Titolo di studio: garanzia di disoccupazione
Più della metà dei diplomati italiani è disoccupato, mentre aumenta il numero dei "cervelli in fuga"
Un tempo fare studiare i propri figli era uno dei migliori investimenti dedicati proprio ad essi. Farli diplomare e, ancora meglio, farli laureare significava affrontare sacrifici per garantirgli un futuro più prospero e migliore. Oggi, purtroppo, le cose non vanno più così. Anzi. L'Istat rileva infatti che, "nel 2011 è occupato il 45,7% dei diplomati che hanno conseguito il titolo nel 2007; di questi, otto su 10 svolgono un lavoro di tipo continuativo, cioè un lavoro svolto con cadenza regolare, anche se di durata prefissata (a termine); il 16,2% è in cerca di lavoro e il 33,7% è impegnato esclusivamente negli studi".
L’istituto nazionale di statistica dice ancora: "Rispetto alla precedente edizione dell'indagine (condotta sui diplomati del 2004 intervistati a tre anni dal titolo), la quota degli occupati si riduce di circa 5 punti percentuali (nel 2007, infatti, era superiore al 50%)". "Tra i giovani diplomati le sovrapposizioni tra attività di studio, lavoro e ricerca di occupazione sono abbastanza frequenti: poco più del 9% è uno studente lavoratore, il 6,8% lavora e, al contempo, cerca una nuova occupazione; il 7,2% studia e cerca lavoro; poco meno del 2%, oltre a lavorare, è impegnato a studiare e cercare un nuovo lavoro. Quattro anni dopo il diploma poco più del 4% non studia e non lavora", continua l'Istat.
"Mentre tra i liceali prevale la scelta di continuare gli studi (quasi il 94%), chi proviene dai percorsi più professionalizzanti si orienta verso il mercato del lavoro (l'87,8% tra chi ha studiato in un istituto professionale e il 74,1% di chi proviene da un istituto tecnico). I più elevati livelli di disoccupazione (superiori al 34%) si registrano tra i diplomati che hanno ricevuto una formazione artistica, liceale o magistrale, mentre i più bassi si rilevano tra i diplomati tecnici (22,4%) e quelli degli istituti professionali (21,4%)", continua la nota. "Poco più dell'80% degli occupati svolge un lavoro di tipo continuativo, mentre il 19% lavora in modo occasionale o stagionale. Gli occupati con contratti a termine sono il 34,6%: il 27,3% ha un contratto a tempo determinato e il 7,3% ha un lavoro a progetto - continua l'Istat -. Nelle regioni del Mezzogiorno la quota di diplomati disoccupati a quattro anni dal titolo è più che doppia rispetto a quella che si rileva nelle regioni settentrionali (23% rispetto al 10,6% nel Nord-ovest e al 9,1% nel Nord-est)".
Questa la situazione dei diplomati. Per quanto riguarda i laureati, la situazione non è migliore. Infatti, sempre secondo l’Istat, negli ultimi 10 anni, dal 2002 al 2011 è quasi triplicato in numero dei giovani laureati italiani che ha lasciato il Paese verso mete più appetibili, mentre è diminuita l'emigrazione italiana classica, quella fatta di lavoratori con appena la licenza media.
Le principali mete dei "cervelli" italiani sono la Germania, Svizzera, Regno Unito e Francia, che ne "assorbono" il 44%. Fuori Europa, i giovani sono attirati da Stati Uniti e Brasile.
Secondo il rapporto dell’istituto di statistica "Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente", il numero degli emigranti italiani con 25 anni e più oscilla nell'ultimo decennio tra 29 e 39 mila unità. Ma l'Istat ha rilevato come si "sia modificata la distribuzione dei flussi in uscita rispetto al titolo di studio posseduto: la quota di laureati passa dall'11,9% del 2002 al 27,6% del 2011, mentre la quota di emigrati con titolo fino alla licenza media passa dal 51% al 37,9%". Nello stesso periodo, il numero di italiani che si è iscritto dall'estero è diminuito da oltre 35 mila a 22 mila unità. Anche per gli iscritti risulta in aumento la quota dei laureati, dal 13,7% al 25,9%, mentre diminuisce quella di coloro in possesso di titolo fino alla licenza media, dal 66,7% al 48%.
Nel 2011 il saldo migratorio risulta negativo sia per gli individui in possesso di titolo di studio fino alla licenza media (-5 mila 200) sia per i diplomati (-6 mila 300) e sia infine per i laureati: sono infatti 10 mila 600 i laureati che lasciano il Paese e circa 5 mila 800 quelli che vi rientrano. Le principali mete di destinazione sono la Germania, la Svizzera, il Regno Unito e la Francia che, messe insieme, assorbono il 44% degli emigrati di 25 anni e più. Al di fuori dell'Europa ci si reca soprattutto negli Stati Uniti e in Brasile. Se si considerano i soli cittadini laureati la graduatoria dei Paesi di destinazione si modifica e vede al primo posto, in valore assoluto, il Regno Unito che accoglie l'11,9% degli emigrati laureati, seguito da Svizzera (11,8%), Germania (11%) e Francia (9,5%).
Sul fronte dei rientri in patria, Germania e Svizzera sono i principali Paesi di provenienza. Dall"analisi del profilo dei laureati emerge che dopo la Germania (12,8% dei ritorni) si collocano il Regno Unito (11%), gli Stati Uniti (9,6%) e la Francia (7,6%).
[Informazioni tratte da Adnkronos/Labitalia, Repubblica.it]