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Tra Chiesa e Governo, di fatto... nessuna unione

La Cei boccia l'auspicata ''sintesi'' del presidente Napolitano per la legge sulle coppie di fatto

31 gennaio 2007

Dialogo, concertazione, sintesi. Tre parole magiche che a sentire i discorsi dei politici tutti, prima e dopo le elezioni, e anche quelle della Chiesa, prediamo per esempio il recente invito del card. Ruini dove ai due schieramenti parlamentari ad eliminare il ''muro contro muro'', sembravano essere il fulcro per una nuova politica e per un nuovo modus interpretativo della vita sociale del Paese.
Nonostante i buoni propositi di tutti, negli ultimi tempi si è visto poco dialogo, poca concertazione, poca sintesi, o meglio, se tutte le tre cose ci sono state, sono state applicate malgrado questa o quella presa di posizione, con forzature e malcontenti. Abbondanti.
Come dire, il principio comune a capo delle tre parole/concetto va bene a tutti, è però l'interpretazione di questo principio, e soprattutto il ''chi deve andare verso chi'', che mette scompiglio e crea dissapori.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, delle parole ''dialogo'', ''concertazione'' e ''sintesi'' ne aveva fatto punto focale della sua rappresentanza fin dall'insediamento al Quirinale.  Le ha poi utilizzate come augurio nel discorso di fine anno. Insomma, nelle tre ''parole magiche'' c'è l'anima della Democrazia, ha sempre voluto ribadire Napolitano, ma il suo augurio, auspicio, forse anche desiderio, sembra impossibile che si avveri in Italia.
E di sintesi ha nuovamente parlato nei giorni scorsi, mentre in visita in Spagna ha parlato della difficile gestazione che la politica del governo sta avendo con la legge sulle unioni di fatto. Un percorso complicato ma che sicuramente si concluderà per il meglio accontentando tutti, compreso la Chiesa, irremovibile nelle sue posizioni contro. ''Sicuramente la politica italiana sul tema delle unioni di fatto troverà ''una sintesi'' adatta anche nei confronti delle preoccupazioni della Chiesa''.  

Ed ecco che ci risiamo... Sintesi? Ma per chi? Non ci sarà nessuna buona sintesi politica che farà aprire il clero monsignor Giuseppe Betorinei confronti delle ''unioni di fatto''. Nessuna.
Infatti i vescovi hanno replicato il loro ''NO'' a qualunque riconoscimento giuridico alle coppie di fatto e hanno bocciato nettamente l'appello del presidente della Repubblica arrivato dalla Spagna.
La Cei, sottolineando che ''di fronte alle accuse di indebita ingerenza nell'attività legislativa, anche per ciò che concerne il riconoscimento giuridico delle unioni di fatto, al riguardo la Chiesa non può rimanere indifferente e silenziosa'', e sostenendo di aver comunque apprezzato l'intervento del capo dello Stato, ha detto che ''la sintesi si fa nel rispetto delle identità, altrimenti diventa un compromesso o una mediazione''. Quindi, detto questo, nessun arretramento: ''Se la legge passa, non potremo rimanere inerti''.
Secondo monsignor Giuseppe Betori, segretario della, non mancano ''sfumature'' all'interno dei vescovi, ''ma c'è fondamentale unità sul 'no' a qualunque riconoscimento giuridico alle coppie di fatto''. Né ci sono, ha sottolineato, ''trattative o contatti specifici con il mondo politico, ovviamente il dialogo è costante con le persone che appartengono alla vita pubblica, ma non c'è alcuna trattativa su questi temi''. Come dire: assodato che la Chiesa ha il diritto di intervenire sulle decisioni della politica, Essa non ha però alcuna intenzione di utilizzare termini fondamentali per la politica quali, appunto, compromesso o mediazione.
C'è qualcosa di stonato...

Nella serata di ieri, dopo la fiera posizione presentata dalla Cei, il Vaticano ha voluto sfumare i contorni delle affermazioni fatte, e per bocca del portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha soprattutto sottolineato la valenza positiva dell'appello di Napolitano. ''L'intervento del Presidente - ha spiegato Lombardi - è certamente molto apprezzabile: dimostra la grande attenzione per le posizioni del Santo Padre da lui già più volte manifestata, e incoraggia ad un atteggiamento di dialogo e di rispetto che non è sempre presente nell'attuale dibattito politico''. ''Rimane da vedere - ha però avvisato padre Lombardi - come possa essere trovata nel dialogo la auspicata sintesi, coinvolgendo le diverse componenti della comunità politica e sociale italiana, e in modo che le posizioni manifestate dalle autorità della Chiesa in Italia siano tenute nel conto dovuto''.

Dialogo, concertazione e sintesi anche nelle parole del presidente del Consiglio Romano Prodi, commentando l'appello al dialogo con le gerarchie ecclesiastiche lanciato da Napolitano. Prodi ha detto di essersi sempre posto, ''fino in fondo, il problema di dialogare con la Chiesa e di tener conto dei suoi timori sulla vicenda delle coppie di fatto'', e assicura che sulla questione dei Pacs ascolterà il Papa.
Questo però, secondo il presidente del Senato Franco Marini, non può significare rinunciare a legiferare perché occorre ''imporre con forza la necessità di dare risposte ai diritti essenziali delle persone, che non possono essere discriminati'', in quanto si tratta di ''un fatto di civiltà per il nostro paese''. ''Peraltro - ha detto ancora Marini - mi sembra che il lavoro che stanno facendo i ministri Bindi e Pollastrini è un lavoro serio che tiene conto della concezione della famiglia nella nostra costituzione''. Secondo il presidente del Senato è infatti necessario che ''l'ipotesi a cui si lavora sia concettualmente lontana dai pacs e dai simil matrimoni''.
Bene il dialogo, bene pure la sintesi ma la politica ha bisogno di garanzie. Il presidente della Camera Fausto Bertinotti, mette l'accento sulla centralità che deve avere la politica nelle tematiche legislative, e sulle coppie di fatto dice: ''Semplicemente chiedo una soglia minima di garanzia per tutti e quindi ugualmente rispettosa''. Per quanto riguarda i Pacs, Bertinotti, sostiene: ''Non capisco davvero come si possa obiettare, dal punto di vista del riconoscimento delle culture di diritto che sembrano essere universalmente riconosciute, sul fatto che delle persone che vivono in unioni diverse dal matrimonio, ma consolidate dalla loro scelta affettiva indipendentemente dal genere e dalla vocazione sessuale, non debbano avere dei diritti che hanno a che fare precisamente con il consolidamento di questa unione''.

Intanto tra i partiti di maggioranza...
L'Ulivo chiederà agli alleati di ritirare le mozioni sulle coppie di fatto e di aderire alla propria, che ''fa riferimento al programma dell'Unione''. Lo ha riferito il capogruppo dell'Ulivo alla Camera, Dario Franceschini, al termine di una riunione del gruppo a cui ha partecipato anche il ministro Rosy Bindi. Questo, secondo la dirigenza, permetterebbe al governo di portare avanti una sintesi centrata sull'istituzione di una certificazione anagrafica delle convivenze al posto del registro delle unioni civili. In questo modo, i conviventi (dunque coppie non sposate, anche dello stesso sesso) si presenterebbero all'anagrafe fornendo una dichiarazione congiunta che andrebbe ad integrare la scheda anagrafica. Una dichiarazione per certificare che sono legati da vincoli affettivi e dalla quale deriverebbero i loro diritti e doveri reciproci, una volta che la loro convivenza sia considerata stabile.
Una scelta non priva di difficoltà, durante la riunione sono intervenuti infatti alcuni esponenti del ''Correntone'' dei Ds, che hanno espresso una preferenza per le mozioni della Rosa nel pugno o del Prc, giudicate ''più avanzate''. L'idea era quindi quella di votare la mozione dell'Ulivo, ma lasciare ai singoli la possibilità di votare i documenti degli altri gruppi. Insomma proprio quella ''libertà di coscienza'' invocata da Mastella e criticata dal resto dell'Unione. Questa possibilità è stata però esclusa a nome del governo dal ministro Bindi. ''Qualcuno dice che preferisce la mozione della Rosa nel Pugno, ma se passa quella mozione - ha messo in guardia - il governo poi non può prescindere dai suoi contenuti. E allora salta la possibilità di un punto di incontro e la legge non vedrà mai la luce''.
Se si vuole trovare una mediazione tra posizioni molto diverse, è stato quindi il monito della Bindi condiviso da Franceschini, l'unica possibilità è far passare la mozione dell'Ulivo, ''un punto di equilibrio accettabile per tutti''. "L'obiettivo - ha sottolineato Franceschini - è fare una legge, non di affermare la propria posizione''. Alla fine il gruppo ha votato la proposta di Franceschini, appoggiata da tutti i deputati, con un solo astenuto.

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31 gennaio 2007
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