Totò Cuffaro assolto dal concorso esterno
La Corte di appello di Palermo ha ritenuto valido il principio del 'ne bis in idem'
AGGIORNAMENTO
L'ultimo atto del processo a Totò Cuffaro è cominciato intorno alle 12:30, nell'aula della seconda sezione della Corte d'appello, al primo piano del Palazzo di giustizia di Palermo.
Cuffaro ha rinunciato a presenziare sin dalle prime udienze. I suoi legali, che lo hanno incontrato nei giorni scorsi, hanno descritto la sua "agitata" vigilia. L'ex governatore ha ribadito l'amarezza per un processo che definisce "ingiusto". La notizia del verdetto dovrebbe apprenderla dalla tv accesa nella sua cella di Rebibbia.
In caso di condanna, da subito, potrebbe scattare l'alta sorveglianza per l'ex presidente. Meno socialità e fuori dalla cella solo durante l'ora d'aria, potrebbero essere le prime conseguenze. A meno che la corte presieduta da Biagio Insacco non dovesse ribadire il proscioglimento per 'ne bis in idem'. Come in primo grado.
Il processo è iniziato con la replica del procuratore generale Luigi Patronaggio. "La gravità dei fatti di questo processo vanno al di la della condanna per favoreggiamento". Il Pg cita i rapporti che Cuffaro avrebbe avuto, indirettamente e tramite Michele Aiello, con Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro. "La candidatura di Domenico Miceli fu concordata con Totò Cuffaro e il capomafia di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro - ha detto il Pg - è la prova del patto politico-mafioso. La prova della sussistenza del reato di concorso esterno".
"Nel processo di primo grado - ha detto ancora Patronaggio - non si è voluto affrontare il nodo del patto politico-mafioso. Oggi non si giudica il cuffarismo e il metodo di occupare gli spazi di potere. Le raccomandazioni nel concorso per sei medici all'ospedale Villa Sofia sono state un piacere fatto al capomafia Guttadauro".
Dopo circa tre ore di camera di consiglio, i giudici della corte ha ritenuto valido il principio del 'ne bis in idem'. L'ex presidente Cuffaro è stato prosciolto anche in appello dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa in base al principio 'ne bis in idem'. La Corte di appello di Palermo ha ritenuto che il politico fosse già stato giudicato per gli stessi fatti nel processo "Talpe alla Dda", in cui è stato condannato a 7 anni per favoreggiamento aggravato.
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Nuovo giorno del giudizio per Salvatore Cuffaro, l'ex Presidente della regione siciliana che sta già scontando una condanna a sette anni di carcere per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. Oggi, dopo le repliche di accusa e difesa, i giudici della Corte d'appello di Palermo andranno in Camera di consiglio per emettere la sentenza nell'ambito del processo che vede Cuffaro alla sbarra per concorso esterno in associazione mafiosa.
Al termine della requisitoria il pg Luigi Patronaggio ha chiesto per Cuffaro la condanna a tredici anni di carcere. In primo grado, Cuffaro era stato prosciolto perché i giudici avevano pronunciato il 'ne bis in idem', la formula che il codice prevede quando si ritiene che l’imputato sia già stato processato per gli stessi fatti.
Cuffaro è in carcere da quasi un anno e mezzo per scontare la condanna a sette anni di carcere per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e rivelazione di notizie riservate, nell’ambito del processo alle 'talpe' in Procura.
"Il tradimento di quest'uomo nei confronti dello Stato è inaudito. Abbiamo cercato di dimostrare che l'apporto di Cuffaro a Cosa nostra è un apporto volontario e consapevole, perché Cuffaro non è uno sprovveduto perché il 'Totò vasa vasa' che bacia questi uomini, bacia degli assassini e su questo non possiamo tornare indietro, non ci sono dubbi. Perché Cuffaro ha fornito notizie fondamentali per la sopravvivenza di Cosa nostra, per evitare la cattura di Provenzano e di Messina Denaro, per permettere a Cosa nostra di riorganizzarsi", ha detto Patronaggio nella requisitoria. [Adnkronos/Ign]
- Chiesti 13 anni di carcere per Totò Cuffaro (Guidasicilia.it, 30/05/12)