Trema la Pianura Padana
Sette vittime, quattromila sfollati, danni incalcolabili, mentre la terra continua a tremare
Erano le 4:04 di ieri quando un forte sisma di grado 5.9 della scala Richter, ha colpito la pianura padana emiliana. Una lunga e intensa scossa di terremoto, della forza di poco inferiore a quella che il 6 aprile 2009 distrusse L'Aquila. Una ventina di secondi che hanno squarciato la notte da Milano a Venezia, da Torino a Trieste, da Bolzano a Bologna.
L'epicentro è stato registrato proprio in Emilia-Romagna - la Regione che già a gennaio era stata 'strattonata' per ben due volte da altrettanti terremoti - tra le province di Modena e Ferrara. Secondo i dati registrati dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia l'evento sismico si è verificato a una profondità di circa 6 km. Per la precisione l'epicentro è stato localizzato tra i comuni di Finale Emilia e San Felice sul Panaro in provincia di Modena, e Sermide in provincia di Mantova. Un fazzoletto di terra in cui si è scatenato l'inferno, con le case che si piegano come ramoscelli e gli edifici storici che non reggono l'urto.
Il bilancio è drammatico e costringe il presidente del Consiglio, Mario Monti, a rientrare in anticipo dagli Stati Uniti. I morti sono sette, sei dei quali nel Ferrarese e uno in provincia di Bologna, una cinquantina i feriti lievi nel Modenese, tra cui un vigile del fuoco, e circa quattromila sfollati che dovranno trascorrere la prossima notte in albergo o nelle tendopoli allestite dalla Protezione civile, sotto un cielo livido di pioggia.
Quattro delle sette vittime sono operai, caduti sotto le macerie delle loro fabbriche, a Sant'Agostino e Bondeno, nel Ferrarese, mentre stavano per terminare il turno del sabato notte. Vite spezzate sotto le macerie di quelle fabbriche che sono l'anima e il cuore dell'economia emiliano-romagnola.
Come la Ceramica Sant'Agostino in cui hanno perso la vita Leonardo Ansaloni, 45 anni, e Nicola Cavicchi, di dieci anni più giovane. Vittima della sorte, quest'ultima: doveva andare al mare, ma poi le nuvole e la pioggia lo hanno convinto a sostituire un collega malato. E poi ancora Gerardo Cesaro, 57 anni, morto alla Tecopress di Dosso, frazione di Sant'Agostino, una fonderia che produce a ciclo continuo, e Tarik Nauch, operaio marocchino di 29 anni morto alla Ursa, azienda di polistirolo espanso a Bondeno, dove progettava di portare la moglie sposata da poco.
Le loro storie si intrecciano a quelle di due anziane della provincia di Ferrara: Nevina Balboni, 103 anni il prossimo giugno, morta nel suo casolare di campagna, tra San Carlo e Sant'Agostino, colpita alla testa dai calcinacci; e Anna Abeti, 86 anni, che si è sentita male dopo la forte scossa di terremoto della scorsa notte ed è deceduta dopo il ricovero all'ospedale a causa di un ictus. Ed è una donna, ma questa volta di appena 37 anni, la settima vittima: Gabi Ehsemann, questo il suo nome, si era trasferita in Italia a gennaio, per lavorare alla Carpigiani, storica azienda di macchine da gelato di Anzola dell'Emilia. Il suo cuore non ce l'ha fatta a sopportare la grande paura che il terremoto si è portato dietro come un'ombra.
Incalcolabili al momento i danni, per i quali domani il Consiglio dei Ministri dichiarerà lo stato di emergenza, mentre si susseguono le scosse dello sciame sismico. Nelle ultime 24 ore sono state avvertite oltre cento scosse, l'ultima alle 12:04 di oggi, di magnitudo 2.1.
Dopo il sisma della notte, la replica più forte è avvenuta alle 15.18 di ieri, con magnitudo 5.1, che ha provocato altri crolli. Delle oltre 100 repliche, sei sono state di magnitudo compresa tra 4 e 5; una trentina di magnitudo tra 3 e 4, le altre di magnitudo inferiore.
"L'Appennino sta premendo sulle Alpi" - L'allarme suona immediatamente. I pennini hanno appena iniziato a ballare sul rullo di carta cerata che gira a velocità appena percettibile. Nella sala sismica dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), a Roma, la scena si è ripetuta più di cento volte dall'una del mattino (primo tremore: 4,2 di magnitudo) alle cinque del pomeriggio, passando per la scossa più violenta, di magnitudo 5,9 delle 4:03, e per l'allarme rosso alle 15:18, magnitudo 5,1.
A ogni suono della sirena un sismologo analizza la forma dell'onda sismica, localizza l'epicentro, calcola la magnitudo, e un punto rosso si aggiunge sul maxischermo che mette insieme tutte le scosse di quest'ondata che non vuole saperne di scemare. Unendo gli epicentri dello sciame appare una striscia di 30 km che corre da est a ovest. Lì, nel sottosuolo, la placca adriatica si sta agitando. Spostandosi verso nord-est alla velocità di 4 millimetri all'anno, e sollevandosi nello sforzo di cavalcare la Pianura Padana, la faglia si è spaccata. Ora, come una molla, sta rilasciando l'energia compressa. Il tremore ieri notte è stato avvertito da Bolzano a Rieti e da Torino a Trieste. Perfino il rombo si è fatto udire in tutta la Pianura Padana.
"Non è finita qui. Ci vorrà tempo prima che le scosse di assestamento diminuiscano. Non escludiamo che si tocchino di nuovo magnitudo elevate" mette in guardia Warner Mazzocchi, uno dei sismologi dell'Ingv buttati giù dal letto ieri notte. A fine gennaio un altro sciame sismico aveva scosso Parma e Reggio, raggiungendo magnitudo 5,4.
"È evidente che in quell'area c'è un'attività parecchio vivace" conferma Stefano Gresta, che dell'Ingv è neopresidente. "Ma non è la prima volta che accade" aggiunge Concetta Nostro. "Nel 1570 si registrò un sisma di magnitudo 5,5 sempre vicino a Ferrara, mentre nel 1987 raggiungemmo magnitudo 5,4". E risalendo più indietro, nel 1117 tutto il Nord Italia fu squassato da un sisma monstre di 6,4 che fu avvertito fino in Svizzera. Eppure nelle mappe ufficiali del rischio la zona tra Ferrara, Modena, Rovigo e Mantova è classificata come "medio-bassa".
Sotto accusa oggi c'è quell'"Arco di Ferrara" colpevole già del terremoto disastroso del 1570. "La falda dell'Appennino avanza sotto alla Pianura Padana, comprimendosi e rialzandosi lungo un fronte che ha la forma di un arco e dove si concentra la pericolosità sismica" spiega Claudio Chiarabba, funzionario di sala sismica. "Quando si rompe una faglia - spiega il sismologo Luca Malagnini - gli epicentri delle scosse si distanziano di una decina di chilometri l'uno dall'altro. Ma stavolta le scosse coprono un fronte di oltre 30 chilometri. Segno che a rompersi è stata più di una faglia".
In tutti i casi (come forse anche per i 6,2 gradi raggiunti all'Aquila nel 2009), la colpevole è sempre lei: la placca adriatica che dall'Africa preme verso nord-est. Questo blocco di roccia rigido e frastagliato confina a ovest con l'Appennino e a nord con le Alpi di Veneto e Friuli. Nella sala sismica dell'Ingv, quasi tutti i punti rossi recenti sono concentrati lungo i suoi bordi. Ma se si allarga lo sguardo del maxischermo sulla Terra intera, un'altra zona molto calda compare in Giappone. "Sono ancora le scosse di assestamento di Fukushima" spiega Alessandro Amato dell'Ingv. "In casi di sismi così violenti, l'assestamento può durare anche anni". Ma gli esperti assicurano che non sarà il caso della Pianura Padana. (Articolo di Elena Dusi per Repubblica.it)
I geologi: "3 milioni di persone abitano in zone ad alto rischio sismico" - "Ben 3 milioni di persone abitano in zone ad alto rischio sismico, 21 milioni quelle che abitano in zone a rischio medio. Le zone ad elevato rischio sismico sono circa il 50% del territorio nazionale. I comuni potenzialmente interessati da un alto rischio sismico sono 725, quelli a rischio medio sono 2.344. Gli edifici che si trovano in zone a rischio sismico sono poco più di 6 milioni mentre le abitazioni sono più di 12 milioni. In Emilia Romagna la popolazione residente in aree potenzialmente a rischio sismico è di 1.308.443 abitanti". Questi sono dati del rapporto "Terra e Sviluppo" del Consiglio Nazionale dei Geologi (Cng) che sono stati diffusi ieri da Gian Vito Graziano, il presidente del Cng, intervenendo sul terremoto verificatosi in Emilia Romagna.
I geologi, nel rilevare che "in Italia i terremoti sono circa 2.000 l'anno", puntano l’accento su un aspetto fondamentale riguardante l'Italia: "il nostro è un Paese sismicamente vulnerabile, con edificati in larga parte ancora poco idonei a resistere bene ai terremoti e/o ubicati in zone geologicamente poco idonee. Il 60% degli 11,6 mln di edifici italiani a prevalente uso residenziale è stato realizzato prima del 1971 mentre l'introduzione della legge antisismica per le costruzioni in Italia è del 1974".
Le regioni a maggiore rischio sismico, rileva Graziano, "sono la Sicilia con 22.874 Kmq con 4.665.992 residenti in aree potenzialmente a rischio sismico, la Calabria con 15.081 Kmq e 2.009.330 residenti, la Toscana con 14.408 Kmq di aree a potenziale rischio sismico e 2.768.539 residenti e la Campania con 12.319 Kmq e 5.318.763 residenti in aree a potenziale rischio sismico".
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, Ansa, Lasiciliaweb.it, Repubblica.it]