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Tra privacy e trasparenza

Mentre il Codacons richiede un risarcimento milionario l'Agenzia delle Entrate è convinta di non aver violato

05 maggio 2008

Mentre è ancora da decidere se ci sia stata, in termini di legge, un'effettiva violazione della privacy perpetrata dall'Agenzia delle Entrate avendo pubblicato on line i redditi dei cittadini italiani (leggi), il Codacons ha già preso la sua decisione, e costituendosi parte offesa nell'ambito dell'inchiesta avviata dalla procura di Roma sulla pubblicazione dei dati fiscali, ha chiesto, dopo aver nominato un legale "per tutelare gli interessi dei contribuenti messi in rete senza il rispetto delle procedure previste dalla legge 241/90 come modificata dalla legge 15/05", 20 miliardi di euro di risarcimento per violazione delle norme penali sulla privacy.
La somma del risarcimento chiesto andrebbe poi ripartita tra i 38 milioni di contribuenti italiani, per un dividendo di appena 52 euro ciascuno.
Nella istanza presentata si chiede anche il sequestro degli elenchi da chiunque detenuti, anche attraverso l'oscuramento dei siti che ancora li offrono in visione gratuita o a pagamento.

Intanto ieri una copia della denuncia è stata presentata anche sulla scrivania della polizia postale e della Autorità della Privacy che potranno quindi agire anche autonomamente. Ma il Codacons ha anche diffuso una specie di decalogo per chiarire quando la diffusione di una denuncia dei redditi non costituisce reato. L'avvocato amministrativista e presidente del Codacons, Carlo Rienzi, ha ricordato che il Consiglio di Stato con numerose pronunce ha definito esattamente ciò che è lecito e ciò che non lo è nella materia in questione con decine di sentenze.
"Laddove si tratti di redditi di soggetti che in vario modo sono alimentati da danaro pubblico o comunque destinati a finalità pubbliche - ha dichiarato Rienzi - è sicuramente ammissibile l'accesso alla denuncia dei redditi e la sua pubblicazione. Ad esempio - prosegue Rienzi - tutti i redditi degli addetti e dirigenti pubblici, compresi i componenti degli organi elettivi come Comuni, Regioni, Camera e Senato, pagati con danari dei cittadini sono accessibili a chi ne faccia richiesta. Lo stesso per i dirigenti degli enti pubblici, e delle società concessionarie come la Rai , Ferrovie, Acea, Poste e di qualsiasi altro ente che eroghi un servizio pubblico universale pagato dai cittadini o con una parte dei danari dei cittadini". "Ancora sono pubblicabili i redditi di soggetti dello spettacolo, della politica, dello sport, della società civile, la cui notorietà e rilevanza e interesse sociale - ha aggiunto Rienzi - faccia scattare il diritto-dovere di cronaca, che, come è noto, costituisce un diritto costituzionale pari a quello della riservatezza, e quindi una esimente da reati e rende non punibile ciò che altrimenti lo sarebbe". "E altrettanto accessibili sono le denunce dei redditi quando esse servono al cittadino per difendersi in giudizio, come ad esempio il coniuge che intende fare causa all'altro coniuge ha diritto a vederne la denuncia dei redditi ai fini di ottenere dal Giudice una giusta sentenza circa gli obblighi di mantenimento della famiglia".
"In pratica - ha concluso Rienzi - chi vuole mettere il naso negli affari altrui deve avere un interesse qualificato e concreto, come stabilisce l'art. 25 della legge 241/90, e deve in ogni caso lasciare traccia della sua domanda di accesso e del suo interesse. Ciò anche ai fini della responsabilità che su di lui incombe ove il dato venga diffuso a terzi per sua colpa".
E' invece sicuramente "da escludersi" la possibilità di pubblicare tutte le denunce dei redditi su internet in modo generalizzato.
 
Per Vincenzo Visco, viceministro dell'Economia uscente, e Massimo Romano, direttore generale dell'Agenzia delle Entrate, la scelta eseguita nei giorni scorsi non costituisce reato, ed entrambi sono convinti di riuscire a dimostrare le loro ragioni. Davanti al Garante della Privacy, prima. Di fronte al pubblico ministero, poi. "Con argomenti - spiega Guido Calvi, legale di Visco - capaci di svelare una certa ipocrisia con cui tutta questa vicenda è stata affrontata e la pelosa indignazione che l'ha accompagnata. Visco è tranquillo e non potrebbe essere diversamente, visto che riteniamo che il reato che viene ipotizzato, il trattamento illecito di dati personali, non può conoscere destino diverso che non un'archiviazione. Va da sé che rispettiamo il lavoro di un magistrato responsabile e capace come il procuratore aggiunto Franco Ionta, ma è altrettanto chiaro che in questa storia le procedure sono state rispettate e che chi oggi le contesta nel dibattito pubblico dovrebbe avere almeno l'onestà intellettuale non di cavillare, ma di dire con chiarezza agli italiani che non vuole che un principio di trasparenza fissato per legge nel lontano 1973 venga applicato. Si abbia insomma il coraggio di riconoscere che quelle norme non vanno più bene e che, negli anni scorsi, quando pure sono state applicate qualcuno dormiva".

Gli argomenti principali che presenterà l'avvocato Calvi sono due, per altro già in qualche modo resi espliciti nel decreto del 5 marzo 2008 con cui è stata disposta la pubblicazione online degli elenchi dei contribuenti per l'anno di imposta 2005. Il primo argomento insiste sul "principio di trasparenza e l'obbligo di pubblicazione" dei dati fissato dalla legge del 1973. Il secondo sulla "assoluta equivalenza tra lo strumento della carta stampata e Internet". E' questo il punto evidentemente controverso dell'intera vicenda e, all'osso, il ragionamento dell'Agenzia suona così. Negli anni passati, i quotidiani, in più occasioni hanno pubblicato elenchi completi di contribuenti e gli stessi quotidiani, da anni, diffondono i propri contenuti non solo su carta, ma anche online. In occasione di questi precedenti, il Garante non ebbe nulla su cui eccepire, escludendo sia la natura "sensibile" del dato nudo e crudo degli importi delle dichiarazioni, sia del modo con cui veniva diffuso (in quel caso dai giornali), fosse la carta o la rete.
L'argomento delle Entrate ha due obiettivi: difendersi dall'accusa di non aver consultato il Garante prima della diffusione degli elenchi online, e rintuzzare l'obiezione di chi individua proprio nella scelta di consentire un accesso senza filtri attraverso Internet una macroscopica violazione della privacy, perché in grado di spalancare la porta a un vouyerismo senza confini, senza volto e ripetibile nel tempo. In altri termini, l'Agenzia si prepara a sostenere che si volesse accogliere come argomento "la censura di Grillo" (soggetti anonimi e potenzialmente mossi da pessime intenzioni hanno avuto accesso a informazioni riservate senza dover lasciare traccia del loro passaggio), allora anche le pubblicazioni degli anni scorsi sarebbero state illegittime, a meno di non voler sostenere che tutti i lettori potenziali di un quotidiano possano o debbano essere rintracciati con nome e cognome.

Cosa succede negli altri Paesi
Stati Uniti d'America: dichiarazioni private - Le denunce dei redditi sono strettamente private negli Stati Unti e non sono mai rese pubbliche dall'IRS, il fisco americano. "Negli Stati Uniti tutte le informazioni personali riguardanti il contribuente sono protette dalla Federal Tax Law - ha spiegato all'Ansa il portavoce dell'IRS, Andrew DeSouza -. Nessuna informazione privata, come nome, numero sicurezza sociale, indirizzo, numero di telefono, reddito può essere reso pubblico. Noi rendiamo accessibili al pubblico, sul nostro sito Internet, solo dati statistici generali, senza alcun riferimento comunque a informazioni di tipo personale".
Gran Bretagna: serve la liberatoria - In Gran Bretagna le dichiarazioni sono coperte dal diritto alla privacy. Nessuno può quindi, tanto meno via internet, accedere a file privati senza avere una liberatoria. Sono ovviamente esclusi i commercialisti, che lavorano in delega ai propri assistiti, e gli agenti del fisco. L'unico caso in cui i dati fiscali di singoli cittadini possono divenire di dominio pubblico è quando vengono dischiusi, sotto richiesta di un giudice, in un processo che avviene a porte aperte. Gli impiegati della HM Revenue & Customs, l'agenzia delle entrate britannica, non possono in alcun caso dare accesso a membri del pubblico, compresi i giornalisti, pena la perdita del posto di lavoro.
Irlanda: online gli evasori - Sono oltre 120 i nomi dei contribuenti irlandesi che compaiono negli elenchi pubblicati dall'Amministrazione fiscale e che riportano, oltre ai nomi e ai cognomi, anche la tipologia dell'imposta o del tributo non versati e l'ammontare complessivo, inclusi interessi e sanzioni, pagati per siglare la pace con il fisco e per fare il reingresso tra la platea dei contribuenti fiscalmente corretti.
Germania: niente elenchi - Anche in Germania non è possibile per il fisco tedesco rendere pubbliche le dichiarazioni dei redditi dei contribuenti a causa delle rigorose regole sulla privacy.

[Informazioni tratte da Adnkronos.com, Repubblica.it, Corriere.it]

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05 maggio 2008
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