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Trasferito per... troppe attenzioni

Il boss dei boss Bernardo Provenzano trasferito dal carcere di Terni a quello di Novara

16 aprile 2007

Bernardo Provenzano, superboss, super latitante, nemico pubblico numero uno di tutta Italia, è in carcere ormai da un anno. Venerdì scorso è stato trasferito dal carcere di Terni a quello di Novara, perché, sembra, che il boss corleonese abbia ricevuto qualche ''attenzione'' di troppo.
Detenuto nel carcere umbro insieme ad altri mafiosi in regime di 41 bis, il cosiddetto ''carcere duro'', secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, la scelta di trasferire il boss sarebbe stata presa dopo qualche ''concessione'' da parte della direzione del carcere al padrino, come una torta inviata al boss il giorno in cui ha compiuto 74 anni.

La decisione, ha scritto l'autorevole quotidiano di via Solferino, viene spiegata al Dap (il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria), come una normale rotazione all'interno di un circuito governato da particolari misure di sicurezza. Ma la scelta di trasferire il boss sarebbe una mossa preventiva per evitare problemi tra la direzione del carcere di Terni e la polizia penitenziaria incaricata di sorvegliare il boss dei boss.
Dalla direzione del carcere ternano, hanno sottolineato che: ''Non esiste alcun collegamento fra un dolce recapitato a Bernardo Provenzano nel carcere di Terni il giorno del suo compleanno e il trasferimento del boss a Novara''. Per quanto riguarda la torta recapitata al boss (il 31 gennaio scorso, ndr) si sarebbe trattato di una crostatina confezionata, che tutti i detenuti hanno quotidianamente a disposizione, insieme ad altre opzioni.

Comunque sia, da tre giorni Provenzano si trova nel carcere di Novara, nella cella che fu del suo  ''braccio destro'', Nino Giuffrè, detto ''manuzza'', che dopo tre mesi di detenzione decise di collaborare con la giustizia, e che attualmente è uno dei pentiti più importanti degli ultimi anni.

''Una torta e troppe attenzioni''
di Giovanni Bianconi (Corriere.it, 15 aprile 2007)

Trascorso un anno di vitto e alloggio a spese dello Stato, Bernardo Provenzano cambia residenza. Sempre a carico dell'erario e sempre in una prigione blindata, ma da Terni è passato a Novara, nell'istituto dove sono rinchiusi altri mafiosi di rango ristretti come lui ai rigori dell'articolo 41 bis, il cosiddetto ''carcere duro''. Il trasferimento è avvenuto venerdì, due giorni dopo l'anniversario della cattura nella masseria di montagna dei cavalli, alle porte di Corleone. La decisione viene spiegata al Dap, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, come una normale rotazione all'interno di un circuito governato da particolari misure di sicurezza.
Al di là delle giustificazioni formali, però, la scelta di trasferire il boss sarebbe una mossa preventiva per evitare problemi tra la direzione del carcere di Terni e gli uomini del Gom, il gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria incaricato di sorvegliare su Provenzano. Frizioni dovute - sembra - a qualche ''concessione'' al padrino che i suoi guardiani non avrebbero gradito. Niente di particolare o fuori dalle regole, ma piccoli segni di attenzione verso il pluriergastolano capo di Cosa Nostra che non sarebbero piaciuti agli agenti di custodia.

L'esempio di cui si parla è la torta inviata al boss il giorno in cui ha compiuto 74 anni. Che poi era una semplice crostatina confezionata del Mulino Bianco, peso netto 80 grammi, sufficienti a fare rumore nell'ambiente penitenziario.
Era il 31 gennaio scorso, primo compleanno di Provenzano in cella dopo 43 anni di latitanza. Quel giorno nel menù del boss è comparso il dolce, su disposizione del direttore Francesco Dell'Aira. Menù particolare, parametrato con quello della mensa degli agenti di custodia nel quale la domenica è prevista proprio la crostatina. Che rientra periodicamente nella ''tabella vittuaria'' dei detenuti, ed è acquistabile ogni giorno come ''sopravvitto'' da qualunque recluso. Di qui l'idea del direttore di aggiungerla, nell'occasione, al pasto del padrino. Senza violare alcuna norma. Ma in certi discorsi interni al carcere quella crostatina è diventata ''la torta di compleanno'' per Provenzano, suscitando qualche malumore. Per la cronaca: il capomafia non l'ha nemmeno mangiata, nel rigoroso rispetto della dieta prescritta dal medico.

I malumori del nucleo speciale di agenti penitenziari che controlla Provenzano sono arrivati fino a Roma, e per evitare ulteriori complicazioni il Dap ha deciso di giocare d'anticipo trasferendo il boss che così ha lasciato la cella nel reparto speciale costruito a suo tempo per ospitare il ''collega'' Totò Riina. Poi l'altro corleonese ebbe problemi di salute che costrinsero l'amministrazione a spedirlo nel carcere milanese di Opera, e il reparto rimasto vuoto fu occupato da Provenzano. In un'altra ala del blindatissimo edificio è tuttora recluso Giovanni Riina, il figlio di Totò, ergastolano anche lui, di cui si disse che quando arrivò Provenzano lo apostrofò a distanza come ''sbirro''. Notizia pubblicata, smentita con annuncio di querela da parte di Riina jr. e letta - nel circuito penitenziario - come un primo tentativo di strumentalizzare la permanenza del neo-catturato a Terni. Forse per provocare un trasferimento immediato, che non ci fu.

La traduzione del detenuto super-sorvegliato è avvenuta l'altra mattina, appena è stata trovata una ''finestra'' tra un impegno processuale e l'altro. Negli ultimi mesi infatti Provenzano viene convocato spesso nei diversi processi in cui è imputato, e non rinuncia quasi mai a seguire le udienze in video-conferenza. Sempre in silenzio. Per il resto, in questo anno di prigionia le sue giornate sono trascorse tra la lettura della Bibbia e delle carte giudiziarie che gli hanno riempito la cella. Insieme alla televisione. Unica richiesta in dodici mesi, vedere la tv siciliana Tgs. Ma in Umbria è impossibile; gli fu proposto di abbonarsi al Giornale di Sicilia e rispose che costava troppo. ''Non ho soldi'', disse, mentre i magistrati palermitani erano già impegnati nella ricerca del suo ''tesoro'' nascosto, ancora in corso.
Ora Provenzano è rinchiuso nella cella novarese che fu di un suo ''fedelissimi'', Nino Giuffrè, capomafia delle Madonie che dopo tre mesi passati dietro quelle sbarre decise di collaborare con la giustizia. Chissà se nella scelta c'è stato anche un pizzico di scaramanzia.

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16 aprile 2007
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