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The Photograph Works. Nathalie Harb - If you were. A Palermo fino al 24 giugno

01 giugno 2006

Nathalie Harb - If you were
Francesco Pantaleone Artecontemporanea
Piazzetta Garraffello, 25 - Palermo
Fino al 24 Giugno 2006 - Ingresso libero

The Photograph Works
In che modo la fotografia agisce su di noi? Come funziona la fotografia? Per rispondere a queste domande ci si potrebbe perdere prestando attenzione alle proprietà formali ed alle regole percettive che determinano l'immagine fotografica.
Sappiamo tutti che tali proprietà devono svolgere il proprio compito; tutti noi abbiamo imparato a guardare fin dalla più tenera età, forse addirittura sin dal momento in cui siamo riusciti a mettere a fuoco le immagini.
Da bambini impariamo quasi subito la tecnica che ci consente di distinguere le cose vicine da quelle lontane, il noto dall'ignoto, i genitori dagli estranei e, in conclusione, di riconoscere la nostra stessa immagine.
In breve, il modo in cui guardiamo il mondo ci istruisce su come ''essere'' nel mondo. Questa è la lezione che la vista ci impartisce anche se, come ho appena detto, nel porre attenzione a questo aspetto è facile dimenticarsi che anche la vista ha bisogno di essere educata.

Forse, per poter rispondere alle domande iniziali, dovremmo cominciare col porre l'attenzione su cosa attrae i nostri occhi. Per esempio, in che modo sono giustapposti i colori, come cogliamo l'unità degli oggetti là dove c'è movimento e, paradossalmente, in che modo la fissità della fotografia ci conduce verso una speculazione disturbante. Sono sempre consapevole però del fatto che, nelle fotografie che mi colpiscono (e non è forse il ruolo della fotografia quello di colpire?) lo speculare sullo sguardo e la conoscenza delle regole di percezione visiva non spiegano nulla sul perché un'immagine in effetti mi colpisca. Infatti il potere della fotografia potrebbe piuttosto basarsi sulla capacità di non arrendersi di fronte alla pura oggettività dell¹ immagine, sul fatto che ci sia qualcosa nella fotografia che sfugga alle regole della percezione stessa.

Nel mio avvicinarmi alle giocose fotografie di Nathalie Harb presentate in questa mostra, sono consapevole del fatto che, dietro ad un paesaggio immediatamente riconoscibile (una fortezza vicino al mare, un set televisivo, un uomo che attraversa un prato con delle provviste, una figura reclinata ai margini della strada) si celi un'altra dimensione della realtà. Ogni volta che mi avvicino a queste immagini, sono incuriosito da come, nello stesso momento in cui le guardo, mi siano contemporaneamente familiari ed ignote, leggibili ed elusive. Sono ovviamente consapevole che siano state inscenate; attraverso delle domande l'artista inizia a far immedesimare i soggetti, ad esempio in un colore, un luogo, un oggetto e con le risposte costruisce la scena. Da questo punto di vista, posso parlare di un lavoro drammaturgico, un tipo di struttura che è alla base di tutte le forme di rappresentazione teatrale. E' forse opportuno ricordare che Roland Barhes, nel suo bellissimo saggio ''Camera Lucida'', descrive la fotografia come una forma di teatro. In questo libro egli fa una distinzione tra ciò che dà senso compiuto alla fotografia (lo studium) e ciò che invece ne disturba la costruzione (il punctum). Lo studium si basa sui principi cognitivi mentre il punctum trasforma il conosciuto in mis-conosciuto. Il punctum è ciò che inganna l'occhio cognitivo. Ciò che mi affascina in queste foto è che qui, il concetto di misconosciuto di Barthes non è il prodotto di elementi estetici di disturbo, ma piuttosto la conseguenza di molteplici narrazioni; in altre parole esse stimolano il punctum dell'immaginazione.

Prendiamo ad esempio la fotografia con il televisore bianco, spento e messo su un tavolino. Vicino al televisore ci sono modellini di uomini seminudi uno accanto all'altro. Qui, la natura oscena della televisione che ormai invade ogni aspetto del quotidiano fornendo una forma di pornografia estesa ben oltre la sfera della sessualità, è rappresentata giocosamente dalla possibilità di immaginare tali figure agire in televisione. Ovviamente tali performances restano appannaggio della mia fantasia e se dovessi provare a descriverle, rivelerebbero molto di più sulla mia natura che su quella delle fotografie stesse. Il piacere dell'immaginazione provocato dalle foto è frutto di una nostra proiezione.

Questa è l'avventura, citando ancora una volta Barthes, che scaturisce da un modo particolare di ''vedere'': ''La fotografia in se non è animata (non credo assolutamente nella fotografia realistica), ma mi anima: questo è il principio di ogni avventura'' (Camera Lucida).
In questo caso siamo vicini a comprendere in che modo funzioni la fotografia. Funziona se stimola la nostra fantasia, funziona se qualcosa di noi stessi si perde nell'incontro con essa, funziona se ci mette continuamente in gioco. Questo è l'instancabile ed infinito processo speculativo che ha luogo ogni volta che la nostra mente cerca di stabilire il proprio modo di ''vedere''. Potremmo definire tale processo come il ''raccontare storie'': il meccanismo interno che è la funzione stessa del pensiero.

Andrew Quick, Lancaster University

INFO
Francesco Pantaleone Artecontemporanea
Piazzetta Garraffello, 25 - Palermo
Tel +39 091332482
fpartecontemporanea@tin.it
www.fpac.it

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01 giugno 2006
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