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Tutto è ''Cosa loro''

La mafia dice: ''La mafia fa schifo''. Per ''inabissarsi'' ancora di più, Cosa nostra adesso fa l'antimafia

02 febbraio 2007

Così come nei giorni scorsi il procuratore nazionale Antimafia, Piero Grasso, ha parlato davanti la Commissione Parlamentare Antimafia (leggi), anche il prefetto di Palermo Giosuè Marino, parlando alla Commissione Affari Costituzionali, ha affrontato il tema della nuova strategia che Cosa nostra ha certamente abbracciato: la ''strategia dell'inabissamento''.
Dopo aver abbandonato lo stragismo degli anni '90, periodo nel quale il linguaggio di Cosa nostra aveva il tuono delle esplosioni e i messaggi mandati alle Istituzioni avevano il nome di ''tritolo'', sembra che la mafia sia ritornata alle origini: una presenza attiva ma dal basso profilo, capillare e rafforzata nelle radici locali, camuffata sempre più di ''normalità''.
Cosa nostra ha allacciato rapporti importanti e ha piazzato i suoi uomini all'interno della Società Civile. Alcuni uomini se li è comprati, altri li ha educati, altri ancora li ha pervertiti con le minacce o con la promessa di facile potere.
La mafia si è cambiata i vestiti, ha indossato raffinati completi, ha cominciato a parlare l'italiano e ad interessarsi sempre più da vicino di politica, economia, imprenditorialità. Gli uomini di Cosa nostra sono entrati dentro il ''Palazzo''. La politica della Sicilia è sempre più spesso ''Cosa loro''. 

Tutto abbastanza risaputo, ma c'è una novità, inquietante. La mafia oggi ha spinto il suo entourage persino a fare antimafia proprio per non dare nell'occhio e accreditarsi ancora di più nelle istituzioni.
''In Sicilia Cosa nostra è ancora forte e porta avanti i suoi obiettivi in modo defilato ed 'underground' - ha sottolineato Marino alla Prima commissione di Montecitorio - la mafia è tornata alle origini dopo la parentesi stragista dei corleonesi che avuto il suo apice negli anni novanta. Ma così come ieri, anche oggi il suo obiettivo è presidiare il territorio oltre che controllare i flussi di denaro, occupando centri di potere, pubblici e privati in maniera occulta''. Ma va oltre, arrivando a mettere in atto strategie comunicative tali da ''evitare di dare nell'occhio e accreditarsi nelle istituzioni e nell'opinione pubblica invitando a impegnarsi nell'antimafia''.
Il prefetto di Palermo ha ricordato che recentemente gli era stata offerta la presidenza di un osservatorio antimafia a Villabate, in provincia di Palermo, ''un Comune - ha spiegato Marino - che fu in seguito sciolto per infiltrazioni mafiose...''. Questa è Palermo e la sua provincia, ha concluso Marino, ''un territorio dove la presenza del controllo mafioso è ancora forte, un aspetto che non va sottovalutato né dalle istituzioni né dal resto della società civile''.

''La legge sullo scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso è uno strumento ancora necessario, importantissimo e di strettissima attualità'', ha sottolineato il Prefetto. Tracciando un bilancio dell'uso di questo istituto in Sicilia, e in particolare nella provincia di Palermo, Marino ha detto che ''in circa 13 anni su 37 verifiche sono stati sciolti 23 consigli comunali e che tutti i ricorsi amministrativi promossi contro gli scioglimenti sono stati bocciati''. Il numero limitato di scioglimenti ed una giurisprudenza favorevole, secondo Marino ''indicano una applicazione coerente con i principi sanciti dalla legge entro quei vincoli fissati dalla Corte costituzionale e dal Consiglio di Stato''. Questo vuol dire, secondo il Prefetto, ''che c'è stato un giusto bilanciamento tra le prerogative dell'autonomia degli enti locali, il rispetto della volontà democratica degli elettori, e la necessità di far fronte con strumenti straordinari a fenomeni straordinari come il controllo che tuttora Cosa nostra cerca di esercitare nelle amministrazioni''.
Per il Prefetto di Palermo si tratta, quindi, di uno strumento efficace e utile, ''e se qualche modifica alla legge, come è necessario, vorrà essere fatta, occorre tenere in considerazione che il libero esercizio delle prerogative democratiche degli elettori può essere garantito solo se le amministrazioni sono libere dal controllo mafioso''.

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02 febbraio 2007
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