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Tutti i progetti falliti per il dopo Sicilfiat

Il Lingotto si impossessa della Chrysler ma il futuro di Termini Imerese è un mistero

04 gennaio 2014

Dall'auto elettrica alla nuova cinecittà: tutti i progetti falliti per il dopo Sicilfiat
di Antonio Fraschilla (Repubblica/Palermo, 03 gennaio 2014)

In principio furono Simone Cimino e gli indiani della Reva con la loro super auto elettrica. Dopo venne Gian Mario Rossignolo con il suo mini-Suv, poi i cinesi della Chery e Massimo Di Risio della Dr Motors che dovevano realizzare invece i mega-Suv. Poi venne Corrado Ciccolella, il re dei fiori che in piena furia da green economy doveva mettere al posto delle linee di saldatura delle rose in serra. E ultimi ma non ultimi, i manager Radiomarelli, arrivati in Sicilia e subito scomparsi nel nulla: "Non ci hanno più dato alcuna risposta", ha detto Crocetta ai sindacati.

Le tutte blu di Termini Imerese negli ultimi cinque anni, da quando il Lingotto ha deciso di chiudere la fabbrica siciliana, ne hanno visti tanti di pataccari e imprenditori "arditi", finiti magari agli arresti ancor prima di lanciare le loro mirabolanti iniziative in terra d'Himera.
Ne hanno visti tanti di ministri dello Sviluppo economico, da Berlusconi a Passera, da Scajola a Zanonato, e di governatori, da Lombardo a Crocetta, tutti con la rassicurazione giusta: "La soluzione per il dopo Fiat è a portata di mano" hanno ripetuto puntuali, tra strette di mano con tanto di foto ricordo dopo "tavoli romani decisivi".

Gesti e parole volate al vento, con il risultato che il dopo Lingotto è costato già 60 milioni di euro per pagare la cassa integrazione in deroga agli operai diretti e dell'indotto (che scadrà adesso a giugno) e diverse centinaia di migliaia di euro dati a Invitalia che ha fatto da advisor per "attrarre" investitori a Termini. E adesso è arrivata anche una nuova beffa: proprio mentre Marchionne annuncia al mondo l'acquisto della Chrysler da parte della Fiat, circa 180 tute blu della Lear e della Clerpem, aziende dell'indotto, sono rimaste senza reddito.

"Le imprese, due multinazionali americane, inspiegabilmente non hanno voluto rinnovare gli ammortizzatori sociali - dice Roberto Mastrosimone della Fiom - sono queste tute blu le prime e pagare gli anni trascorsi tra le promesse vane di tutti i politici, i ministri e gli imprenditori chiamati a risolvere il dopo Fiat. Fumo, tanto fumo, e adesso rimane solo la cenere".
L'ultima trattativa, avviata direttamente dal governatore Crocetta con la Radiomarelli, è morta sul nascere: "Il presidente della Regione ci ha detto che i manager non si sono fatti più sentire", dice Mastrosimone. L'ennesimo fallimento di una lunga catena di annunci roboanti fatti da imprenditori pronti a mettere le mani sui 300 milioni messi a disposizione della Regione.

Il primo, all'indomani dell'annuncio di Marchionne di voler chiudere l'impianto siciliano, è stato Cimino, il finanziere lanciato in Sicilia da Cuffaro che nel febbraio 2010 presentava al Comune di Termini Imerese la panacea di tutti i mali: "Realizzeremo l'auto elettrica insieme agli indiani della Reva", diceva. Nemmeno il tempo di presentare una brochure del progetto, ed ecco che Cimino viene travolto da guai giudiziari per operazioni finanziare fatte in passato. Per "fortuna", già nell'aprile del stesso anno ai cancelli dello stabilimento di Termini si presentava Rossignolo, patron della De Tomaso. "Qui c'è gente che l'auto la sa fare - diceva il manager torinese - investiremo 300 milioni di euro". Ma preso forse da manie di grandezza, l'allora ministro Romani assicurava che a Termini Imerese sarebbero arrivati anche altri imprenditori: nella short list, "attentamente vagliata", da Invitalia comparivano società che realizzavano protesi, come la Lima Corporate, imprenditori cinematografici e televisivi, quelli della Medstudio, gli stessi della fiction "Agrodolce" e, ancora, Ciccolella, che voleva piantare fiori prima di finire agli arresti pure lui per una presunta truffa con fondi Ue. Venne firmato perfino una sorta di pre-contratto: "Un accordo storico", diceva il ministro Romani. Foto ricordo, articoli sui giornali e poi? Nulla. Alla chetichella tutti gli imprenditori hanno fatto un passo indietro e Rossignolo è finito agli arresti per presunta truffa ai danni dello Stato.

Nel 2012 bussava quindi a Termini un altro manager, Di Risio: "Entro l'anno nascerà il primo Suv siciliano, i componenti arriveranno dalle cinesi Chery e Geely", annunciavano dalla Dr Motors. Lombardo pensava anche a una partnership della Regione: "Ci stiamo lavorando", diceva Enzo Emanuele, presidente dell'Irfis. E poi? Silenzio. Di Risio non si è fatto più vivo, men che meno i cinesi. Nell'area dell'ex Fiat di Termini da quattro anni la sabbia sta prendendo il sopravvento in questo deserto industriale che nasce proprio mentre il Lingotto conquista l'America.

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04 gennaio 2014
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