fiat, il dirigente che ha saputo far resuscitare l'industria automobilistica torinese, il manager dal maglioncino nero, Sergio Marchionne, sullo stabilimento di Termini Imerese era ed è rimasto della sua idea: "A fine 2011 stop auto in Sicilia".
Ieri, incontrando a Palazzo Chigi Governo e sindacati, ha riferito quali sono le sue intenzioni per il "piano industriale" del Lingotto. "Abbiamo un piano ambizioso per la Fiat, soprattutto in Italia. Nei prossimi due anni gli investimenti della Fiat in Italia ammonteranno a 8 miliardi". "Ma la produzione di auto nello stabilimento di Termini Imerese cesserà a dicembre 2011", ha aggiunto, motivando questa decisione con le "condizioni di svantaggio competitivo e le difficoltà strutturali" in cui il gruppo si trova ad operare nel sito siciliano. L'ad del Lingotto ha sottolineato "il delta di costi eccessivo", aggiungendo che lo stabilimento "è in perdita ed oggi non possiamo più permettercelo". La Fiat, tuttavia, è pronta a valutare soluzioni diverse da quelle della produzione di auto. "Siamo disposti a discutere proposte di riconversione con la Regione Sicilia e gruppi privati. Siamo pronti a mettere a disposizione lo stabilimento", ha affermato il manager. L’ad di Fiat ha inoltre sostenuto che "farsi carico del problema sociale di Termini non competa alla Fiat ma all’intero sistema: la risposta deve essere collettiva" ha detto Marchionne dicendosi disponibile "a una soluzione per tenere in vita Termini quando cesserà di produrre auto". "Per anni – ha continuato l'ad di Fiat - ci siamo accollati l’onore della gestione di Termini in perdita ma il contesto era diverso: non è - ha spiegato Marchionne - un problema di qualità del lavoro ma di un delta dei costi eccessivo”. Marchionne ha detto che l’azienda è consapevole "dei risvolti sociali che la chiusura comporta e di comprendere lo stato d’animo dei lavoratori”.
Il manager Fiat ha poi spiegato che il contesto per il mercato dell'auto "continua ad essere sfavorevole" e in questo quadro "Chrysler è fondamentale per Fiat", considerato anche che Bertone "costruirà due modelli" per il marchio americano.
C'è poi ''una forte disparità dei livelli di utilizzo della manodopera fra gli stabilimenti italiani e quelli esteri", ha evidenziato per l'ennesima volta Marchionne, che insiste: "Dobbiamo affrontare il problema di petto. Se non lo facessimo - avverte - sarebbe una rovina".
Per sostenere la sua tesi, l'ad della casa torinese fa riferimento ai numeri. In Italia, riferisce, ci sono 5 stabilimenti, 22mila occupati, 650mila vetture; in Polonia 1 stabilimento, 6.100 occupati e 600mila vetture; in Brasile 1 stabilimento, 9.400 occupati, 730mila vetture. E' necessario "conciliare i costi e la responsabilità sociale", ha rimarcato Marchionne definendo "tutt'altro che rituale" l'incontro con i sindacati.

Il piano ambizioso - Nel biennio 2010-2011 arriveranno 11 nuovi modelli Fiat, tra cui il nuovo Doblò, la Giulietta, la nuova Panda e la nuova Ypsilon che sarà prodotta in Polonia, mentre "una nuova famiglia basata su piattaforma Small" sarà realizzata in Serbia, ha annunciato Sergio Marchionne. Entro il 2012 si passerà dalle 650mila auto attuali a una produzione compresa in un range fra 800mila e 1 milione di vetture e, per i veicoli commerciali leggeri, fra 150mila 220mila unità. Le previsioni per il settore auto in Italia - ha sottolineato Marchionne - "ci dicono che i livelli di domanda dovrebbero mantenersi più o meno stabili" ma solo "in presenza di un rinnovo del bonus all'acquisto di vetture ecologiche".
"Le vendite in Italia a fine anno - ha spiegato Marchionne - dovrebbero attestarsi a circa 2,1 milioni di unità, in leggero calo rispetto al 2008". Marchionne ha aggiunto che "è ragionevole pensare che, senza un'uscita graduale dalla fase degli incentivi, il mercato precipiti verso la soglia di 1,7 milioni di unità". L'ad ha poi voluto ribadire che la Fiat non è un'azienda assistita dallo Stato. La Fiat, anzi, vanta un credito nei confronti dello Stato stesso di 800 milioni di euro. "Gli incentivi - ha sottolineato - sono stati finanziati dalla Fiat".
A Mirafiori vengono confermati nel biennio i modelli attuali. A Cassino, nel 2010, si aggiungerà la produzione della Giulietta. Melfi "sta lavorando bene" e saranno confermati gli attuali modelli. Quanto a Pomigliano D'Arco, ha spiegato Marchionne, "è l'impianto più penalizzato per l'assenza di incentivi". Così, ha avvertito il manger, "lo stabilimento non può reggere", considerato anche che "sono stati già investiti 100 mln di euro e questo non è servito a sanare la sovraproduzione". Per lo stabilimento campano Marchionne avrebbe confermato la possibità di destinare allo stabilimento una nuova piattaforma per la produzione della futura Panda. "Ci vuole comunque - avrebbe sottolineato l'ad - un atto di coraggio". La destinazione di una nuova piattaforma allo stabilimento di Pomigliano "richiede infatti ingenti risorse e comporterà ulteriore inattività per i lavoratori. Servirà un prolungamento del sostegno al reddito". Per Marchionne è anche necessario "contenere il costo del lavoro al livello dell'anno in corso" e "poter contare su un alto grado di flessibilità".

Il sottosegratrio alla presidenza, Gianni Letta, da parte sua ha rassicurato Marchionne: "La Fiat - ha detto - troverà anche in Italia la stessa responsabilità riscontrata in Usa, da parte del governo centrale, da quelli locali e anche delle parti sociali". "Questo tavolo ha conosciuto sulla Fiat momenti difficili da far tremare i polsi", ha aggiunto, sostenendo tuttavia che "oggi possiamo discutere con serietà per garantire alla Fiat uno sviluppo nazionale e internazionale".

TERMINI IMERESE ADDIO - Dunque il nodo gordiano rimane lo stabilimento siciliano. La chiusura di Termini preoccupa sia il governo che i sindacati: in una riunione presidiata fuori palazzo Chigi dalle proteste dei lavoratori degli stabilimenti più a rischio del Gruppo, esecutivo e organizzazioni hanno infatti deciso che su Termini il confronto continuerà al ministero dello Sviluppo economico, anche con la Regione Sicilia.
"Nessuno vuole abbandonare Termini", ha detto Claudio Scajola mentre, uscendo, lo stesso Marchionne, piuttosto irritato, ha espresso dispiacere per aver dovuto dare la notizia "due giorni prima di Natale". "L'unico modo per risolvere il nodo Termini sarebbe spostare la Sicilia e metterla vicino a Piemonte o Lombardia. Se Lombardo è capace di fare questo, che Dio lo benedica", ha provato ancora a spiegare l'ad di Fiat dopo aver glissato la domanda sulla possibilità di "mettere a disposizione" l'impianto siciliano anche a gruppi stranieri. "Mi faccia prima vedere la proposta, non faccio cose a vuoto, non mi piacciono progetti inutili; le cose intelligenti le facciamo", ha detto in proposito, mentre si susseguono le ipotesi sulla possibile cessione.
"Ci hanno dato un calcio nel sedere" - "I piani di conversione sono calci nel sedere agli operai". È questa, senza mezzi termini, la reazione degli operai di Termini Imerese, assiepati ieri di fronte a Palazzo Montecitorio, alla proposta della Fiat di continuare a produrre autoveicoli nell'impianto siciliano solo fino al termine del 2011, per poi avviare nuovi tipi di produzione.
Gli operai, arrivati soprattutto dalla Sicilia e da Pomigliano d'Arco, sono rimasti per ore aggrappati alle transenne. E ai giornalisti che si avvicinano per chiedere commenti e sensazioni hanno risposto con altre domande. Sul loro futuro: "Cosa si è saputo sul piano? - chiedono a chiunque possa avere informazioni utili - Cosa ha detto Marchionne di Termini Imerese?". E alla notizia della conferma allo stop alla produzione auto, scoppiano in un boato. "Sono quarant'anni che facciamo auto, vogliamo continuare a farlo, anche e soprattutto senza Fiat". Con gli indiani, con i cinesi? "Con chiunque", ha risposto Luigi, 43 anni. Un collega è più netto: "Siamo pronti anche ad occupare lo stabilimento, questo è solo il primo round".
Il sentimento più diffuso è la delusione, l'amarezza. Due tra gli operai più giovani si lamentano: "Abbiamo fatto 30 ore di viaggio per venire qui, ci hanno bloccato, blindati, trattati come ladri, invece veniamo solo a manifestare per il nostro lavoro". "Operai vecchi da pensionare - spiega un altro dei portavoce del gruppo di operai di Termini - non ce ne sono più. A quelli giovani toccano almeno 30 anni di fatica, e così non si può mantenere una famiglia".
"Una proposta irricevibile" - "Marchionne non si può limitare a dire di essere consapevole dei risvolti sociali della chiusura di Termini non mostrandosi, al tempo stesso, disponibile ad accollarsi i maggiori costi di produzione". Questo il commento a caldo del sindaco di Termini Imerese, Salvatore Burrafato, presente all'incontro a Palazzo Chigi. "È una proposta irricevibile - ha detto ancora Burrafato - perché non tiene conto della disponibilità dei governi nazionale e regionale a mettere in campo risorse per rimuovere le condizioni di svantaggio. Termini non può essere considerata un'emorragia da arrestare".

L'ira di Lombardo: "Calpestano la nostra dignità" -
"Il sud e la Sicilia hanno già dato, al nord e alla Fiat, con un esodo biblico durato oltre un secolo, braccia e cervelli, contribuendo alla costruzione di enormi fortune e di incommensurabile ricchezza. Non possiamo permettere quindi a mister Marchionne di calpestare con cinica ironia la nostra dignità". Così il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, replica alle dichiarazioni dell'ad della Fiat Sergio Marchionne. "Dinanzi a questo atteggiamento - ha detto il governatore siciliano - mi aspetto dal governo nazionale e dai sindacati una coerente reazione, in linea con quanto già ampiamente annunciato: il taglio di qualsiasi incentivo a favore della Fiat e delle sue consociate. Ai lavoratori dico che con le risorse che abbiamo destinato a Termini, sono certo che riusciremo a trovare una soluzione con buona pace di mister Marchionne". La Regione, ha spiegato Lombardo, "può e vuole ristrutturare l'impianto; c'è la volontà di andare al tavolo mettendo molte risorse". Il presidente, che parla di un'eventuale chiusura di Termini come di "una ferita insanabile", ha chiamato quindi in causa il governo che, di fronte ad un no di Fiat "dovrebbe dire un no altrettanto grande". "Il governo nazionale - ha concluso Lombardo - sia consequenziale e stacchi un biglietto di sola andata per il canadese Marchionne".
"Ci rivolgeremo agli stranieri" - "Adesso sappiamo con certezza qual è la posizione della Fiat nei confronti dello stabilimento di Termini Imerese. Non la condividiamo perché crediamo che a Termini Imerese bisogna continuare a produrre automobili. Ci auguriamo che questa posizione possa essere rivista ma qualora ciò non accadesse allora mi sembra doveroso verificare se ci siano le condizioni affinché a Termini si possano continuare a costruire automobili rivolgendosi ad investitori stranieri". Questo è quanto ha detto l'assessore siciliano all'Industria, Marco Venturi, presente a Palazzo Chigi. "La Regione siciliana ha già, più volte, chiarito la propria posizione a favore della Fiat mettendo a disposizione ingenti risorse, circa 400 milioni - ha aggiunto - Inoltre abbiamo ribadito la volontà di realizzare infrastrutture e servizi che possano diminuire i costi relativi al trasporto delle autovetture prodotte in Sicilia. Oggi prendiamo atto che Fiat
non crede di potere continuare a produrre auto a Termini".

Il cuore del problema... - "Il cuore del problema è Termini Imerese", ha detto il leader della Cgil, Gugliemo Epifani, focalizzando la sua attenzione sullo stabilimento siciliano. "Bisogna sciogliere questo nodo, perché se si perde un centro produttivo nel Mezzogiorno difficilmente si può sostituire", ha affermato il segretario generale del sindacato di Corso d'Italia, aggiungendo che inoltre resta il problema dell’indotto: "quest’area di produzione si è molto ristretta e, in questo senso, l’integrazione americana può determinare criticità". Per questo per Epifani "non ci può essere disparità con le politiche di altri paesi europei che sostengono molto di più le produzioni".
Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, ha proposto invece un tavolo di confronto per trovare soluzioni immediate a Termini. "Anche se ci sono due anni prima della fine della produzione dobbiamo agire immediatamente. Non possiamo lasciare i lavoratori nell'incertezza a Natale. Dobbiamo capire cosa possono fare la Regione, lo Stato e che impegni prende Fiat. Termini deve restare un sito industriale attivo. Non vogliamo il vecchio assistenzialismo", ha tagliato corto il leader del sindacato di via Po.
"Si può affrontare un confronto sulla Fiat puntando su una sfida: come far sì che aumenti la produzione di auto - ha affermato il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti - Non ci possiamo rassegnare a un tragitto che sembra già segnato. Vogliamo capire".
"Siamo molto amareggiati per la decisione della Fiat su Termini Imerese. Non possiamo accettarlo. La reazione di sindacato e lavoratori sarà dura" ha annunciato il segretario della Uilm di Palermo, Vincenzo Comella. "Su queste basi non è possibile alcun accordo. Noi non trattiamo per la chiusura degli stabilimenti. Il governo deve imporre la non chiusura di Termini Imerese" ha detto Giorgio Cremaschi, segretario nazionale Fiom, da piazza Montecitorio dove ha partecipato al sit-in.
"Marchionne ha mostrato tutta la sua arroganza, ha usato toni molto gravi su Termini Imerese. Avrà pure salvato la Fiat, ma non si può permettere di mortificare la dignità di 3 mila persone che hanno contribuito a fare grande questa azienda che ha avuto tanto dai governi ma non ha avuto niente in cambio. La nostra risposta sarà decisa". Questo il duro commento del segretario della Fiom di Termini Imerese, Roberto Mastrosimone, presente all'incontro a Palazzo Chigi.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, La Siciliaweb.it, Repubblica.it, Corriere.it]

 

 

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23 dicembre 2009
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