Tutto il dolore di Beslan, città annientata dalla crudeltà dei terroristi e dalle bugie del governo russo
Ad un anno dalla tragedia della scuola di Beslan, dove morirono 187 piccoli angeli
Il primo settembre 2004, a Beslan città dell'Ossezia, vicino il confine con la Cecenia, un commando di terroristi legati alla guerriglia cecena sequestra 1128 persone, riunite per il primo giorno di scuola; chiede, per liberarle, il ritiro delle truppe russe dalla Cecenia, l'indipendenza della repubblica caucasica e il rilascio di alcuni arrestati. Il 3 settembre, dopo che l'istituto è stato minato, due esplosioni e l'irruzione delle teste di cuoio inviate da Mosca causano la carneficina più crudele della storia: muoiono 319 ostaggi di cui 187 bambini, 12 ''speznaz'', 32 terroristi. I feriti sono 425.
All'appello mancano ancora una cinquantina di persone: disperse, rapite, o sciolte dai lanciafiamme usati nell'assalto.
Di qui in poi la corsa a confondere, a nascondere, a proteggere, a censurare, a mettere le mani sugli aiuti, a minacciare chi può incastrare i responsabili dell'eccidio. Due commissioni politiche, un'inchiesta della procura generale, indagini parallele e contrapposte di servizi segreti e polizia, un processo-farsa all'unico terrorista arrestato mentre fuggiva dalla scuola in fiamme.
Mentre il governo sta facendo asfaltare i vialetti del cimitero, mentre vengono fatte lavare le tombe in marmo rosso, mentre si inaugurano due scuole da fantascienza e un gigantesco centro sportivo, alla vigilia della scopertura di un monumento bronzeo alto venti metri, la gente di Beslan si trova così a chiedere ancora solo un po' di verità.
Dell'eccidio di Beslan ancora nulla è chiaro, e la Russia e il Cremlino affondano nell'ennesimo oceano di bugie, nella disperata tutela delle autorità e nella meschina offesa della povera gente. La Russia e il Cremlino ritornano a comportarsi come un regime che occulta, e viene da pensare che tale orrendo uso deviante e deviato del potere non sia mai cambiato.
Chiaro come il sole, come il sole che l'anno scorso splendeva negli occhi dei bambini di Beslan, vestiti a festa per salutare gaiamente il nuovo anno scolastico, è il dramma rimasto vivo e visibile nella gente della piccola cittadina dell'Ossezia, chiaro e senza dubbio è rimasto il vuoto incolmabile lasciato dalle vittime innocenti uccise due volte, dai terroristi e dal potere.
Come racconta il giornalista Giampaolo Visetti in un articolo su la Repubblica, un anno dopo a Beslan ogni cosa è rimasta com'era, nessuno tornerà come prima. Gli abitanti di Beslan sono tutti ex persone. Ex padri, ex madri, ex bambini, ex vecchi. Ex individui di una società mutilata: tre generazioni cancellate in tre giorni.
I protagonisti dell'eccidio sono ormai i personaggi di un tragico teatro dell'assurdo, gli altri formano il pubblico inorridito che comprende solo di essere parte essenziale del dramma.
Alla gente di Beslan bugie, calmanti, vacanze, psicologi, rabbia, tonnellate di rubli, non restituiranno una briciola del tutto che le è stato tolto.
Le storie di Beslan stringono il cuore in morsa insopportabile...
Come quella della piccola Dana che aspetta il ritorno della madre. La sua bara è scivolata via in aprile, mentre la bambina tentava di riacquistare la parola in un centro psicologico.
Come quella di Sarmat, 7 anni, che dal 3 settembre di un anno fa non esce di casa, e che passa tutto il suo tempo a giocare con i ritratti dei parenti. Nella palestra ha perso il papà e due fratelli. Mescola le foto e parla loro, imitando le voci di chi non c'è più.
C'è anche la storia di Vova Tumayev, ex idraulico di 44 anni. La moglie Zinaida e la figlia Madina, 10 anni, sono scomparse tra le fiamme che hanno arso la scuola. Ogni mattina apparecchia la colazione per tre. Nessuno mangia. Siede per un po', quindi si alza e sparecchia. Lo stesso rito da un anno. La notte, dorme nel letto della figlia.
C'è la storia di Zalina, 12 anni, che per tre volte si è gettata nel pozzo dell'acqua. Pochi giorni fa l'ultimo tentativo di suicidio, nel cortile di casa. Non vuole più vivere e non avverte il dolore fisico. Quando la zia la perde di vista, accende il ferro da stiro e si ustiona le mani, il viso, le gambe. Era andata a scuola con i genitori e due sorelle. Dopo la prima esplosione ha udito le loro voci chiamare da lontano. Privata di un piede, non è riuscita a raggiungerle. Ora è annullata dai sensi di colpa: colpevole di non aver salvato la sua famiglia, di essere viva.
C'è la storia di Ira, 7 anni, che si è svegliata quando il fratello e la sorella erano già stati sepolti. Aveva la testa perforata, fino a gennaio non ha più parlato. Restava ore con un pennello in mano, sospeso sopra le tempere. Immobile e seria. Aiutata da una psicologa dell'Accademia di Mosca, in marzo è riuscita a sorridere. Ha dipinto oltre cento tele, riunite in una mostra allestita anche in Olanda e Stati Uniti. Le notti buie, i temporali, i volti mostruosi dei rapitori, hanno ceduto al sole, ai paesaggi, ai ritratti degli altri bambini salvati. Non accetta di tornare in una scuola, ma aiuta a riordinare le stanze dove chi non è morto cerca di tornare un essere umano.
E c'è pure la storia di Lidia Tsalieva, 71 anni, ex direttrice della scuola sequestrata. Nei giorni della tragedia non ha avuto il coraggio di essere un eroe. Ha cercato di assecondare i guerriglieri, di non irritarli. Sgridava gli ostaggi che si lamentavano, ha ubbidito agli ordini del commando. Il suo peccato è essersi salvata. È stata eletta a primo capro espiatorio, accusata di complicità.
Beslan la odia. Dimessa dall'ospedale in aprile, vegeta isolata in due stanze. La città, dopo le minacce di morte, la ignora. Non la servono al mercato, non la raccolgono sulla corriera, non le rispondono, non le consentono l'accesso al cimitero. Come se anche lei fosse tra i defunti. ''Sono condannata - dice al telefono - questione di tempo. Spero solo di morire presto''.
Beslan è diventato un tragico monumento che rappresenta il dolore dell'innocenza.
Senza verità, chi è rimasto vivo e chi è scomparso un anno fa verrà ucciso e nuovamente ucciso, più e più volte. Per Beslan rimanere senza verità è peggio che essere stata rasa al suolo completamente.
- I preparativi dei terrosti per l'attacco alla scuola di Beslan (Corriere.it)
- La tragedia di Beslan (Speciale Ansa 2004)