The Tree of Life
Andare al cinema per "vivere una grande esperienza". Un film di poesia. Un film chiaro e profondo, pesante e meraviglioso...
Noi vi consigliamo...
THE TREE OF LIFE
di Terrence Malick
Da piccolo, Jack aveva una concezione idilliaca del mondo, conosciuto soprattutto attraverso gli occhi di sua madre, una donna che credeva nel rispetto e nell'amore verso il prossimo. Tuttavia, crescendo Jack si è trovato ad affrontare la dura realtà della vita, che di idilliaco ha ben poco, come gli ha invece sempre insegnato suo padre. Da adulto, Jack diventerà consapevole che ogni esperienza vissuta fa parte di un grande miracolo, prezioso e incomparabile, messo in atto per renderci parte di uno schema che si perpetua nel mondo da millenni...
Anno 2011
Nazione India, Gran Bretagna
Produzione Sarah Green, Bill Pohland, Brad Pitt, Dede Gardner, Grant Hill, Nicolas Gonda per Plan B Entertainment, River Road Entertainment
Distribuzione 01 Distribution
Durata 139'
Regia, Soggetto e Sceneggiatura Terrence Malick
Con Brad Pitt, Sean Penn, Jessica Chastain, Fiona Shaw, Joanna Going, Hunter McCracken, Zach Irsik
Fotografia Emmanuel Lubezki
Musiche Alexandre Desplat
Genere Drammatico
In collaborazione con Filmtrailer.com
La critica
"L'opinione di chi scrive è che The tree of life sia il più straordinario dei film visti in concorso, ma anche un capolavoro contenuto e quasi imprigionato in una crisi mistica di arduo fascino. Nel'essenza del racconto centrale, il film è un Amarcord texano di rara poesia, una delle più potenti storie sulla famiglia raccontate al cinema in questi anni. Per quanto si sa della vita di Malick, cioè quasi nulla, dovrebbe essere autobiografica, visto che tratta dell'infanzia del piccolo Jack in una religiosissima famiglia di Waco, Texas, negli anni 50. Il ritorno alla famiglia come nucleo simbolico del mondo è il tema del cinema visto fin qui. Ma nessuno era mai riuscito come Malick ad allargare il simbolo a dismisura e allo stesso tempo a schiudere semplicemente la porta di una casa e di altre vite per fare entrare lo spettatore nell'intimo profondo di tutte le relazioni familiari, il rapporto col padre, l'amore materno, la fratellanza. Quando l'arte è capace di tanto, bisogna smettere perfino di parlare di cinema o musica o pittura: diventa un'esperienza di vita.
La piccola famiglia O'Brien di Waco, colpita dal lutto insuperabile della perdita di un figlio, diventa non solo il centro di una società, del mondo, ma del cosmo intero. Il racconto delle giornate e dei momenti più anodini, i giochi di ragazzi, i litigi e i baci, le punizioni del padre e le carezze materne, perfino un sasso lanciato in uno stagno o un bagno nel fiume, tutto questo suona a un tempo più reale del reale, evocativo dell'infanzia di ciascuno di noi, e più metaforico di qualsiasi sogno visionario. Il conflitto fra un autoritario padre e una madre d'infinita dolcezza dà vita a scene di soverchiante potenza visiva e in parallelo incarna la lotta eterna fra Natura e Grazia, egoismo e amore. Senza mai scadere nell'univocità del Bene contro Male, ma con uno sguardo carico di una pietas d'altri tempi, anzi d'altre ere. Qui si dispiega il genio dell'autore della Sottile linea rossa. Oltre alle grandiose interpretazioni, nell'ordine, della star più sottovalutata dalla critica mondiale, un memorabile Brad Pitt (il padre), della splendida rivelazione Jessica Chastain (la madre), della geniale Fiona Shaw (la nonna) e del solito grande Sean Penn (Jack adulto). Ma la mano del regista riesce a fondere alla perfezione le star con un cast di dilettanti, come i maestri del neorealismo.
Dove è più difficile avventurarsi è nel prologo e nell'epilogo filosofico-scientifico-religiosi, che avvolge la piccola grande vicenda degli O'Brien in una parabola di miliardi di anni, dal Big Bang alla futura morte del pianeta, passando per i dinosauri. Vi si ammira l'erudizione di Malick, dalla laurea ad Harvard, alle traduzioni di Heidegger, agli ultimi anni trascorsi a discutere di universi paralleli con i maggiori astrofisici del mondo. Ora, sarebbe sciocco dividere il giudizio in due. La parte cosmogonica è funzionale alla narrazione, ne inquadra il senso e il valore d'insegnamento etico sull'importanza dei sentimenti. A parte questo, contempla una bellezza cinematografica senza eguali nel cinema dai tempi di Kubrick. Ma se non si è raggiunta l'invidiabile fede superiore dell'autore, risulta lontana e fredda come una galassia. Troppo perfetta.
Il rischio di Malick è la sindrome dell'opera perfetta, raccontata dal genio di Balzac ne 'Il capolavoro sconosciuto'. Ricordate? Un genio dipinge un ritratto perfetto agli occhi di tutti, ma non ai propri. Nel tentativo di creare un'opera definitiva, di «rubare a Dio il suo segreto», s'isola dal mondo, ritoccando ogni giorno il capolavoro. Quando, dopo dieci anni, lo mostra a un altro pittore si rende conto d'aver ridotto l'opera a una caotica selva di segni. Nessun genio, neppure Malick, può «rubare i segreti di Dio». Ma è anche vero che il racconto di Balzac anticipava di quasi un secolo le avanguardie pittoriche del XX secolo. Chissà se i nostri figli guarderanno a The tree of life come al primo vero film del nuovo millennio."
Curzio Maltese, 'la Repubblica'
"... qui si ha l’impressione che il regista si sia fatto guidare dall’intuito, dalla visionarietà, dall’ambizione, senza chiedersi fino a dove la sua scommessa fosse intellegibile. Così, dopo essersi fatti affascinare da immagini straordinarie, dopo aver seguito la scoperta delle durezze della vita attraverso gli occhi di un adolescente e aver capito che il sogno americano (inculcato dal padre Brad Pitt e messo in opera dal figlio Sean Penn) rischia di farci perdere il senso profondo della realtà, restiamo comunque con qualche dubbio, come di fronte a un’opera di cui si ammira l’ambizione ma che finisce anche per esserne un po' soffocata."
Paolo Mereghetti, 'Il Corriere della Sera'
"E' un film di poesia. Chiaro e profondo. Disponibile a fragorosi rifiuti. (...) un film pensante, filosoficamente stereofonico, di emozioni forti e dirette, avvolto dalla musica di Mahler e Bach."
Silvio Danese, 'La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno'
"Il merito di Malick è di condurre lo spettatore in un viaggio extracinematografico, utilizzando però armi convenzionali del cinema: un montaggio di suoni, immagini, musica. Il regista texano vola alto, anzi altissimo per sollevare il suo sguardo sull'universo. Realizza un requiem sulla morte e sulla vita (...)
La forza di Tree of Life è allo stesso tempo il suo difetto ovvero quello di concedere allo spettatore una sola possibilità: o abbracciare o abbandonarsi completamente a questo viaggio oppure rinunciare a tutto e tornare a casa. (...) il nuovo Malick è un film da un colpo solo: prendere o lasciare."
Giacomo Visco Comandini, 'Il Riformista'
"C'è uno splendido film nascosto dentro "The Tree of Life". E' la storia di una famiglia texana, nei magnifici anni Cinquanta (...). Per trovarlo bisogna farsi largo tra molta zavorra filosofica-poetica, fotografata in modo da levare il fiato ma di non eccelsa qualità."
Mariarosa Mancuso, 'Il Foglio'
"È un film totalmente anti-narrativo, in cui le tracce di 'trama' vengono cancellate dal montaggio, dalla musica, dall’azzeramento dei dialoghi, dalle incessanti voci fuori campo. (...) Due cose possiamo dire: la magnificenza formale del film è persino esagerata, e nessuno ha mai filmato dei neonati con tanta grazia e tanto amore. (...) Andate a vederlo, fatevi la vostra opinione. Non ascoltate nessuno. Piaccia o non piaccia è cinema puro, e con purezza va vissuto."
Alberto Crespi, 'l'Unità'
"L’insieme è un sermone, un numero illustrato del National Geographic, uno spaccato del Midwest e dell’individualismo made in Usa. Un po’ troppo eppure troppo poco, perché l’innesto fatica ad attecchire, la grandezza visionaria raggiunge il manierismo, la storia in sé (padre duro e insoddisfatto delle proprie realizzazioni che vorrebbe imporre ai figli la propria volontà, madre dolce e comprensiva, ragazzi ribelli in cerca del proprio io) abbastanza tradizionale. Naturalmente, Malick conosce il mestiere, e lo conosce bene: gli attori, Brad Pitt in primis, rispondono magnificamente, luci costumi, inquadrature sono da manuale, la sensibilità estetica che gli è propria permette degli effetti pittorici di grande suggestione, c’è un uso sapiente della tecnologia."
Stenio Solinas, 'il Giornale'
"Film folle e magnifico (...) un'epopea cosmica e intimistica di proporzioni superbe, un rimprovero al realismo, un disconoscimento di ironia e commedia, una riflessione sulla memoria (...) Non è un film per tutti (...). Questo è cinema visionario di sfacciato livello, grandissimo cinema."
Peter Bradshaw, 'The Guardian'
"Una sinfonia cinematografica più che un classico film, The Tree Of Life ha momenti di splendida bellezza visiva e auditiva ma alla fine si prova nostalgia per i tempi de La rabbia giovane, I giorni del cielo o La sottile linea rossa. Quando il cineasta texano era in grado di girare bene. Nei suoi film precendenti, il senso di meraviglia per i misteri della natura, del cosmo, dello spirito umano erano sempre presenti ma sullo sfondo. In The Tree Of Life invece prendono il sopravvento sulla storia e il risultato è un credo cinematografico sulla trascendenza spirituale." (...)
Mark Adams, 'Screen Daily'
"The tree of life è un'opera singolare, un'indagine impressionistica e metafisica sul posto che l'uomo occupa nel grande schema delle cose. (...) è una riflessione sull'imponderabile, è un'opera che si pone le domande che gli uomini di fede e di pensiero si pongono da millenni. Un'opera che costringe alla riflessione e come tale non un film per le masse (...) un film eccezionale (...). Brad Pitt in una delle sue migliori interpretazioni."
Todd McCarthy, 'Hollywood Reporter'
"Capolavoro o bufala? Probabilmente entrambe. Terrence Malick è entrato nella categoria degli artisti affetti da se stessi."
Luis Martínez, 'El Mundo'
Terrence Malick aveva iniziato a lavorare a questo progetto, con il titolo 'Q', già nel 1978 - In concorso al 64mo Festival di Cannes (2011).