Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

Un'altra ''vittima'' dei pizzini di Bernardo Provenzano. Arrestato il figlio del boss di San Giuseppe Jato

02 aprile 2007

I ''pizzini'' scritti dall'ex capo dei capi di Cosa nostra Bernardo Provenzano, ritrovati nel suo ultimo covo, un casolare nelle campagne di Corleone (PA), hanno fatto un'altra ''vittima''. A cadere nella rete della Giustizia sta volta è stato Giovanni Genovese, 37 anni, figlio del boss Salvatore, ritenuto uno dei capimandamento del territorio di San Giuseppe Jato (PA), e da anni detenuto all'ergastolo sotto regime di 41 bis, perché condannato per associazione mafiosa e omicidi.
I carabinieri di Monreale lo hanno arrestato stamane con l'accusa di aver favorito la latitanza di Provenzano. Il suo nome era criptato in uno dei tanti pizzini che Provenzano utilizzava per 'colloquiare' con i mafiosi di tutta la Sicilia

Dall'inchiesta coordinata dai pm Roberta Buzzolani, Maurizio De Lucia e Francesco Del Bene, emerge che Giovanni Genovese era in contatto con Provenzano ma anche con altri due latitanti: Salvatore Lo Piccolo, che adesso sarebbe al vertice di Cosa nostra a Palermo, e Giovanni Raccuglia.
Giovanni Genovese era già stato arrestato perché accusato di estorsione. L'uomo era però tornato in libertà dopo poco tempo ed era attualmente sorvegliato speciale. Adesso è finito in carcere con l'accusa di associazione mafiosa.
Nei pizzini che il boss latitante Salvatore Lo Piccolo inviava a Bernardo Provenzano, si faceva riferimento a Genovese come il referente di Cosa nostra nella zona di San Giuseppe Jato. Analizzando i bigliettini trovati nel covo di Provenzano il giorno del suo arresto, emerge la figura di Genovese il quale, nonostante fosse sottoposto a sorveglianza speciale, continuava a gestire la cosca mafiosa, imponendo il pagamento del pizzo e inviando parte delle somme ricavate a Provenzano.

I pm della Direzione distrettuale antimafia, coordinati dal procuratore aggiunto, Giuseppe Pignatone, sostengono che Genovese è ''un indiscusso punto di riferimento per cosa nostra nel territorio jatino, tanto da curarne gli interessi e interloquire con latitanti del calibro di Lo Piccolo e Raccuglia''. Emerge, inoltre, che Genovese era in contatto con Provenzano tramite Giuseppe Salvatore Lo Bue, arrestato subito dopo la cattura del boss latitante perché accusato di aver curato la latitanza del capo di Cosa nostra. Tutti gli elementi d'accusa raccolti dai carabinieri sono serviti ai pm per chiedere e ottenere l'arresto di Genovese.

Condividi, commenta, parla ai tuoi amici.

02 aprile 2007
Caricamento commenti in corso...

Ti potrebbero interessare anche

Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia