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Troppa fiducia, storpia ...

Il presidente Napolitano avverte: "Troppi voti di fiducia non fanno bene al Parlamento". Quella di ieri è stata la 51ma

15 ottobre 2011

Il ricorso alla fiducia "non dovrebbe eccedere limiti oltre i quali si verificherebbe una inaccettabile compressione delle prerogative delle Camere". E' un passaggio della lettera di Giorgio Napolitano ai capigruppo di maggioranza inviata ieri dal Quirinale: Dopo la bocciatura da parte della Camera dell'articolo 1 del rendiconto generale dello Stato non vi era "un obbligo giuridico di dimissioni" per il governo, ma una verifica era "necessaria", afferma il Presidente della Repubblica. "Non ho ritenuto, confortato del resto dalla dottrina, espressasi anche nell'articolo del Presidente Onida, da me vivamente apprezzato, che vi fosse - scrive Napolitano - un obbligo giuridico di dimissioni a seguito della reiezione del rendiconto, ma che, anche in base ai precedenti verificatisi in casi analoghi di votazioni su provvedimenti di particolare rilievo nell'ambito della politica generale del governo, fosse necessaria una verifica parlamentare della persistenza del rapporto di fiducia, come lo stesso Presidente del Consiglio ha fatto: anche se senza far precedere tale decisione da un atto di dimissioni, come si è invece verificato in taluni dei richiamati precedenti".
"D'altra parte, come ho avuto modo di chiarire nella dichiarazione da me rilasciata la mattina di mercolediì scorso, preoccupante istituzionalmente - sottolinea Napolitano - è il contesto più generale in cui si è inserita la mancata approvazione dell'articolo 1 del rendiconto per 'l'innegabile manifestarsi negli ultimi tempi di acute tensioni in seno al governo e alla coalizione, con le conseguenti incertezze nell'adozione di decisioni dovute o annunciate'". "Ciò - prosegue il Capo dello Stato - non ha nulla a che vedere con una inammissibile contestazione dell'articolo 94 della Costituzione o dell'istituto del ricorso alla fiducia, che non dovrebbe comunque eccedere limiti oltre i quali si verificherebbe una inaccettabile compressione delle prerogative delle Camere". Quanto alle "modalità più corrette per superare l'inconveniente determinatosi e consentire un'attività certamente dovuta, convengo - sottolinea Napolitano - che non possono che essere le stesse per qualunque governo e consistere anche nella ripresentazione dello stesso testo, considerata la sua natura di atto ricognitivo e di legge formale di approvazione. Ma era opportuno che ciò avvenisse dopo il chiarimento politico e previa nuova verifica da parte dell'organo di controllo dei conti dello Stato, come poi è in effetti avvenuto. D'altra parte, proprio la natura di legge formale e quindi di atto di controllo del rendiconto, fortemente sottolineata sia dal Presidente del Consiglio sia e ancor più da esponenti della maggioranza nel corso della discussione di ieri sulle comunicazioni del governo, è alla base del valore politico che anche la dottrina richiamata -conclude il Capo dello Stato- riconosce al rifiuto di approvazione".

Poi nel merito della votazione di martedì il Quirinale riconosce la correttezza della presidenza della Camera. Quella legata alla bocciatura dell'articolo 1 del rendiconto alla Camera, in particolare la "interpretazione del significato sul piano procedurale di un voto contrario sull'articolo 1 del rendiconto e della portata della preclusione che ne deriva", è "materia che rientra pienamente nei poteri del presidente" della Camera, scrive Napolitano ai capigruppo di maggioranza Fabrizio Cicchitto, Marco Reguzzoni e Silvano Moffa che gli avevano sottoposto la questione. Il capo dello Stato premette che "non spetta al presidente della Repubblica pronunciarsi nel merito di atti che rientrano nell'autonomia funzionale e regolamentare delle Camere" e ricorda che Fini, nell'incontro di mercoledì scorso, "non ha mancato di illustrarmi tutti gli aspetti della complessa situazione politica determinatasi a seguito della ricordata votazione, comprese le posizioni dei gruppi di maggioranza". Napolitano, però, spiega che quella della "interpretazione" del voto "trattasi di materia che rientra pienamente nei poteri del presidente dell'Assemblea, la cui decisioni possono naturalmente incontrare, come hanno incontrato anche in passato recente, il dissenso dell'uno o dell'altro schieramento allorché vertano su materie complesse e certamente opinabili. Tale opinabilità del resto è confermata dalla decisione del governo di redigere il rendiconto sotto forma di articolo unico che rinvia alle risultanze contabili contenute in appositi allegati. Per quanto infine concerne la composizione della Giunta per il regolamento, il presiedente Fini ha risposto in aula alle contestazioni formulate, anche se resta vostro diritto considerare aperta la questione".

E' stata la fiducia numero 51 da inizio legislatura - La fiducia ottenuta ieri alla Camera con 316 voti favorevoli e 301 contrari (LEGGI), è la numero 51 per il governo Berlusconi dall'inizio della legislatura. In precedenza, il 14 settembre, l'esecutivo aveva ottenuto la fiducia alla Camera con 316 voti favorevoli e 302 contrari, dopo quella al Senato (165 sì e 141 no) sette giorni prima.
A fine luglio, l'esecutivo aveva ottenuto la fiducia con 160 sì e 139 no al Senato sul cosiddetto processo lungo. Sempre a luglio e sempre sulla manovra, il governo aveva chiesto e ottenuto la fiducia in entrambi i rami del Parlamento: il 14 a palazzo Madama con 161 sì e 135 no; il giorno dopo a Montecitorio con 316 sì e 284 no. Un bis anche sul decreto legge sviluppo; prima alla Camera il 21 giugno con 317 favorevoli e 293 contrari, poi il 7 luglio al Senato con 162 favorevoli e 134 contrari. L'esecutivo aveva chiesto ed ottenuto la fiducia alla Camera il 24 maggio scorso (313 favorevoli e 291 contrari) sul dl omnibus. Ancor prima, all'inizio di marzo, sempre a Montecitorio, il governo aveva ottenuto la fiducia sul decreto legislativo per il federalismo, con 314 voti favorevoli e 291 contrari. A febbraio di quest'anno, l'assemblea di Montecitorio, con 309 sì e 287 no, aveva votato la fiducia all'esecutivo sul dl milleproroghe. In precedenza, stesso voto al Senato, il 15 febbario, con 158 voti favorevoli e 136 contrari. Il 14 dicembre dello scorso anno il doppio passaggio sulla mozione di fiducia a palazzo Madama (162 sì e 135 no) e sulla mozione di sfiducia presentata alla Camera dalle opposizioni, respinta dall'assemblea di Montecitorio con 314 no e 311 sì. Il Berlusconi quater aveva ottenuto la fiducia, prevista dalla Costituzione dopo la sua formazione, il 14 maggio 2008 alla Camera (335 sì, 275 no, un astenuto), e il 15 maggio al Senato (173 voti a favore, 133 contrari, 2 astensioni).

[Informazione tratte da Adnkronos/Ign]

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15 ottobre 2011
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