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The aviator

Scorsese mette in scena un kolossal fortemente voluto dal suo nuovo attore feticcio, Leonardo DiCaprio

02 febbraio 2005

Noi vi segnaliamo...
THE AVIATOR
di Martin Scorsese










Impresa mai affrontata, ma corteggiata da molti autori quella di fare rivivere sullo schermo la vita di Howard Hughes. Genio tecnico, aviatore, regista, bon vivant, grande seduttore. Scorsese ha rotto il ghiaccio. Per forza, tra i due c'è un gioco di rimandi e corrispondenze evidente: entrambi registi, entrambi irriducibili, entrambi eccellenti "sforatori" di budget. Entrambi visionari, perfezionisti, sognatori. Solo uno come Scorsese poteva trovare il coraggio di affrontare la vita di uno come Hughes.
Anche se ne ha i tratti, Hughes non è un grande Gatsby, cioè non è uno che viene su dal nulla. A diciannove anni eredita una fortuna, il timone dell'azienda petrolifera famigliare in Texas.
E' un sognatore al limite della megalomania e un tecnico geniale. Ha un'idea fissa: progettare l'aereo più veloce e più grande del mondo. Ci va vicino nel 1947 a McMinnville, in Oregon, quando cerca di far decollare lo Spruce Groose. Prototipo in grado di trasportare 700 passeggeri, da lui stesso pilotato. Il velivolo si alza di pochi metri e plana per poco più di un chilometro e mezzo, ma Hughes ha vinto la sua scommessa con l'impossibile. E di lì in poi la sua vita corrisponderà ai suoi sogni, fonda diverse linee aeree, tra cui la Twa.
Conquista le donne più desiderate dell'epoca: Katharine Hepburn, Ava Gardner, Jean Harlow. Si lancia nell'avventura della produzione cinematografica e fonda la 'mitica' Rko. Film come il primo Scarface sono anche merito del suo fiuto.  Il biopic di Scorsese si ferma qui, a questo punto della vita di Hughes che dopo i quarantacinque anni si avvierà invece su una china depressiva e fobica che lo isolerà dal mondo. Muore a settanta anni in un appartamento d'hotel a Las Vegas.  Dominato da una vera e propria fobia da contatto, usa guanti per toccare qualsiasi cosa, anche se stesso.
E Scorsese anche su questo fronte è uno che ne sa qualcosa, sul set di Cinecittà  ai tempi di Gangs si narra che nessuno potesse avvicinarlo e contattarlo senza mediazioni e distanze strategiche. Nei panni di Hughes c'è il golden actor di Hollywood, Leo DiCaprio, mentre Errol Flynn è l'inglese divo del momento, Jude Law.
E chissà che stavolta Scorsese, affrontando un mito di fondazione a stellestrisce ma in modo di sicuro meno violento e destabilizzante di Gangs of New York, non venga premiato agli Oscar, e pare assurdo ma sarebbe la sua prima volta. Per ora i Golden Globe gli hanno aperto la strada con sei candidature.

Distribuzione 01Distribution
Durata 169'
Regia Martin Scorsese
Con Leonardo DiCaprio, Cathe Blanchett, Kate Beckinsale, Jude Law
Genere Biografico


La critica
"Si capisce cosa abbia attratto Scorsese nell'ascesa e caduta di Howard Hughes, inventore e pilota, produttore e regista, megalomane e patofobo destinato a finire i suoi giorni autorecluso, vittima di paure insondabili e ossessioni igieniche. Si capisce pure che dopo il fiasco bruciante del più azzardato 'Gangs di New York', il grande regista italoamericano volesse ripartire subito con un film su commissione, per quanto colossale, facendolo il più possibile suo. Eppure, malgrado i pezzi di bravura, le fastose ricostruzioni d'epoca del fedele Dante Ferretti, la gran mole di spunti di ogni genere, o forse proprio per questo, 'The Aviator' non decolla mai davvero. (...) Però qua e là affiorano disinvoltura, tinte forti, semplificazioni tipiche dei biopic targati Miramax. Così figure del calibro di Ava Gardner e Jean Harlow risultano buttate via, mentre la morbida Cate Blanchett è così brava che pur strafacendo fa una Katharine Hepburn credibile quanto diversa dal modello, una rossa aguzza e con labbra sottili. Più riuscito il lato aviatorio e industriale, le bravate, i voli di prova, gli incidenti tremendi, la lunga battaglia di Hughes contro il boss della Pan Am e il suo senatore di fiducia (Alec Baldwin e Alan Alda, eccellenti). Ma il film da 120 milioni di dollari resta inoffensivo, più laborioso che convincente, più fragoroso che davvero emozionante. Magari, con i costi raggiunti dai kolossal, è inutile aspettarsi lavori molto personali. Ma cos'altro chiedere a Scorsese?"
Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 28 gennaio 2005

"Mettendo in scena vent'anni di vita del magnate per eccellenza, Scorsese non ci fa mancare nulla del 'mistero Hughes': tycoon megalomane e iperdotato, personalità deduttiva e uomo politicamente ambiguo, eroe dell'aria e bambino autodistruttivo, protagonista di scandali. Si concede il piacere di girare scene alla maniera di Hollywood del tempo che fu; fino a riprodurre l'impasto cromatico della fotografia, senza tuttavia cadere nel feticismo. Realizza un incidente aereo mozzafiato. Malgrado lo strumento del flash-forward, riesce a introdurci per gradi al rovinoso declino dell'uomo, coniugandone i tratti di ambiguità e complessità con quelli di umanità. Evita i freudismi e le scorciatoie psicologiche, cosa meno facile di quel che sembri. Ci offre due ore e tre quarti di grande spettacolo. Non osa portare fino in fondo, però, l'implicito che poteva fare di 'The Aviator'. Un film geniale: così come demolì il mito della nascita di una Nazione ('Gangs of New York'), allo stesso modo aveva sottomano l'occasione di fare a pezzi il Sogno Americano, equiparandolo alla paranoia pura e semplice. Che ne fosse tentato, si percepisce da molti indizi (...) E invece Scorsese si è arrestato prima, è passato al fianco della volontà di potenza del personaggio, ha glissato sui rapporti tra successo, iperattività e nevrosi."
Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 28 gennaio 2005

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02 febbraio 2005
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