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Toh! all'inno di Mameli

''Non dobbiamo più essere schiavi di Roma''. Umberto Bossi ritorna col suo savoir-faire

21 luglio 2008

Disponibilità al dialogo su riforme e federalismo, ma poi un gestaccio contro l'inno nazionale. Sono i tratti che hanno contraddistinto le parole del ministro delle Riforme Umberto Bossi al congresso della Lega Nord-Liva Veneta che si è l'altro ieri a Padova.
"C'è spazio. C'è spazio. Noi siamo pronti ad accogliere le proposte del centrosinistra sul federalismo. Da parte nostra non ci sarà una chiusura al Pd e a Veltroni", ha assicurato il leader leghista. Dal palco, tra gli applausi, Bossi ha scandito: "Il federalismo non è solo la storia mia. E' la storia nostra. Il federalismo non lo farò soltanto io, ma milioni di persone". Ed è tornato ai toni battaglieri di un tempo: "La storia ha dimostrato che ogni volta che il Lombardo-Veneto si è unito ha vinto: ha la forza di battere chiunque, di abbattere gli Stati e forse sarà necessario farlo". "Dobbiamo lottare contro la canaglia centralista - ha attaccato ancora - Ci sono 15 milioni di uomini disposti a battersi per la loro libertà. O otterremo le riforme - ha ammonito con durezza il Senatur - oppure sarà battaglia e conquisteremo la nostra libertà".

"Dobbiamo lottare contro questo stato fascista" è stato il suo affondo. "E' arrivato il momento, fratelli - ha detto rivolto alla folta platea dei leghisti veneti - di farla finita. Adesso c'è il federalismo, e ogni regione deve vivere con i soldi che produce. Basta mandare i soldi a Roma e vedere i nostri sindaci costretti ad andare a Roma con il cappello in mano. Basta anche con i trasferimenti dati in base alla spesa storica - ha spiegato il ministro delle Riforme - anche questo con il federalismo intendo toglierlo di mezzo". "Noi non siamo contro la perequazione tra regioni più ricche e quelle molto povere - ha rimarcato Bossi - Ma deve essere una perequazione giusta. Non come è adesso: chi più spende più ha soldi dallo Stato. Questa è una truffa, è uno schifo".
Qundi è arrivato il gesto contro l'inno nazionale. "Non dobbiamo più essere schiavi di Roma. Toh... all'inno di Mameli dico io", ha esclamato il Senatur con il dito medio alzato, tra gli applausi.

Bossi ha anche rilanciato la necessità di una riforma della scuola, in senso federalista. "Dopo il federalismo - ha detto - bisogna passare anche alla riforma della scuola. Non possiamo più lasciare martoriare i nostri figli da gente che non viene dal Nord. Il problema della scuola è molto sentito perché tocca tutte le famiglie".
Il leader della Lega ha chiamato sul palco la parlamentare leghista Paola Goisis, della commissione Cultura della Camera, che ha rincarato la dose. "Dopo trent'anni di scuola di sinistra, di esami di sinistra, di professori di sinistra, di presidi di sinistra - ha stigmatizzato la parlamentare del Carroccio - i nostri ragazzi sono disorientati. I nostri studenti hanno bisogno di essere guidati da uno come Umberto Bossi. E non è possibile che vengano professori da ogni parte a togliere il lavoro agli insegnanti del Nord. Loro vogliono sentir parlare solo di Pirandello e Sciascia e non di un federalista come Carlo Cattaneo". "Così - ha annunciato Goisis - abbiamo proposto una riforma che faccia in modo che chi non conosce il Veneto, la sua storia, la sua lingua, la sua cultura, non possa venire ad insegnare in Veneto".

Fonte: Adnkronos

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21 luglio 2008
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