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Tra pentiti eccellenti e latitanti catturati... La Giustizia in Sicilia continua a sferrare duri colpi a Cosa nostra

24 gennaio 2008

Il ''regno'' del boss mafiosa palermitano, Salvatore Lo Piccolo continua inesorabilmente a sgretolarsi. Prova ne è la notizia dell'ulteriore pentimento da parte di un altro dei suoi più stretti collaboratori, Gaspare Pulizzi. E' il terzo pentito del mandamento di San Lorenzo, dopo Francesco Franzese e Antonino Nuccio. Pulizzi venne arrestato il 5 novembre scorso insieme a Salvatore e Sandro Lo Piccolo, nel covo di Giardinello, nel palermitano.
Secondo indiscrezioni, sarebbero bastate poche settimane di carcere per indurlo alla collaborazione coi magistrati della Dda, ai quali starebbe rilevando fatti ancora inediti o comunque da ricostruire. Pulizzi si troverebbe sotto protezione in una località sconosciuta ed avrebbero lasciato Carini (PA) anche i suoi parenti più stretti. Alcuni componenti della famiglia si sono invece dissociati dalla decisione del boss, sostenendo di non volere più avere a che fare con lui. La decisione di Pulizzi sembra non essere piaciuta assolutamente neanche a Joe Battista Pulizzi, padre di Gaspare, che per dimostrare al paese la propria contrarietà, lo scorso sabato pomeriggio ha preso il suo furgone ed investito l'auto della polizia che stava portando in una località segreta la moglie e i figli del neo collaboratore di giustizia. L'uomo è stato poi arrestato per tentato omicidio.

"Il fatto che ci sia un nuovo collaboratore è la dimostrazione che dopo le grandi operazioni che hanno decapitato i vertici di cosa nostra comincia la fuga dal fortino mafioso". Lo afferma il deputato Carlo Vizzini componente della Commissione nazionale antimafia. "Dopo anni di crisi delle collaborazioni se ne registrano tre in pochissimo tempo. A seguito di questo sono certo che nel prossimo futuro assisteremo a nuove operazioni di cattura ed a nuovi successi investigativi. Siamo di fronte ad una crisi di vertice dell'organizzazione criminale che può accelerare un processo di ribellione generalizzata all'egemonia mafiosa".
“Siamo sulla buona strada perchè l'impero di Salvatore Lo Piccolo si sgretoli”. Ha confermato il questore di Palermo, Giuseppe Caruso. Per il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Francesco Forgione: “Il clan Lo Piccolo ora sta cedendo anche sotto il profilo del controllo interno alla cosca. Era da molto tempo che nello stesso clan non si verificavano tre collaboratori in poco tempo e questo è un segnale sicuramente positivo”.
 
E se a Palermo le cose di Cosa nostra non vanno per niente bene, a Catania i clan non se la passerebbero certo meglio. E' notizia di ieri, infatti, l'arresto di Nicola Tucci, 41 anni, ricercato per associazione mafiosa e omicidio dal luglio dello scorso anno. L'uomo ritenuto uno dei sicari della cosca Mazzei è stato condannato all'ergastolo perchè ritenuto l'esecutore materiale per l'uccisione di Domenico Zuccaro, esponente di spicco della famiglia Santapaola nell'ambito di una guerra di mafia tra i due clan. L'omicidio avvenne nel marzo del 1998 a Catania. Per quel delitto, Tucci era stato arrestato ma nel luglio dello scorso anno era stato scarcerato per decorrenza dei termini detentivi. Dieci giorni dopo è arrivata la sentenza che lo ha condannato all'ergastolo, ma si era già reso latitante.

Agenti della Squadra Mobile della Questura di Catania all'alba di ieri hanno fatto irruzione in un casolare di Misterbianco dove ritenevano si nascondesse e lo hanno catturato. A conclusione dell'operazione gli investigatori hanno anche arrestato una donna di 36 anni che era con lui, per favoreggiamento. L'arresto di Tucci è avvenuto al termine di indagini coordinate dal procuratore aggiunto della Dda di Catania Ugo Rossi.
Nei confronti di Tucci, che secondo gli investigatori avrebbe retto il clan Mazzei durante la latitanza, nel giugno del 1998 era stata emessa un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nell'ambito dell'operazione 'Orione'.

Infine, ritornando nel Capoluogo siciliano, la Camera di Consiglio dei giudici della II sezione della Corte d'Appello di Palermo ha deciso di ridurre le condanne per quattro boss.
La II sezione della La Corte d'Appello, presieduta da Claudio Dall'Acqua, ha deciso il processo di secondo grado a 23 tra capimafia ed estortori delle cosche palermitane. L'accusa era sostenuta dal pg Giovanni Ilarda.
Le pene sono state ridotte ai boss Cosimo Vernengo (dai 12 anni e 8 mesi del primo grado a 12 anni, 6 mesi e 20 giorni) e Giancarlo Ciaramitaro (dai 10 anni e 6 mesi del primo grado a 10 anni, 5 mesi e 10 giorni). La riforma parziale del verdetto deriva dall'assoluzione di entrambi per alcuni episodi di taglieggiamento. "Sconti" anche a Matteo Binario (4 anni contro 5 anni in primo grado) e Luigi Calascibetta (4 anni e 6 mesi contro i 5 anni e 6 mesi del primo grado).
Sono invece state confermate le condanne per Benedetto Graviano, capomafia di Brancaccio, Pietro Tagliavia, Gregorio Bertolino, Vincenzo Cascino, Giuseppe Contorno, Giuseppe Di Pace, Giuseppe Galati, Benedetto Lo Verde, Gaetano Messina, Pietro Pilo, Antonino Rotolo, Pietro Mendola, Tommaso Lo Presti, Marcello Cusimano, Antonino Anello, Angelo Ingrao, Antonino Glorioso, Antonino Stancanelli e Cesare Lupo.
Gli imputati dovranno risarcire le parti civili costituite: Cna Sicilia (Confederazione Nazionale Artigiani), Legacoop Sicilia, Confesercenti, Assindustria, S.O.S. Impresa e Confcommercio.

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24 gennaio 2008
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