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Trattativa Stato-mafia: il Governo sarà parte civile

A pochi giorni dall'udienza preliminare, la delibera del Consiglio dei ministri

27 ottobre 2012

Il Consiglio dei ministri ha deliberato "la costituzione di parte civile del governo all'udienza preliminare del procedimento penale dinanzi al tribunale di Palermo a carico di Leoluca Biagio Bagarella e degli altri 11 imputati per i capi di imputazione di interesse dello Stato".
Insomma, il Governo nazionale si costituirà parte civile al processo sulla trattativa Stato mafia. Lunedì 29 ottobre, infatti, il giudice di Palermo Piergiorgio Morosini dovrà decidere se rinviare a processo gli imputati dell'inchiesta.

Il 24 luglio scorso i pm del capoluogo siciliano avevano chiesto il rinvio a giudizio i dodici personaggi indagati per il presunto patto che, secondo la Procura di Palermo, portò pezzi delle istituzioni a trattare con Cosa nostra. A colpi di stragi e bombe - che provocarono la morte dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, gli uomini della scorta e tanti altri innocenti a Milano e Firenze - la mafia voleva spezzare le catene del carcere duro cui erano sottoposti i boss.

"La costituzione di parte civile del Governo può essere un segnale importante di effettiva attenzione alla ricerca della verità su cosa accadde in uno dei periodi più oscuri della nostra storia recente". Questo il commenta del pm di Palermo Nino Di Matteo, uno dei titolari dell'indagine sulla trattativa Stato-Mafia, assieme al procuratore aggiunto Antonio Ingroia.

Sul fronte politico, il primo a esprimere la propria soddisfazione per la decisione del governo è Antonio Di Pietro: "A forza di martellare siamo riusciti a far ammorbidire le pietre che stanno al governo, anche se abbiamo dovuto aspettare fino all'ultimo minuto", ha commenta il leader dell'Italia dei Valori. "E' una scelta che ci sta bene e sta bene agli italiani, ma rimane l'amarezza di quanto abbiamo dovuto lottare, con i denti e con le mani, per una decisione che in realtà era ed è doverosa".
Per l'associazione familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili "è importante che le istituzioni vogliano insieme a noi la verità. E' una notizia che accogliamo con piacere", dice la presidente dell'associazione, Giovanna Maggiani Chelli, aggiungendo che "noi i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili ci costituiremo durante la prima udienza del processo".

Intanto l'ex ufficiale dei carabinieri Giuseppe De Donno ha presentato istanza di ricusazione del gup di Palermo Piergiorio Morosini. De Donno è uno dei 12 imputati: è accusato di violenza o minaccia a Corpo politico dello Stato. Secondo il legale di De Donno, Morosini sarebbe incompatibile in quanto avrebbe espresso "valutazioni anticipatorie rispetto al processo" in un libro, "Attentato alla giustizia", pubblicato l'anno scorso. Sulla questione deciderà la corte d'appello di Palermo che dovrà pronunciarsi in breve tempo.
"Non ravviso motivi di incompatibilità, pertanto non mi astengo - replica Morosini -: affiderò la decisione sulla questione alla corte come prevede il codice di procedura penale".

Gli imputati sono 5 mafiosi: Leoluca Bagarella, il capolista, Totò Riina, Bernardo Provenzano, Antonino Cinà e il pentito Giovanni Brusca; 3 politici: Calogero Mannino, Marcello Dell'Utri e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino; ci sono poi 3 carabinieri, i generali Mario Mori e Antonio Subranni e l'ex colonnello Giuseppe De Donno.
Infine è imputato anche Massimo Ciancimino, che risponde, oltre che della trattativa, di concorso in associazione mafiosa e calunnia aggravata.
Per tutti l'accusa è di attentato a corpo politico dello Stato, tranne che per Mancino, accusato solo di falsa testimonianza dopo la sua audizione al processo Mori-Obinu del 24 febbraio scorso. Per gli inquirenti palermitani, agirono "per turbare la regolare attività dei corpi politici dello Stato".
Secondo la stessa richiesta di rinvio a giudizio, tutti coloro che parteciparono alla trattativa agirono "in concorso con l'allora capo della polizia Vincenzo Parisi e il vice direttore del Dap Francesco Di Maggio, deceduti": loro avrebbero ammorbidito la linea dello Stato contro la mafia, revocando centinaia di 41 bis.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it, Repubblica/Palermo.it]

 

 

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27 ottobre 2012
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